Come la grande industria ha ispirato i gelati dei grandi chef e pasticceri

10 Nov 2024, 08:17 | a cura di
Da Bottura a Uliassi, passando per Iannotti e numerosi pasticceri si diffonde un'ispirazione legata al mondo divertente e colorato dei cibi industriali. Senza compromessi, però, sulle materie prime impiegate

Certo che riesce, eccome, a strapparci un sorriso divertito quello chef che sa sorprenderci con una delle sue creazioni che fanno il verso, in maniera esplicita e scanzonata, a un marchio di cibo da noi ben conosciuto. È il caso, senza dubbio, di un piatto che attinge al mondo della pubblicità con quei suoi prodotti che fanno parte da sempre della nostra vita e che ritroviamo tutti i giorni sugli scaffali dei supermercati. Un ingrediente di lusso come il foie gras, che ben difficilmente accostiamo ai prodotti da supermercato, si carica di una veste pop, ludica e allegra, quando passa per le mani di due super chef del calibro di Massimo Bottura e Mauro Uliassi: il celeberrimo Croccantino di foie gras con cuore di aceto balsamico del cuoco modenese dell'Osteria Francescana si richiama infatti esplicitamente a quello stecco di gelato ricoperto che tutti noi conosciamo e che è il Magnum. E non è da meno, in termini di popolarità, la creazione di chef Uliassi dell'omonimo ristorante di Senigallia (AN) che presenta il suo Wafer di nocciole con foie gras come omaggio (ovviamente rivisitato) al fortunato biscotto Loacher. Già, perché è proprio sulle tavole dei ristoranti più rinomati che serpeggia oggi un'estetica che trae spunto da un mondo all'apparenza a essi lontanissimo: quello dell'industria, guardata dai piccoli con diffidenza e malcelato sospetto e che, però, in una sorta di cortociruito (virtuoso) s'è trasformata da un po' di tempo a questa parte in vera e propria fonte d'ispirazione.

Fantasia al potere

Matias Perdomo, chef di Contraste a Milano, quando ancora era al Pont de Ferr creò un dolce assai curioso che si ispirava, riproducendoli plasticamente, ai mattoncini Lego: Questo non è un gioco, è lavoro, era il nome del coloratissimo dessert che è un richiamo all'infanzia e al suo mondo a partire dai gusti amati dai bambini di cui era composto: nutella, latte e menta, fragole e panna, dulce de leche. Alberto Basso, chef patron del Ristorante Trequarti in località Val Liona (VI), nonché presidente Jeunes Restaurateurs Italia accoglie ancora oggi i suoi ospiti con un benvenuto che è un omaggio a ben due prodotti del mondo industriale, la crema spalmabile Spuntì e il packaging che ricorda il tubetto di dentifricio Colgate e che così lo racconta: «Il nostro percorso culinario vuole portare una ventata pop, cercando di divertire il cliente fin dal primo istante. Il Tubetto di Dentifricio è una delle prime cose che il cliente riceve sedendosi al tavolo e subito gli strappa un sorriso. Per noi è importante che chi viene a trovarci non solo mangi bene, ma si conceda anche un momento di gioia, seduto alle nostre tavole. Il tubetto di dentifricio è una sorta di Spuntì gourmet: una crema di mortadella Favola, in accompagnamento al pane di lievito madre fatto in casa. Sostituisce il burro che normalmente viene servito in questo contesto, perché volevamo qualcosa di altrettanto goloso ma al contempo più identitario e per questo abbiamo pensato a un classico amato da tutti: pane e mortadella. Abbiamo deciso di presentare questa crema in un tubetto, e i nostri clienti si sono affezionati talmente tanto a questo benvenuto da soprannominarlo scherzosamente "dentifricio"».

Un immaginario che accomuna chef e clienti

Dall'incipit di un pasto gastronomico alla sua dolce conclusione la strada è bene purché nel segno, sempre, di una rilettura in chiave gourmet di cibi provenienti dal mondo dell'industria alimentare. Lo chef campano Giuseppe Iannotti, del Krèsios di Telese (BN) sintetizza così l'ispirazione alla base del suo pre-dessert Marshmallow al limone, che rimanda tanto al morbido cilindretto di origine americana, che a due prodotti da tutti ben conosciuti: «Si tratta di un reset all'interno del percorso degustazione. È super acido e ci aiuta a digerire perché c'è la Citrosodina, ma anche il Brioschi in cui il dolce viene "impanato" dopo averlo tagliato. È un richiamo all'infanzia, ma anche alla notte di Halloween di dolcetto e scherzetto o ancora alla limonata a cosce aperte degli acquafrescai». Anche Andrea Poli, vulcanico chef e patron del Gustificio di Carmignano di Brenta (PD) affida a una creazione popolare dell'industria alimentare - il Ferrero Rocher - la citazione del suo Rocher'n Roll, un bignè ripieno con namelaka alla gianduia e ricoperto con pralinato al cioccolato e nocciole. Ispirazione in stile pop art poi per la sua Cheesecake di montagna, tra i dolci più fortunati di questo bistrot moderno aperto dalla colazione alla cena, che si presenta come la fetta di formaggio per antonomasia che tutti riconosciamo, personalizzata però al suo interno: si tratta di un cremoso di formaggio fresco di montagna con inserto alle fragole e un biscotto alle noci del delta del Po.

Alla ricerca dell'infanzia perduta

Quella che si rifà ai prodotti creati dall'industria alimentare è un tipo d'ispirazione che molto spesso trae spunto dal mondo dell'infanzia e richiama ricordi gustativi indelebili. Spiega Ivan Gorlani, gelatiere e pasticcere bresciano che nella sua Raro Cremeria a Soncino (CR) ha rivisitato in chiave artigianale numerosi gelati industriali, facendo leva sulla loro forma estetica che ha mantenuto inalterata: «Il problema di noi gelatai è che molte volte prepariamo un gelato molto buono ma poco bello. Quello industriale è invece di solito sempre bello e goloso, anche se di qualità discutibile. E da padre di tre figli so bene come il bambino faccia fatica a mangiare cose buone, mentre un gelato di qualità, sotto forma ad esempio di un piede, diventa per lui irresistibile».

Il riferimento è all'indimenticato Piedone Algida riproposto da Raro Cremeria con il nome di Fragolone e composto da un gelato a due strati: uno a base di fragola Mara des bois e fragola Charlotte assieme al fiordilatte, quindi ripassato in una copertura di cioccolato alla fragola. E in un locale come il suo, dove la fantasia è davvero al potere, troveremo anche la rivisitazione del Lemonissimo in cui una camicia di ghiaccio contiene al suo interno un gelato al limone di Amalfi e nel cuore un curd sempre al limone con la presenza della scorza candita. Sempre restando in casa Algida, la rivisitazione del cornetto whisky avviene con una crema zabaionata al Pedro Ximénez e un gelato al marsala Intorcia, al suo interno dell'uva zibibbo gigante e ancora delle golose mandorle pralinate e dal cioccolato così da dargli struttura, quindi una carta dorata che lo avvolge e che ricorda quella originale. Troveremo anche il cornetto all'amarena (preparato però con le amarene di Cantiano), e quel Morsicotto che fa il verso al Cucciolone in cui viene ricreato, grazie a un apposito stampo, un morso (compresivo di uno sketch con barzelletta) e dove i due biscotti della tradizione racchiudono al loro interno del gelato al fiordilatte.

Prove aperte di dialogo

Insomma sulla qualità delle materie prime impiegate - pare essere il succo della lezione - non ci può essere compromesso che tenga. Tuttavia, rispetto a un tempo, non è più muro contro muro ma emergono segnali incoraggianti di dialogo. Uno di questi l'ha promosso quest'anno in una giornata di studi la presidente del Consorzio di Tutela del Lievito Madre da Rinfresco, la pasticcera Anna Sartori - titolare dell'omonima pasticceria di Erba (CO) (dove ripropone variazioni sul tema "ghiacciolo Calippo" e "biscotto Ringo"), che tira le fila del discorso: «L'idea è quella di promuovere valori condivisi tra artigianato e industria. Del resto il grande merito dell'industria è quello d'intercettare per prima la domanda. Grazie alle ingenti risorse di cui dispone investe infatti in costosissime ricerche di mercato e per mezzo della pubblicità è in grado di raggiungere tutte le fasce e imporre un prodotto che diventerà noto. È la Nutella Ferrero che ha aperto ad esempio la strada a tutte le nostre creme spalmabili artigianali. Noi dovremmo imparare a dialogare pensando che il prodotto industriale non è necessariamente di bassa qualità, ma risponde ad esigenze diverse. Quanto a noi piccoli, penso proprio all'uso del "nostro" lievito madre, noi siamo "ars", capacità creativa che certo può interessare e ispirare positivamente anche il mondo industriale».

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