“Artigianale”, nel mondo del gelato (ma non solo), è parola inflazionata, abusata, svuotata. Un aggettivo che ha finito per caratterizzare realtà più disparate, grandi e piccole, senza però riuscire a orientare seriamente il consumatore. Come potrebbe riconquistare il giusto valore? Lo abbiamo chiesto a Gianfrancesco Cutelli, gelatiere di De’ Coltelli a Pisa (Tre Coni nella guida Gelaterie d'Italia 2024), professionista alla continua ricerca di ingredienti nuovi e di tecniche innovative.
Attenzione allo storytelling
Ha fatto molto discutere la provocazione di Peppe Flamingo - "Il gelato dell'artigiano è solo un mito" – scatenando critiche da parte di artigiani risentiti. Eppure, andando oltre la provocazione, le parole dell'imprenditore siciliano, patron di Don Peppinu, gettano le basi per una riflessione che vada oltre il tifo calcistico per ragionare sul futuro della professione del gelatiere: se la grandezza del locale, il numero dei punti vendita, la quantità di gusti proposti non sono parametri per definire un artigiano, come si distingue il vero artigiano da uno “auto dichiaratosi” tale? «Non è facile», esordisce Gianfrancesco Cutelli.
«Non è detto che se fai tutto da solo fai un gran prodotto, così come non è detto che se hai una grande tecnologia e spazi ampi a disposizione necessariamente fai un buon prodotto. Effettivamente non c'è qualcosa che aiuta in questo tipo di valutazione, mi rendo conto che per uno che non è del settore non sia facile barcamenarsi in questo ginepraio. Io mi faccio guidare dal gusto, ai lettori consiglierei di fare anche una chiacchierata con chi sta al banco per capire come si lavora in quella gelateria, senza lasciarsi sedurre troppo dallo storytelling», consiglia Cutelli.
La fila di clienti non è sempre indice di qualità
Il gelatiere toscano affronta poi la questione della sostenibilità economica, spinta allo stremo. «Non sono assolutamente d'accordo sul pensiero diffuso che “comandi il cassetto”, ovvero che se uno ha un grosso fatturato necessariamente fa un buon gelato. Non è vero, è solo un indizio del suo essere un bravo imprenditore». Al di là della capacità di realizzare un buon prodotto e di essere un buon imprenditore, c'è da tenere in considerazione che ognuno è libero di avere la propria idea di lavoro.
«C'è chi vuol fare impresa e chi semplicemente vuole realizzare un prodotto che gli piace, vivendo bene, senza sacrificare troppo la propria vita. Se devo dirla tutta credo che uno dei limiti della mia generazione sia “vantarsi” del numero di ore spaventoso lavorate in stagione, senza comprendere che questo non è né un fattore positivo né indice di una qualsivoglia capacità. Ad ogni modo ognuno è libero di essere l'artigiano che più gli si confà».
Il gelato tracciato in blockchain
Ritornando alla domanda iniziale: come si stabilisce quando una gelateria è artigianale o meno? «Ci sono delle idee contrapposte in merito, credo che oggi l'unica cosa sensata da fare per dimostrare di essere un vero artigiano sia spiegare come viene fatto il proprio gelato». Magari partendo dall'esporre il libro degli ingredienti utilizzati, obbligo di legge spesso non attuato.
Cutelli è andato addirittura oltre affidandosi alla tecnologia blockchain per un gelato fatto con la massa di cacao della Costa d'Avorio tracciato dalla piantagione fino alla vendita: «Sulla targhetta del gelato c'è un QR code, scansionabile tramite smartphone, grazie al quale il cliente può ripercorrere a ritroso la storia del prodotto, fino a risalire alla pianta e al contadino che ha coltivato quella pianta. Non solo, la startup che sta seguendo il progetto (la marchigiana Trusty) ha implementato le informazioni disponibili per il cliente grazie alla geolocalizzazione delle singole parcelle agricole e certificando quelle imprese “deforestation free”, pure in vista delle nuove normative europee sulla sostenibilità: dal prossimo giugno entreranno in vigore le normative europee “Deforestation Free” e “Due Diligence” che prevedono che tutte le materie prime extra-UE importate in Europa siano tracciabili e provengano da aree libere da deforestazione e che siano coltivate nel rispetto delle leggi sul lavoro. Tutte le aziende che esportano cacao dovranno avere un sistema di tracciabilità», spiega Cutelli.
Ci vorrebbe un albo dei gelatieri
Una svolta nel processo della trasparenza alimentare che potrebbe agevolare gli artigiani, quelli veri. E i veri artigiani chi sarebbero in un mondo ideale? «Se potessi realizzare un “sogno”? Auspico una sorta di albo dei gelatieri nel quale si possa entrare solo con una determinata formazione. Oggi chiunque si sveglia la mattina, può aprire una gelateria. Non dovrebbe poter essere così».