Un lungo tavolo, un panforte ben incartato, una buona mira e la giusta dose di forza sono gli strumenti di un gioco tipico delle serate di festa praticato nelle case della provincia senese. In quest’angolo di Toscana ricompreso tra la Val d’Orcia e le pendici del Monte Amiata, oggi come diversi secoli fa, terminate le sontuose cene del periodo natalizio, le tavole di vengono sgombrate per far posto a lunghe sessioni di “gioco del Panforte”, un’antica competizione dall’origine contadina che vede il disco a base di mandorle, scorze di agrumi, miele e spezie diventare oggetto di un’accesa contesa. «Per i contadini, soprattutto per i mezzadri delle creste senesi che abitavano in quelle lande isolate, quasi desertiche, il gioco del panforte non era solamente un rito dalla valenza sociale, ma anche una competizione che metteva in palio la preziosa e buonissima “rota”, così chiamata per la forma tondeggiante», spiega Elisa Piovani, pasticcera di Opera Waiting, una realtà radicata nel territorio di Poggibonsi (Si).
Obbiettivo fare capanna
Le regole del gioco del Panforte sono semplici e sempre le stesse: i giocatori, divisi in due squadre, lanciano a turno un panforte voluminosamente incartato (avvolto nella carta gialla o in carta di giornale per proteggerlo, renderlo scivoloso e pesante) lungo un tavolo delle dimensioni possibilmente superiori ai due metri. Il tiratore che riesce a lanciare il panforte più vicino al bordo opposto del tavolo o addirittura a fare “capanna”, ovvero a piazzare il panforte al di là del bordo facendolo rimanere in equilibrio, si aggiudica il punto che viene assegnato dall’arbitro dopo aver misurato la sporgenza del tiro utilizzando uno strumento di estrema precisione: il manico di un mestolo di legno. La squadra che per prima totalizza 6 punti, vince la partita, e l’annessa ruota di panforte, a patto però di pagare da bere agli avversari sconfitti. Nell'epoca del boom economico questo gioco fu messo da parte per venir riscoperto qualche decennio fa e diventare oggetto di agguerriti tornei (come avviene a Torrita di Siena, a Pienza o a Santa Fiora) che hanno riacceso i riflettori su un’usanza per la quale l’Associazione giochi antichi (Aga) ha intrapreso il percorso per l’ottenimento del sigillo Unesco.
Origini e ascesa del panforte
Al centro dei giochi sociali del periodo natalizio c’è dunque il panforte: uno dei dolci toscani più conosciuti e apprezzati, per il suo sapore deciso e la consistenza compatta, ma anche un’IGP tutelata da un apposito comitato promotore che insieme a quella dei Ricciarelli di Siena muove un giro d’affari di oltre 4 milioni. Antichissime le origini di questo dolce che risalirebbero addirittura all’anno mille, quando, con il nome di Panpepato, veniva portato in offerta alle monache del Convento di Montecelso da servi e coloni. Ma anche una creazione ammantata da leggende come quella che narra che, nel 1260, i senesi sconfissero i fiorentini nella battaglia di Montaperti proprio grazie a questo dolce rivisitato da una monaca – suora Berta – che lo rese ancor più corroborante. Sostituita la copertura di pepe con una spolverata di zucchero a velo e tolto il cacao dall’impasto, il panpepato diventa panforte e inizia la sua ascesa alla fine dell’800, quando la regina Margherita, recatasi in visita a Siena, fu omaggiata con una versione “bianca” del Panpepato, da allora chiamato Margherita e diventato un dono da offrire nelle occasioni più importanti, come testimonia anche Ugo Foscolo che in una sua lettera scrisse di aver ricevuto in omaggio “panforti e parecchi fiaschetti di Montalcino” dalla “Donna gentile Quirina Magiotti Mocenni”.
Una miscela di zucchero e spezie in continuo divenire
Dall’inizio del Novecento in poi si sono iniziate a diffondere delle apprezzate varianti del tradizionale panforte di Siena come la versione al cioccolato, i panforti fioriti, quelli alle noci e fichi e perfino il ben poco senese panforte alle castagne o ai datteri. Inoltre, questo disco speziato è diventato un ingrediente usato per mettere a punto inediti piatti, come la terrina di fegatini e panforte con gelatina di Recioto di Soave. «Basta spostarsi di poco, cambiare comune perché cambi la composizione e la miscela delle spezie che caratterizzano il panforte. Per esempio quello tipico delle Crete Senesi è un prodotto molto duro, mentre la versione di Siena prevede un abbondante dose di pepe – racconta la pasticcera di Opera Waiting – Noi mettiamo a punto quello che in provincia chiamiamo Panforte Margerita all’arancio che, nel nostro caso, prevede l’uso esclusivo di ingredienti biologici e locali come il miele bio prodotto in un mieleto di San Gimignano dal quale ci riforniamo».