L’Italia è il Paese dove si mangiano in assoluto più funghi. È anche il paese dove si mangia molto pesce. E dove si consuma anche un bel po’ di cacciagione. Cosa è che accomuna questi tre mondi? Innanzitutto il fatto che, mentre crescono i consumi in maniera esponenziale, altrettanto diminuisce la produzione. Abbiamo parlato della pesca nel mensile di agosto, abbiamo parlato a più riprese della selvaggina. Ora parliamo di funghi: “Fatto 100 il totale, possiamo dire che negli ultimi 30 anni in Italia le fungaie si sono ridotte dell’80% e che l’importazione dall’estero è aumentata di pari passo”, spiega Luigi Dattilo, titolare di Appennino Food, impresa specializzata nella distribuzione di funghi e tartufi.
Funghi, pesce e cacciagione
Nel mensile di settembre del Gambero Rosso si parla di come siano legati tra loro il mondo dei funghi, della caccia e della pesca, e di come diano origine a una cucina che potremmo definire selvaggia. Un cercatore-pescatore, ad esempio, è Fulvietto Pierangelini che ha scelto di vivere nella sua San Vincenzo dividendosi quotidianamente tra mare e bosco. L’idea è quella di una cucina raw, immediata, frutto diretto della ricerca fisica degli ingredienti. “La pesca e la raccolta dei funghi sono le mie due passioni, sono esperienze fondamentali: sono attività che mi rilassano e mi ispirano, mi danno tutto” racconta lo chef, figlio d’arte, suo padre è il mitico Fulvio Pierangelini, “Cerco e cucino tutti i funghi che nascono in questa zona: spugnole, prugnoli, qualche cardarello (alias cardoncello o pleurotus eryngii); per i porcini però è sempre peggio, essendo questa una zona arida e poco piovosa; ma nel periodo dei porcini il divertimento è raccoglierli nello stesso giorno ma in boschi diversi, castagno, cerro, abete… specie diverse che anche in cucina hanno caratteristiche diverse. Bellissimi gli ovoli, che qui abbondano”.
Ed ecco che entra in gioco il mare! “Nel periodo dei porcini in mare è il momento delle orate e dei calamari: un'unione spettacolare. Mi diverto allora a fare piatti crudi con calamari e porcini di abete, oppure tartare di gamberi con gli ovoli; all’orata abbino un purè di patate e porcini appena saltati in padella: si raggiunge l’apice della goduria. In questo periodo le orate hanno le uova e sono più grasse: è l’esaltazione di questo pesce…”. Il ciclo va avanti: “i prugnoli, primaverili, si raccolgono quando si pescano le seppie: tagliate sottilissime con i prugnoli crudi danno il massimo. Poi ci sono le mazze di tamburo: in cucina ci puoi fare un hamburger vegano; i finferli sono ottimi spezzati con le mani e saltati con nepitella e aglio a condire uno spaghettino o anche in un sugo con il pescato del giorno. Tutto questo dà una sensazione di pienezza, di essere davvero un protagonista all’interno della natura”.
Bosco e caccia in riva al mare
A poca distanza dal Bucaniere di Fulvietto, c’è La Pineta di Marina di Bibbona, regno degli Zazzeri. Il mitico Luciano ci ha prematuramente lasciati da un po’, ci sono i figli a portare avanti quei suggerimenti di poesia e di arte di vita che aveva tracciato il padre, pescatore di professione e poi cuoco in riva al mare. “Un colombaccio non è molto diverso da un pesce. Mio padre ha fatto per venti anni il pescatore di professione, aveva sia la licenza di caccia che il patentino di cercatore di funghi. Così, in questo luogo dedicato alla cucina del mare è naturale sperimentare l’unione tra caccia, pesca e funghi” racconta Daniele Zazzeri che guida la cucina della Pineta “Per esempio, i cocchi (alias ovoli) freschi stanno benissimo con i gamberi rossi crudi, così come i porcini. Funghi e crostacei si legano, a partire da quell’umore che i frutti del mare hanno nella testa.
Oggi, qualche volta riusciamo ancora ad andare a funghi, ma abbiamo amici e conoscenti di fiducia che ce li portano freschi. Ricordo che da bambino si andava sempre a caccia col nonno Sandro, si entrava nella macchia alla ricerca dei funghi che sarebbero stati il nostro pranzo: giallarelli, cocchi, porcini, pioppini, dentini… sotto al capanno, nella baracca, li facevamo a pranzo: salsiccia, fagioli e funghi era un classico della caccia. E quelli che restavano li scottava, a casa, e li metteva sott’olio. Oggi i funghi li abbiamo fuoricarta: quando è il momento li proponiamo, ma non li prendiamo mai dall’estero. Allora, in periodo proponiamo il tagliolino con crostacei e funghi, oppure l'insalatina di cocchi; il fico tardivo con il cocco e il gambero rosso condito solo con sale, olio e pepe. Un classico nostro è il risotto con brodo di funghi e gambero viola con polvere di trombette dei morti e riduzione delle teste dei gamberi”.
Natura, ruralità, ritorno alle origini
“Andare a funghi era ed è anche un po’ scappare dalla routine giornaliera: un paio di ore per liberarsi la testa e ricominciare” spiega ancora Daniele Zazzeri “Quando si è nella macchia, si torna alla natura, senti solo i rumori delle foglie, degli uccelli… Si ricaricano le pile, è una esperienza rigenerante”. Ecco. L’Italia è un paese che ancora definiamo di tradizione agricola, ma forse dovremmo guardarlo più come un paese dove ancora forte è la tradizione rurale. Qual è la differenza? L’agricoltura moderna è ormai un’attività anche industriale, mentre la tradizione rurale rimanda a un periodo precedente, più antico, quasi al confine tra stanzialità (coltivazione e allevamento) e nomadismo (pastorizia, caccia).
La ricerca dei funghi è a questo momento più antico che ci rimanda: anche l’immaginario legato ai funghi ci riporta a una cultura arcaica dove magia e quotidianità si intrecciavano sempre, quando i funghi erano “veleni” e “pozioni”, erano legati a un immaginario dionisiaco. Sì, perché i funghi, tutti i funghi, hanno in sé porzioni di veleno e di sostanze psicotrope che possono anche portare a intossicazioni e a visioni (nel caso di ingestione eccessiva o nel caso di consumo di funghi non commestibili) e che nell’immaginario collettivo sono spesso legate alla magia e per questo in contrasto con la cultura della stanzialità e del controllo, anche religioso.
a cura di Stefano Polacchi
QUESTO È NULLA…
Nel mensile di settembre del Gambero Rosso, si parla della (ri)scoperta del patrimonio del sottobosco con Giuseppe Carollo col suo Nangalarruni a Castelbuono, nel cuore delle Madonie, vero e proprio scrigno di biodiversità con oltre mille specie di funghi. Qui cresce spontaneo un fungo molto pregiato chiamato appunto tartufo delle Madonie o basilisco. La varietà dei funghi segue l’alternarsi delle stagioni, andare a funghi e quindi proporli nel piatto significa anche parlare della montagna, delle diverse altitudini e delle vegetazioni e microclimi che vi si trovano. Cultura dei funghi vuol dire anche non proporre solo i classici porcini fritti, come nel caso di Alessandro Dal Degan nella sua Tana sull’Altopiano di Asiago, è uno dei pochissimi indirizzi (oltre ad Amerigo) dove si può trovare il tradizionale “misto”: preparazione in cui si lavorano tutti i funghi che non avevano valore commerciale e dunque si preparano per accompagnare la polenta o il formaggio. Se, come dicevamo al principio, molte delle grandi fungaie italiane sono scomparse, è anche vero che negli ultimissimi anni c’è un fungo che ha cominciato a occupare spazi sempre più importanti di mercato, il cardoncello. Tante altre curiosità sulla tematica fra cui: la classifica dei funghi più gettonati nei ristoranti, gli 11 funghi coltivati più diffusi, le tre classi in cui si dividono i funghi e la ricetta della classica fettuccina ai porcini de “I Sette Consoli” di Orvieto. Ma non è tutto. Scopri di più del nuovo numero del Gambero Rosso.
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