Il nuovo forno di montagna di Tularù lo possiamo finanziare tutti: il progetto per il pane dell'Appennino

9 Dic 2024, 17:28 | a cura di
L'azienda agricola nata su un altipiano a 850 metri sul livello del mare, nel territorio di Cittaducale (RI), ha contribuito a recuperare la varietà di grano Rieti e oggi con un crowdfunding raccoglie fondi per acquistare un nuovo forno

L'azienda agricola Tularù sta su un altipiano a 850 metri sul livello del mare, tra le valli dei fiumi Salto e Velino: solo pochi chilometri di tornanti separano l'ecosistema di boschi, pascoli e seminativo dell'azienda agricola di Miguel e Alessandra da Ss 578 Cicolana, quella che collega Rieti alla Marsica. Questi 60 ettari, di proprietà della famiglia Miguel Acebes, hanno rappresentano per lui e per la moglie, Alessandra Maculan, lo spazio in cui costruire un sogno, un percorso avviato oltre dieci anni fa, dopo che nel 2013, alla morte del nonno materno di Miguel, la fattoria di Ponzano di Cittaducale (RI) era rimasta incustodita. 

Dieci anni dopo, Tularù è un microcosmo virtuoso, un modello di sostenibilità che intreccia il passato con il futuro e si descrive così: «Siamo un'azienda polivalente che dedica le proprie attività alla produzione di alimenti (farine, pane, carne, ortive e frutta). Inoltre abbiamo nidi di corde appesi tra gli alberi, tre stanze B&B, il campeggio e l'agriturismo aperto tutti i fine settimana».

Il pane di Tularù

Il pane di Tularù

Nel nome del pane

Il pane è stato, fin dall'inizio, uno degli elementi cardine nella costruzione di relazioni, a partire dal recupero di alcune varietà locali tradizionali di grani che vengono trasformati anche in pizze e dolci e dall'organizzazione della Festa della Mietitura, che nel mese di luglio richiama ormai centinaia di persone a Ponzano di Cittaducale e decine di volontari che affiancano i mastri mietitori per raccogliere il grano e celebrano la terra con canti e risate. 

Cinque anni fa, quando lo avevo intervistato per raccontare la nascita e i primi anni dell'azienda, che aveva beneficiato di un percorso di incubazione promosso da Fondazione Edoardo Garrone, Miguel Acebes aveva già chiaro che cose voleva: «Il nostro obiettivo è creare un’economia per il territorio. Il percorso con Fondazione Garrone ci ha aiutato ad individuare il prodotto che avrebbe fatto da "collante", l’elemento d’unione tra agricoltori. Così è nata la filiera del grano», raccontava. Oggi, la farine che trasformano al forno è il frutto di una cooperativa di produttori locali, che si sono riuniti (e Miguel ed Alessandra hanno avuto un ruolo centrale nel processo di aggregazione) per il recupero del seme del grano Rieti, animati dalla necessità di mantenere il valore di questo alimento nel suo territorio di appartenenza.

Il pane di Tularù

L'impasto a mano del pane di Tularù

Il crowdfunding

Nel 2025, dodici anni dopo, è ancora intorno al pane e ai prodotti da forno che Tularù costruisce la propria sostenibilità, chiamando a raccolta la comunità di persone che in questi anni hanno attraversato la sua storia, nei mercati contadini e all'interno dei gruppo d'acquisto solidali, da Rieti a Roma a Terni, per chiedere il sostegno per l'acquisto di un nuovo forno. Un investimento di 30mila euro, che è possibile sostenere grazie a un crowdfunding. Quello a legna tradizionale, che è un po' il cuore pulsante della produzione, è ormai troppo piccolo e dispendioso per sostenere tutto ciò che l'azienda agricola oggi rappresenta. «Ogni donazione, anche simbolica, rappresenta un tassello di un progetto che va oltre il cibo: è un atto di amore per la terra e per un futuro più sostenibile. In cambio del sostegno, Tularù offre farine e prodotti artigianali da portare a casa, masterclass di panificazione per imparare i segreti del lievito, weekend detox immersi nella natura o workshop di agricoltura rigenerativa per chi desidera toccare con mano un modo diverso di coltivare» spiega il comunicato stampa diffuso in occasione del lancio del crowdfunding.

Il nuovo forno, inoltre, garantendo maggiore efficienza, permetterebbe anche di ridurre le emissioni, ottimizzando l'uso dell'energia e riducendo così l'impatto ambientale. «Con questo intervento vogliamo agire su due livelli diversi. Il primo - spiega Michele Acebes al Gambero Rosso - è prettamente operativo: dopo questi anni in cui abbiamo consolidato una rete di vendita, che coinvolge privati e botteghe, siamo arrivati al punto in cui era necessario migliorare le strutture e la sostenibilità per chi fa il pane e lavora con noi. È lo stesso percorso che stiamo applicando, grazie ai fondi del PNRR, alle strutture ricettive. C'è poi un altro aspetto: dopo quasi dieci anni di attività, siamo convinti che Tularù possa rappresentare anche uno spazio in cui formare nuove persone in grado di lavorare questo tipo di grani, per attivare territori. È già successo, con persone che hanno preso parte per un periodo alle nostre attività e poi sono tornati a dar vita a qualcosa di nuovo. Per loro, l'esperienza a Tularù è stata una sorta di "scuola", in cui poter affrontare tecnicamente temi legati alla gestione di un forno, e questo possiamo farlo al meglio».

Miguel Acebes, co-fondatore di Tularù

Miguel Acebes, co-fondatore di Tularù

La moglie di Miguel, Alessandra Maculan, sottolinea anche altri aspetti: «L'Appennino è molto bello, ma viverci non è facile. Nella narrazione di questi luoghi manca sempre un aspetto, che è il punto di vista dei giovani che scelgono di restare o che banalmente non hanno la possibilità economica, famigliare, di andarsene. Per me, il nuovo forno di Tularù significa soprattutto continuità lavorativa e stabilità di reddito per tutti quei ragazzi che hanno scelto di lavorare con noi, che hanno tra i 20 e i 30 anni, che sono rimasti o sono tornati dopo l'università a Roma o a Milano o a Perugia o a L'Aquila e che qui vogliono restare. Giovani che hanno deciso, come noi, di investire in questa scommessa». La scommessa di Alessandra e Miguel, che è iniziata con la piccola Marta, che oggi ha 12 anni, e oggi è allargata anche a Simone, nato qui nel 2015, dà lavoro a 2 persone per tutto l'anno, più altri stagionali: «Fanno la loro parte in un processo partecipato, in cui loro per primi possono sentirsi autori del proprio futuro». Che è poi la ricerca di un futuro possibile che accomuna e mette in relazione l'esperienza di Tularù a quella di altri, sparsi nei paesi dell'Appennino.

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