Allargare l'offerta enogastronomica di un agriturismo con prodotti che potenzialmente potrebbero non essere legati a doppio filo con l'azienda agricola o il territorio strettamente limitrofo. Questo è quello che vorrebbe introdurre il disegno di legge "Modifiche alla legge 20 febbraio 2006, n. 96, in materia di qualificazione e valorizzazione della ristorazione nell'esercizio dell'attività agrituristica" proposto dalla senatrice Anna Maria Fallucchi, socia di un agriturismo in provincia di Foggia, insieme ai cofirmatari De Carlo, Cosenza, Liris, Matera, Melchiorre, Mieli, Nocco, Spinelli, Zullo, Mancini e Salvitti. Una proposta che rischierebbe di avere come effetto quello di moltiplicare le aperture di agriturismi senza che sia sostanzialmente garantita la continuità territoriale e di propria produzione dell'offerta gastronomica, ma con i vantaggi fiscali di queste strutture.
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Le differenze tra la norma attuale e quella modificata
Nell'articolo uno la disposizione vigente prevede che si possano "somministrare pasti e bevande costituiti prevalentemente da prodotti propri e da prodotti di aziende agricole della zona, ivi compresi i prodotti a carattere alcoolico e superalcoolico, con preferenza per i prodotti tipici e caratterizzati dai marchi DOP, IGP, IGT, DOC e DOCG o compresi nell'elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali, secondo le modalità indicate nell'articolo 4, comma 4".
Le modifiche proposte dal ddl della senatrice Fallucchi vanno a cambiare non di poco l'impostazione della somministrazione di cibo presso le strutture agrituristiche. La modifica, infatti, prevede che si possano "somministrare pasti e bevande tipici della tradizione enogastronomica locale, costituiti esclusivamente da prodotti di propria produzione, da prodotti realizzati da aziende agricole della zona, ivi compresi i prodotti a carattere alcoolico e superalcolico, con preferenza per i prodotti caratterizzati da marchi DOP, IGP, IGT, DOC, DOCG o compresi nell’elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali, ovvero da prodotti di cui all’articolo 2, comma 1, lettere a) e b) della legge 17 maggio 2022, n. 61, secondo le modalità di indicate dall’articolo 4, comma 4".
Le grandi deroghe previste dalla modifica
Il disegno di legge delinea due deroghe che permettono di allargare le modalità di somministrazione alimentare all'interno delle strutture. Nello specifico si legge che "in caso di obiettiva indisponibilità di specifici prodotti in ambito regionale o in zona limitrofa omogenea, o quando si renda necessario l’impiego di prodotti di cui all’articolo 2, comma 1, lettere a) e b) della legge 17 maggio 2022, n. 61, essenziali per il completamento dell’offerta enogastronomica, quali acqua minerale, condimenti e spezie, le regioni definiscono le tipologie di prodotti ammessi anche se non di provenienza locale o regionale". Oltre a questo, la norma prevede che "a causa di eventi di forza maggiore quali calamità atmosferiche, fitopatie o epizoozie, accertati dalle autorità regionali competenti, l’impresa ne dà comunicazione al comune territorialmente competente che, previa verifica, può autorizzare temporaneamente l’attività". Il concetto di obiettiva indisponibilità può essere ovviamente oggetto di distorsioni applicative. Se per esempio un agriturismo di un imprenditore romagnolo venga colpito da alluvione, potrà proporre il gambero di Mazara senza troppi problemi.
Differenze tra agriturismo e ristorante
Per quanto riguarda la differenza di fiscalità tra un ristorante e una struttura agrituristica non si può certo parlare di dettagli. Mentre un ristorante versa imposte sui ricavi, l’agriturismo può godere invece di un regime forfettario: un ristoratore paga l’Irpef con aliquote calcolate in base al reddito, mentre l’imprenditore agricolo la paga solo sul 25% del reddito. Anche l’Iva è ridotta per l’agriturismo che la versa in misura pari solo al 50% di quella relativa alle operazioni imponibili. A questo si aggiunge il fatto che i fabbricati regolarmente accatastati in categoria D/10 (fabbricati rurali) e/o come A/6 (per gli abitativi), non versano l’Imu. Una modifica della legge 96 del 2006 che allarghi le maglie della somministrazione alimentare potrebbe quindi portare a un fiorire di agriturismi che potrebbero approfittare di un regime fiscale vantaggioso a scapito di un'offerta sempre meno ancorata al territorio.