Giorni di Marmellata. Un progetto di quartiere a San Salvario
La racconta come un’idea semplice, Michele Caggia. E questo si direbbe di un progetto nato tra le strade (letteralmente) di un quartiere come San Salvario - cuore multietnico di Torino – per produrre marmellate, e raccogliere così proventi preziosi per garantire un pasto a chi ne ha bisogno. Ma è proprio la genuinità dell’idea la chiave di volta di un percorso iniziato quasi per caso, da un giorno all’altro durante le settimane di quarantena, che ha potuto contare sulla collaborazione di un quartiere intero, dove la vita di comunità è ancora molto sentita. Tanto da spingersi oltre divergenze culturali e religiose fondate sul preconcetto, costruite su proiezioni mentali che la realtà di tutti i giorni finisce per smentire in un battito di ciglia. Non per questo la rete di solidarietà messa in piedi da Michele può darsi per scontata. Ci vogliono impegno, buone idee e un po’ di sano entusiasmo per le piccole cose. Come scoprire che una marmellata di banane può provocare più dipendenza di una crema di nocciole; o che la buccia dell’anguria può trasformarsi in una confettura dalla consistenza inconsueta e buonissima.
Gli attori di una storia multiculturale
Fortunatamente la sceneggiatura può avvalersi di tanti validi attori: oltre a Michele, da sempre impegnato come volontario presso la Casa di Quartiere di via Morgari, che è ideatore e coordinatore del progetto, giocano in prima linea Suor Alba, Suor Annarita, Suor Ida e Suor Alfreda, nel ruolo delle “instancabili cuoche”; ma un contributo gastronomico essenziale è fornito anche dagli imam (e rispettive consorti) delle moschee di via Baretti e Corso Regina, che hanno aperto la cucina di casa e messo a disposizione un ricettario inedito di confetture legate alla cultura del Maghreb. Poi ci sono grafici, artisti, designer che in amicizia hanno risposto alla chiamata di Michele. E il centro di vendita all’ingrosso di frutta di Battaglio, che è anche uno dei più forniti distributori di frutta esotica in Italia.
Giorni di Marmellata. La frutta invenduta diventa risorsa
Dalla frutta che quotidianamente resta invenduta, ancora commestibile ma non più adatta a essere messa in commercio, ha origine tutto. Grazie ai volontari dalla Carovana Salvacibo di Eco dalle Città la frutta in questione raggiunge centri di raccolta e mense che si preoccupano di sfamare chi ha bisogno: “Durante il lockdown la nostra Casa di Quartiere è diventata centro di ritiro diretto di cibo, abbiamo 140 famiglie che fanno affidamento su di noi, di solito la consegna avviene anche a domicilio. Noi, la Caritas, il Banco Alimentare, le parrocchie non abbiamo mai smesso di farlo, e ci siamo trovati a far fronte a un numero crescente di persone che hanno bisogno di supporto… Tanti hanno perso il lavoro, neppure sono abituati a chiedere aiuto”. Ciononostante, parte della frutta arrivata, spesso andava sprecata: “Certi giorni ci ritroviamo con decine di cassette in condizioni davvero estreme, da consumare immediatamente. E allora l’idea: perché non farne marmellate?”. Nasce così Giorni di Marmellata. È a questo punto che arrivano in soccorso le suore Rosminiane di San Salvario: l’asilo di cui solitamente si occupano è chiuso, il tempo non manca, e neppure la buona volontà: “Suor Alba è la più giovane del gruppo, la più tecnologica. E coordina le altre sorelle, che sono in molto in gamba, nonostante l’età avanzata, tra i 70 e i 90 anni”.
Una squadra al lavoro per produrre marmellate
Nella cucina del convento trasformano la frutta che arriva senza troppo preavviso, quel che c’è: fragole, pere, ananas, melone. Ma anche banane, che insospettabilmente si rivelano perfette per realizzare una golosa marmellata sui generis. E frutti più esotici o inconsueti, dall’ananas al mango, passando per il cedro e l’anguria: “Quando la produzione ha iniziato a crescere, ho trovato l’appoggio degli imam delle moschee di via Baretti e Corso Regina; con loro abbiamo esplorato gusti nuovi e più speziati, l’ananas con lo zenzero, la parte verde dell’anguria che raggiunge una consistenza simile al cocco. Anche la possibilità di mettere insieme culture diverse incarna bene lo spirito del progetto: tutti aiutano come possono. Un ragazzo del quartiere, originario di Capoverde ci ha spiegato come utilizzare al meglio il mango, ora produciamo anche chutney con cipolla, aglio, zenzero e peperoncino. Poi c’è la confettura di cedro e cannella mutuata da una ricetta ebraica. E abbiamo iniziato a considerare anche di ridurre la quantità di zucchero, per confezionare prodotti che tutti possono mangiare”.
Il futuro di Giorni di Marmellata
Insomma, la rete è cresciuta spontaneamente, tanto da ipotizzare un futuro più strutturato, “con un centro di produzione più razionale, la certificazioni necessarie per articolare la vendita, collaborazioni sul territorio con fornitori che possano garantirci l’apporto costante di frutta da trasformare. C’è margine per costituire un’associazione e rendere la gestione di tutto il processo più attenta, eventualmente pensando di assumere qualcuno, sempre con l’idea di destinare la gran parte dei ricavi all’acquisto di cibo di solidarietà”. Al momento, i barattoli sono disponibili su offerta volontaria, distribuiti solo a Torino.
E con i vasetti, riconoscibili dal logo che ricorda il copricapo delle suore Vincenziane, arrivano a casa anche le cartoline illustrate realizzate da quattro artisti torinesi per raccontare il progetto. I proventi raccolti finora hanno permesso di acquistare 600 chili di pasta, 200 chili di riso, 400 litri di latte, e poi zucchero, farina, biscotti, miele, legumi in scatola. Tutti prontamente distribuiti alle famiglie in difficoltà.
La pagina Fb di Giorni di Marmellata
a cura di Livia Montagnoli