A indicare la direzione, ci pensa Carme Ruscalleda cui va il tributo di Gastronomika - prima donna omaggiata in 21 anni di manifestazione: “la rivoluzione (gastronomica) continua”. E anche lei, che pure doveva fermarsi dopo la chiusura di Sant Pau (e dopo ben 7 stelle Michelin), sèguita a lavorare. “Dobbiamo continuare e impegnarci” sollecita “per il rispetto del prodotto, per lo staff, per il nostro pubblico, e per il valore delle donne nella gastronomia" dice, e aggiunge: “Ora, tuttavia, dobbiamo anche reinventarci”.
Parla di tecnologia, della presenza sempre più densa di internet, ma anche alla necessità di conciliare lavoro e vita personale. “Come ha detto Joaquin Sabina, ora dico addio, ma resto”. A omaggiarla, tra gli altri, il figlio Raül Balam chef del Moments di Barcellona e suo marito Toni, fondamentale sodale in questo cammino per la rivoluzione cui tutti sono chiamati a partecipare: “il futuro dell'alta cucina è nelle mani di ognuno di noi” dice la donna da cui tutti abbiamo imparato (la definizione è di Pedro Subjiana). E ognuno fa la sua parte sul palco del Kursaal.
Gastronomika 2019. La rivoluzione dell'easy dining
Decano del congresso, Dani Garcia sale sul palco dopo 21 anni di presenza ininterrotta (la prima volta era con Martin Berasategui) e in pieno count down: il 16 novembre (non più il 22 ottobre: troppe prenotazioni) chiuderà il suo ristorante di Marbella, come annunciato subito dopo aver conquistato le Tre Stelle. Perché? “Me lo chiedono tutti, anche mia madre non riusciva a capirlo” racconta “ma la gastronomia non è solo alta cucina: quello non è che un granello infinitesimale”. La gastronomia è cucinare: “e voglio cucinare per tutti” annuncia confermando la svolta casual. Ora vuole liberarsi dall'impegno (anche economico) che richiede un Tre Stelle e programmare questo nuovo capitolo della sua vita professionale, “aprire una dozzina di ristoranti nel 2020, 3/400 pasti ogni giorno, per esportare la cucina andalusa in tutto il mondo”. Le ambizioni sono alte: “quando sali fino in cima non riesci a vedere tutto il mondo e non sei visto da tutto il mondo”.
Per farlo devi fare qualcosa di diverso da un ristorante esclusivo. “I tempi sono cambiati, e sotto questo aspetto” aggiunge “può esserci una nuova rivoluzione” che invita gli altri chef a seguire per far conoscere la cucina spagnola. Questa sua ponencia, con cui si congeda da Gastronomika e dai congressi in generale, è una sintesi della sua cucina come è stata fino a ieri (per esempio nel ricamo di nero di seppia con cui omaggia la madre o nel gazpacho), ora l'obiettivo è esplorare altre strade. È una rivoluzione, una sorta di decrescita felice o – per altri versi – una crescita, in termini di numeri, quelli che il suo maestro Martin Berasategui fa girare vorticosamente, con i suoi 15 locali in giro tra Penisola Iberica, Messico, la Repubblica Dominicana l'ultimo è Etxeko Ibiza). Ma tutto ha origine 26 anni fa, a Lasarte.
Gastronomika 2019. La rivoluzione del prodotto
“Volevo pensare alla carne di maiale in un modo completamente nuovo” racconta Jefferson Rueda E così è stato: quando ha aperto a San Paolo il suo A casa do porco, 4 anni fa, ha tirato giù un concetto gastronomico radicalmente innovativo, che piace, diverte, stupisce, mette in discussione. Tutto gira attorno alla carne di maiale, lavorata in ogni sua parte e in ogni possibile modo: insaccati, sushi (di collo di maiale laccato), hamburger, salsa a base di sangue e cioccolato, cotolette fritte, distruggendo persino il tabù del crudo suino. Anche grazie a una filiera controllatissima che dagli allevamenti all'arrivo della carne nel piatto riesce a seguire in ogni passaggio.
Lavorandola secondo il precetto del noise to tail, quando non intera: con quelle griglie pazzesche in cui arrostiscono per 9 ore gli animali interi nella parte posteriore del locale. Un posto che richiama quasi 17mila persone al mese. Animato, coloratissimo, “un fine dining alla portata di tutti, alta cucina ispirata a quella popolare, allo street food”. Con tecnica sopraffina. Rueda - un passato da macellaio prima di approdare in posti come El Celler de Can Roca, Can Fabes de Santi Santamaria - aveva le idee molto chiare già prima di aprire il suo locale a San Paolo: ricerca, cultura, studio, prodotto. Per celebrare un rito tutto pagano facendo anche rete con altri grandi artigiani della carne, tra cui il Dario Cecchini.
Gastronomika 2019. La rivoluzione della tecnica
Cosa succede se metti un grasso - animale o vegetale, solido o liquido – in una comune macchina a pietra per il cioccolato insieme a un ingrediente secco, liofilizzato o disidratato? Che dopo un processo più o meno lungo si avrà un nuovo prodotto. Burro, olio, cioccolato, massa grassa: una nuova testura, data dall'emulsione delle componenti, un elemento di diversa consistenza molto pigmentato, coloratissimo, dal sapore incredibilmente netto. Un esempio? Grasso di foie gras con fichi. In un solo prodotto, uno degli abbinamenti più classici della cucina mondiale. Ma anche burro con alici; olive e acciughe; olio e buccia di arancia. Infinite varianti, infiniti impieghi. Il risultato è sorprendente. A studiare questo nuovo processo, quei geniacci del Disfrutar: Oriol Castro, Eduard Xatruch e Mateu Casañas, il trio conosciutosi alla corte di Re Ferran (Adrià, of course) e oggi sempre più erede di quella stagione di cucina tecno-emozionale. Partiti dall'analisi di un prodotto - “cosa è il cioccolato? Solidi, grassi ed emulsionanti” - per finire alla reinvenzione degli alimenti e alla sperimentazione con diversi tipi di grassi. Nuovi grassi, nuove trame, nuovi sapori.
Gastronomika 2019. La rivoluzione della sostenibilità
Eneko Lisboa è il nuovo locale di Eneko Atxa, uno dei grandi giovani della cucina basca. 4 stelle e diverse insegne, è uno dei più importanti portavoce di un'alta gastronomia che sa prendersi carico delle istanze più attuali della responsabilità ambientale e sociale. Il suo Azurmendi a Larrabetzu, infatti, è uno dei locali più sostenibili al mondo e rappresenta un esempio positivo di come si riescano a conciliare sapore, ricerca e green attitude, con piatti come melanzana acciuga con brodo denso di ceci, tutto texture, complessità organolettica e rispetto per l'ambiente. Un imperativo morale che dimostra quotidianamente la sua urgenza: i cambiamenti climatici stanno infatti mettendo in crisi la possibilità stessa della ristorazione: "I calamari sono apparsi a malapena questa estate sulle nostre rive e abbiamo dovuto cambiare il pane che era in menu da 20 anni perché non c'era mais Txakinarto a causa della mancanza di pioggia”.
A delineare questo quadro allarmante è Josean Alija, che si trova ora a dover ripensare la sua stessa cucina. Una cucina – quella del Nerua di Bilbao - dallo stile preciso, in cui sapore, bellezza, struttura, aroma trovano un loro equilibrio. “Tra tecnica e prodotto scelgo entrambi, perché l'una può migliorare l'altro”. Così, prima di partire a dimostrare il suo lavoro (si) chiede: “Per quanto saremo in grado ancora di fare questa cucina?” Una cucina in cui la stagionalità dei prodotti rappresenta un limite ma anche una ricchezza e un'opportunità. E una responsabilità di cui farsi carico. Lui lo fa attivamente, impegnandosi in diversi progetti a favore dell'ambiente (e non solo). E intanto continua la sua ricerca, con piatti che hanno un senso fintanto che riuscirà a trovare il prodotto giusto come il pomodoro -il suo magnifico pomodoro – pikoluze con more e fico. Un vero patrimonio da conservare. “E se qualcuno ha delle idee” conclude “mi faccia sapere”.
Gastronomika 2019. La rivoluzione della cultura
Aprire una settimana al mese può sembrare una scelta sovversiva, nel mercato della ristorazione. Lo è, forse, ma non è forse quella la scelta più ribelle di Bel Coelho. Nel suo Clandestino, di San Paolo, racconta la storia e la geografia del suo paese. E lo fa attraverso menu che interpretano le regioni e la loro biodiversità, i cibi, gli usi, le storie della cultura gastronomica brasiliana. Menu frutto di viaggi e ricerche appassionate tra prodotti e produttori, di impegno per la tutela del territorio, per il diritto al cibo sano e di qualità. La sua ricerca antropologica si concentra sulle comunità agricole dei nativi, fondamentali per la tutela del territorio, le tradizioni afrobrasiliane - “ancora non abbastanza conosciute” - come il Candomblè, la religione popolata da Orixas, le divinità che hanno iconografia, simboli e tradizioni, e anche dei cibi specifici. Cui dedica uno dei suoi menu. Un approccio sovversivo, che punta alla conoscenza, alla difesa dell'ambiente e dei piccoli produttori, alla riscoperta di sapori originari in veste completamente rinnovata. Un lavoro culturale, per questo rivoluzionario.
Lo stesso che ha intrapreso Rosauro "Sau" del Rosario (25 Seeds and Cafe Fleur, Angeles City, Filippine) che mescola tecniche occidentali (soprattutto francesi) background spagnolo, attitudine contemporanea per rinnovare le ricette tipiche filippine. Quelle fatte di prodotti indigeni e tradizioni locali, con i suoi ingredienti feticcio (uno su tutti il cacao, un tempo fatto fermentare per un paio di mesi sino quasi a diventare un aceto). La scommessa ora è di portare questa tradizione gastronomica a occupare il posto che merita, tutelando il patrimonio ambientale e culturale dall'aggressione esterna ma senza isolarla. Perché cosa è la cucina se non incontro e confluenza? Di esperienze, prodotti, tecniche, storie, di presente e passato, di tutto quello che si svolge attorno al tavolo. Lo racconta così, Elena Arzak (Arzak) che ha preso le redini del ristorante San Sebastian dalle mani di Jan Mari, padre di Elena e della cucina spagnola contemporanea.
a cura di Antonella De Santis