L’idea di acquistare i prodotti sfusi piace sempre di più, perché è visto come un gesto che può fare bene al Pianeta. Del resto non è un segreto per nessuno che un minor uso delle confezioni, in particolare quelle di plastica, corrisponda a una maggiore sostenibilità ambientale. E, infatti, questa convinzione è alla base dei diversi provvedimenti legislativi adottati di recente da alcuni Paesi europei, Francia e Spagna in testa, per incentivare la vendita di ortofrutta sfusa, al fine di ridurre gli imballaggi, ritenuti estremamente dannosi.
Prodotti sfusi: per l'ambiente è la scelta giusta
Ma come si fa a convincere gli utenti che questa è la scelta migliore? In un supermercato del Berkshire, in Gran Bretagna, per scoprire quali messaggi incoraggino maggiormente l'acquisto del fresco non confezionato, stanno provando con il tracciamento oculare. Wrap, organizzazione no profit anti-spreco che aiuta il Governo a definire le politiche in materia di sostenibilità, ha organizzato una sperimentazione che utilizza l’eye tracking, una tecnologia che ha rivoluzionato il campo delle ricerche di marketing, fornendo informazioni preziose sul comportamento, l'attenzione e la percezione visiva dei consumatori. Catturando e analizzando i movimenti oculari, infatti, i ricercatori possono acquisire una comprensione più profonda di come gli individui interagiscono con la pubblicità, la confezione dei prodotti, e tanti altri stimoli visivi.
«Stessa qualità, nessuna confezione»: messaggio convincente?
Ma torniamo al supermercato di Thatcham, nel Berkshire, che viene utilizzato come sorta di palestra per vedere se messaggi come, per esempio, «stessa qualità, nessuna confezione», possano aiutare a interrompere un ciclo che contribuisce a far sì che le famiglie del Regno Unito buttino via quasi 100 miliardi di pezzi di imballaggi di plastica all’anno. Joanna Linley, manager dell’organizzazione anti-spreco, ha spiegato che gli acquirenti si sono abituati alla “comodità” degli imballaggi in plastica e, indipendentemente da ciò che dicono e da ciò che sanno sia giusto fare, nella realtà, poi, quando entrano in un negozio, prendono il prodotto in sacchetto perché è molto più semplice e conveniente che comprare qualcosa sfuso.
Zero imballaggi, a che punto è il Regno Unito
Nel 2018 molti supermercati e aziende alimentari del Regno Unito hanno sottoscritto gli obiettivi del cosiddetto Plastics Pact, guidato da Wrap, che chiede che il 30% di tutti i prodotti freschi vengano venduti sfusi entro il 2025. Tuttavia, il settore non sembra destinato a centrare l’obiettivo. Un rapporto sui progressi pubblicato recentemente affermava che nel 2022 solo una media del 19,4% delle vendite di prodotti freschi era sfusa.
Nonostante questo, scegliere questa opzione ha alla base delle motivazioni più che convincenti: frutta e verdura fresca sono, infatti, responsabili di più sprechi alimentari di qualsiasi altra cosa venga acquistata: per quel che riguarda la Gran Bretagna, sono 1,6 milioni le tonnellate, quasi 4 miliardi di sterline, buttate via ogni anno. Rimuovere gli imballaggi dovrebbe significare meno rifiuti di plastica e di cibo, perché le famiglie sarebbero in grado di acquistare una quantità più vicina a quella che serve realmente.
Lontani dall'obiettivo
Al momento, però, i supermercati offrono ancora soprattutto prodotti preconfezionati perché sono quelli che si vendono maggiormente. Nel 2019 la grande catena di supermercati “Islanda” ha abbandonato la sperimentazione dei prodotti sfusi dopo che il risultato era stato un calo delle vendite del 30%: «Non posso certamente giustificare l'investimento di milioni in nuove casse e bilance per offrire qualcosa che i nostri clienti non vogliono acquistare», disse all'epoca l’Amministratore delegato del grande Gruppo, Richard Walker.
C'è anche da dire, però, che un motivo molto forte per cui i supermercati scelgono ancora l'imballaggio è che esso mantiene più elevati i fatturati: infatti, in questo modo si “obbliga” praticamente il cliente a prendere una quantità prestabilità di prodotto, peso che sarebbe inferiore se la persona potesse acquistarlo sfuso. Tuttavia, sono gli utenti stessi che sembrano preferire la comodità e i vantaggi igienici percepiti delle confezioni pre-prezzate.
Va cambiato tutto il sistema
Gli esperti di Wrap hanno mostrato al riguardo alcune testimonianze dei clienti: «Faccio un lavoro serio e ho molte cose a cui pensare, quindi quando vado al supermercato non voglio pensare anche lì a quello che sto facendo». Altri hanno affermato di essere scoraggiati dal pensiero che «altre persone tocchino il frutto», mentre per altri ancora si tratta semplicemente «della comodità» di prendere un pacco già pronto. Ciò che è chiaro dai vari studi effettuati sul tema, è che, per far sì che lo sfuso possa diventare la norma sarebbe necessario un cambiamento generale con interventi che funzionino per tutto il sistema. Altrettanto chiaro è, però, che se le persone non cambiano le loro scelte di acquisto, tutto il resto è inutile, non si va avanti.
Molti supermercati accetterebbero una legge
Di fronte allo stesso problema, come si diceva precedentemente, paesi come la Francia e la Spagna hanno già approvato leggi che vietano l’imballaggio di molti prodotti e sembra che anche il governo del Regno Unito stia valutando la possibilità di introdurre nuove linee guida. Tesco, il più grande supermercato Paese, ha affermato che accoglierebbe con favore «un intervento efficace del governo» perché questo garantirebbe che il cambiamento venga effettuato su larga scala, creando condizioni di parità, in cui i cambiamenti nel packaging non metteranno nessun rivenditore in una posizione di svantaggio competitivo.
Nessun provvedimento al momento
Alla domanda sulle notizie di un divieto sugli imballaggi, il Dipartimento per l’ambiente, l’alimentazione e gli affari rurali ha affermato soltanto che sta «guidando lo sforzo globale per ridurre gli sprechi alimentari con l’impegno di dimezzarli entro il 2030» e che continuerà a sostenere Wrap nelle sue campagne a favore. Ma niente di più. Wrap, attualmente, sta conducendo una revisione globale della legislazione in questo settore, ma chiarisce che qualsiasi politica, che sia di divieto o meno, presa in considerazione, dovrebbe essere sviluppata consultando l’industria alimentare per evitare conseguenze indesiderate. In ogni caso, al momento non sono state annunciate modifiche alla legge.
E in Italia che succede?
Il Consiglio dell’Ue e il Parlamento europeo hanno raggiunto un accordo provvisorio sulla proposta di regolamento sugli imballaggi, confermando gli obiettivi ambiziosi di riduzione dei rifiuti, il 5% entro il 2030, il 10% entro il 2035 e il 15% entro il 2040 e, dal 2030, i divieti di alcuni formati in plastica monouso come gli imballaggi per frutta e verdura fresca, ma sotto 1,5 chilogrammi. L'accordo, però, prevede diverse deroghe alle misure di restrizione del mercato: come per esempio l'esclusione degli imballaggi a base di carta e di cartone dagli obiettivi di riutilizzo. Un'esenzione che preoccupa fortemente Zero Waste Europe, che vede nella decisione una politica non ancora del tutto decisa ad azzerare il grave problema degli sprechi.