Quale è il confine tra diritto di cronaca e bullismo? Dove finisce il momento in cui legittimamente si cerca di fare chiarezza su un episodio che pare poco chiaro e dove, invece, si dà qualcuno in pasto al popolo di Facebook? «Se si dovesse temere sempre questo epilogo a questo punto dovremmo chiudere tutto, giornali e social» commenta Selvaggia Lucarelli alle reazioni suscitate dalla morte, presumibilmente un suicidio, di Giovanna Pedretti, la ristoratrice lodigiana che aveva diffuso sui social la sua replica a una recensione con contenuti omofobi, poi entrata nel mirino delle “indagini” di Lorenzo Biagiarelli che ne metteva in discussione l'autenticità analizzando font e stile dei testi. Una vicenda dall'epilogo tragico cui Lucarelli puntualizza, perentoria: «non si deve dare la responsabilità a chi ristabilisce la verità».
Ne parliamo con Lele Usai, chef del Tino e di Quarantunododici di Fiumicino che, involontariamente, lo scorso anno si è reso protagonista di un episodio che ha suscitato molto scalpore, quando rispondeva pubblicamente a una blogger che chiedeva un invito in cambio di post e visibilità. Un episodio che ha suscitato molte repliche, commenti e critiche, che hanno superato per intensità e virulenza l'intenzione dello stesso Usai.
Lele Usai, che idea si è fatto di questa vicenda?
L'ho seguita in maniera marginale, rientro da un periodo di ferie quindi non sono stato troppo sui social in questi giorni. Certo sono molto triste, credo proprio si sia superato il limite. Mettici poi che lo shitstorming è un fenomeno molto diffuso: ci sono tante persone che non hanno nulla da fare e come spesso succede si bullizza una parte debole. Che dire, la mia posizione è di estremo dispiacere per questa storia.
Anche lei spesso si è esposto sui social con post che poi hanno scatenato polemiche...
I social spesso li uso per denunciare delle situazioni che non mi stanno bene, quando capita sono disposto tranquillamente a prendere sia le critiche positive che quelle negative. Non lo faccio per avere visibilità o like, mi preme di più scardinare un problema che non mi piace o non mi sta bene. Ma oggi purtroppo mi sento di dire che bisogna stare attenti perché è una lama a doppio taglio, è pieno di gente che di mestiere fa scatenare le polemiche che poi viene seguita a ruota da tanti che si accaniscono.
Nel caso della blogger dello scorso anno come è andata?
Non ti nego che quando è successa quella questione con la blogger, che tra l'altro neanche conoscevo, non era mia intenzione crearle un danno, mi interessava mettere a nudo un tema che riguarda molti colleghi, l'intenzione era fare passare il messaggio di centro, non certo ricevere parole positive.
Lei però è stato anche criticato.
Parecchi si sono accaniti contro di lei e altri contro di me. È inevitabile: nel momento in cui si alza una questione è automatico che c'è una parte che ti dà contro; io per carattere e stabilità ho ammortizzate le critiche negative, ma se chi pubblica non ha una sua stabilità è un problema.
Ma una polemica del genere può mettere in difficoltà un ristorante?
Secondo me un ristorante di sostanza, e che fa qualità, lavora sul cliente che sta seduto al tavolo, non certo su chi ti legge sui social o su Tripadvisor né su altri siti di recensioni.
Le recensioni online hanno ancora lo stesso peso di un tempo?
Da quel che ho visto io nel corso degli ultimi anni, no: il fenomeno di Trip e dei social secondo me ha perso molto potere, ho molti clienti e vedo che fanno una recensione al mese, e non ti nego che da una parte mi fa piacere: significa che le persone hanno ripreso a godersi la tavola, consigliarsi i posti con il passaparola. Poi oggi sono tanti i portali su cui scrivere, quindi le recensioni sono più marginali.
Questi canali hanno comunque una loro importanza nella comunicazione dei ristoranti.
Quel che racconti sui social, sulla tua filosofia di cucina può incuriosire, ma poi la partita si gioca a tavola.
C'è qualcosa che la stampa o il settore si può fare per arginare situazioni del genere?
Non so come noi o voi potremmo arginare un problema di cyberbullismo, fino a che ci sono i social e le persone li frequentano temo sarà difficile. Lo vedi anche solo andando in macchina, ti rendi conto di quante prepotenze inaudite si fanno in mezzo al traffico che non si farebbero mai al supermercato, dove uno ci mette la faccia, e questo solo perché si è dentro a una macchina; figurati dietro a un computer dove sei completamente schermato. Così come è utopico pensare che il sistema possa controllare una cosa del genere.
I ristoratori sono una categoria che vive sotto pressione più di altre?
In generale è un settore difficile, sei distrutto dalle tasse, sei distrutto dalla fatica, hai il problema del personale, il problema dell'esposizione mediatica, i prezzi che aumentano ma se aumenti in proporzione sei un ladro quindi e dunque fai fatica ad adeguare costi e prezzi. Mi metto anche nei panni di questa donna che magari era sotto stress, le è capitata questa cosa, si è trovata in mezzo a una particolare situazione emotiva che non ha saputo gestire.
Come gestire i social allora?
È un argomento spinoso, onestamente sono un po' destabilizzato dalla situazione e non so noi che cosa potremmo fare per arginare una cosa del genere. Oggi sicuramente quando si scrive sui social bisogna pensare bene e avere cognizione di causa, non è più come 10 anni fa quando usavi queste piattaforme per ritrovare i tuoi compagni di scuola, e questo non riguarda solo noi ristoratori, ma ancora di più chi va a fare i commenti o quelli che mettono in dubbio. Una cosa è certa: questa tragedia crea uno storico importante, si spera che la gente prenda atto che quando metti in piazza un pensiero, un malessere, un prodotto lo fai su uno strumento molto potente che va usato in maniera accurata.