Giuseppe Solfrizzi di Le Levain aveva già una lunga esperienza alle spalle nel settore dell'ospitalità quando ha deciso di frequentare il corso Professione Cuoco del Gambero Rosso. Era il 2008 e ancora non sapeva che il suo futuro sarebbe stato in pasticceria. Invece si appassiona alla panificazione e stando in mezzo ai lieviti e alle farine comincia anche a frequentare la pasticceria. Da quel corso sono passato 11 anni. Oggi Solfrizzi ha una sua attività che nell'insegna dichiara la sua passione per la lievitazione: si intitola Le Levain, ovvero lievito madre. Quello che impiega nei suoi croissant fragranti e profumati di burro. Eredità del suo percorso formativo e professionale che dopo il Gambero Rosso è continuato dai grandi maestri pasticceri d'oltralpe. Noi del Gambero lo abbiamo seguito, facendoci raccontare alcuni classici della pasticceria francese.
Giuseppe Solfrizzi di Le Levain: la storia dell'ex allievo Gambero Rosso
Quale corso hai frequentato?
Professione cuoco nel 2008
Quale era il tuo percorso professionale?
Ero già nel mondo dell'ospitalità: ristorazione, bar, alberghi 5 stelle, anche navi da crociera. Sono stato 16 anni, tra sala, vendita e servizio.
Come sei arrivato dalla cucina alla pasticceria?
Avevo tra i docenti Massimo Spigaroli, dell'Antica Corte Pallavicina. Dopo il corso andai da lui e ci rimasi per un paio di anni durante i quali mi appassionai di lievitazione: farine, lievito madre e tutto il resto. Poi un mio collega è andato all'Andana, a Castiglion della Pescaia in Toscana, da Ducasse. L'ho tampinato fino a che non sono riuscito ad andarci anche io. Ero lì per il pane, ma il pane si faceva in pasticceria...
Così è nata la passione per la pasticceria. Ma poi hai continuato la formazione?
Sì, sono andato all’Ecole Nationale Superiéure de Pâtisserie di Lione. Poi ho continuato: decine e decine di corsi con tutti i grandi maestri francesi, e ancora continuo. L'ultimo l'ho fatto 4 mesi fa con Stéphane Leroux.
Hai seguito tanti corsi, ma chi è il tuo maestro?
Ducasse, o meglio la scuola Ducasse
Dopo due anni da Ducasse però sei andato via, da pastry chef. Cosa hai fatto dopo?
Sono stato un anno all'Albereta come capo pasticcere e poi ho aperto la mia attività, a dicembre 2014: Le Levain, sei-sette ani dopo aver frequentato il corso del Gambero Rosso.
Quale è stato l'insegnamento più importante in quel corso?
È stato un trampolino fondamentale che mi ha messo in contatto con un certo mondo, mi ha permesso di conoscere la realtà professionale e poi di essere preso come stagista. In fondo credo che il ruolo delle scuole sia proprio quello di essere un tramite tra chi vuole fare questo mestiere e il mondo del lavoro, che altrimenti non si avrebbe l'opportunità di incontrare senza una base. Il corso dà un'impronta, poi sta a ognuno fare la sua parte.
Le Levain è una boulangerie di tipo francese. Perché questa scelta?
Credo che la pasticceria francese ormai sia un patrimonio dell'umanità. Così l'idea di base della boulangerie è un concetto universale che ha i natali francesi, un po' come la pizza che ormai è un bene di tutti. Ho abbracciato questa tipo di attività per questo, per esprimere un concetto universale.
Quanto conta andare all'estero?
Da zero a cento, cento.
Chi è, oggi, il tuo punto di riferimento e perché?
Pierre Hermé. Perché non scende a compromessi. La sua pasticceria ha classe assoluta, qualità totale, eleganza, stile pulito e riconoscibile. Ha una forte identità e riesce a ripetere la qualità assoluta in ogni posto che apre.
Non pensi mai a seguire la strada di Hermé e replicare da qualche altra parte?
Mi piacerebbe, certo, ma in Italia è difficile, magari a Milano, ma non di più.
Ti sei confrontato molto con l'estero, soprattutto la Francia, ma quale è secondo te la situazione in Italia?
Non semplice, sia da un punto di vista di pressione fiscale, che è fortissima e non consente di lavorare bene e dare la giusta dignità al lavoro, sia per una questione di mentalità. Per quel che posso vedere io c'è un po' la tendenza a fare le cose tanto per fare, a tirar via senza puntare al massimo della qualità, in ogni ambito. Sembra che si voglia solo portare a casa il risultato, in un modo o nell'altro, invece che cercare un valore. Invece credo che le cose fatte bene funzionano e se fai qualcosa di bello le persone rispondono.
La cena o il pranzo che ti ha colpito di più e perché?
A Montecarlo, da Ducasse, al Luigi XV. Il motivo è da cercare in un insieme di cose. Location fantastica, piatti che sono rimasti impressi nella memoria – ed è una cosa che non mi capita spesso – e poi il servizio incredibile: una danza, elegante, piena di freschezza, dedicata a mettere a proprio agio i clienti. Un'esperienza inavvicinabile.
Quale è, secondo te, la pasticceria del futuro?
Spero che si vada verso una maggiore naturalità, in ogni aspetto: forme manuali piuttosto che realizzate con stampi, meno glasse a specchio con coloranti e gelatine, che sono stancanti. Spero in una pasticceria destrutturata e dezuccherata, come fosse un proseguo dei piatti salati nel pasto.
Questo per i dolci da ristorante, ma quelli da pasticceria?
Penso che le boutique dovranno seguire la linea ristorante.
Qual è dolce di cui sei più orgoglioso?
Il prossimo, una volta creato il dolce è un risultato raggiunto.
Le Levain – Roma -via Luigi Santini, 22-23 - 0664562880 - http://www.lelevainroma.it/