I due strepitosi formaggi erborinati del Regno Unito: ecco come sono Stilton e Shropshire Blue

11 Feb 2025, 16:10 | a cura di
Sebbene non scaldino il cuore di tutti, i formaggi blu regalano sensazioni uniche. Lo credono gli inglesi, che li considerano il fiore all’occhiello della loro produzione

Oggi la forma sembra contare più della sostanza, con il culto dell’estetica che permea il pensiero comune. È evidente, l’importanza dell’immagine porta molte imprese a investire per dotarsi di un look accattivante che contribuisca ad aumentare gli utili. Eppure, per quanto a volte la forma sia anche sostanza, ci piace credere che ciò non valga sempre. Quante volte un piatto cattura la vista, ma all’assaggio si scopre modesto o inespressivo? Ecco, come si dice, «non (bisogna) giudicare un libro dalla copertina». Una simile associazione può farsi con gli erborinati, formaggi dalle macchie o striature blu e verdi, delle muffe nobili che sopraggiungono con la maturazione della pasta interna. Tale aspetto, insieme all’olfatto «di piedi puzzolenti», li rende a volte meno invitanti; tant’è che non a tutti piace il Gorgonzola. Ma vorremmo dire loro che non sanno cosa si perdono. Perché i  formaggi blu non sono affatto male e quelli britannici ne sono una testimonianza. Il Blue Stilton e lo Shropshire Blue restano fra i più noti e per questo li prendiamo in considerazione.

La storia del Blue Stilton, il «Parmigiano inglese»

Altro che Geronimo (il topo-giornalista al centro dei racconti per bambini), l’unico Stilton riconosciuto dagli inglesi è il formaggio, anzi il «re dei formaggi», come sostengono fieramente Oltremanica. Sì, da quelle parti il Blue Stilton non è un prodotto qualsiasi. Viene elogiato da scrittori e poeti del calibro di Daniel Defoe e George Orwell. Il primo, l’autore del romanzo La vita e le strane sorprendenti avventure di Robinson Crusoe, racconta in uno dei volumi di A Tour thro’ the Whole Island of Great Britain del 1724 della notorietà acquisita da un paesino del Cambridgeshire per la bontà di un formaggio che definisce «Parmigiano inglese». Ne fa menzione in modo altrettanto entusiasta Orwell che nel suo In Defense of English Cooking scrive: «è il migliore al mondo nella sua tipologia».

Il fascino suscitato dal formaggio blu però va al di là della poesia e delle storie senza tempo della letteratura. Non a caso, fino alla Brexit ne riconosce il valore pure l’Unione Europea attraverso un rigoroso disciplinare con tanto di marchio di certificazione: la normativa comunitaria di tutela del 1996 gli conferisce lo status di PDO (cioè la denominazione di origine protetta). Perciò deve essere prodotto entro un’area delimitata, nelle sole contee di Derbyshire, Leicestershire o del Nottinghamshire e nel rispetto di altri requisiti previsti dalla regolamentazione. Per quanto possa sembrare strano — è il nome a suggerirlo — ciò significa che non può provenire dal villaggio cui è legata la sua fama. Dunque, quello protetto è un Blue Stilton che non viene da Stilton. Le ricostruzioni più attendibili intorno alla cittadina vogliono la diffusione del formaggio avvenuta grazie all’intraprendenza di un locandiere della zona, Cooper Thornhill. Negli anni Quaranta del Settecento, il proprietario della locanda Bell Inn pattuisce un accordo commerciale con Frances Pawlett, casara del Wymondham che lo strega con una lavorazione in particolare. Indovinate quale? Da qui ha inizio la commercializzazione dello Stilton: dopo averne riscontrato il successo tra i clienti, il patron dal grande fiuto per gli affari decide di non limitarsi alla somministrazione in loco ma di sfruttare la cooperazione con la contadina per allargarne la distribuzione; dai borghi alla città di Londra, senza temere il percorso in carrozza lungo la direttrice inglese che porta fino a Edimburgo, la Great North Road.

Produzione e caratteristiche del re dei formaggi

Ora protegge il marchio da contraffazioni e contribuisce alla sua promozione su larga scala la SCMA (Stilton Cheese Makers Association), un’associazione creata nel 1936 per tutelare gli interessi dei 6 caseifici che producevano originariamente lo Stilton. Entrando nello specifico, il processo di caseificazione riguarda solo il latte vaccino fresco, intero e pastorizzato, cui si aggiungono fermenti lattici, caglio e fungo Penicillium roqueforti, tipico dell’erborinato francese Roquefort. Il sale si inserisce invece solo nella cagliata. La forma cilindrica deriva dal recipiente in cui riposa il formaggio. Dopo 6 settimane in cui viene rigirato più volte, si buca con un ago d’acciaio inox cosicché, ossigenandosi, maturi a dovere per 9 settimane, dopo le quali compare con caratteristiche tracce di muffa dai toni bluastri e sfumature grigie. Per finire sul mercato deve pesare circa 8 kg, risultato cui si arriva con ben 78 litri di latte. Attraverso la suddetta produzione si ottiene una pasta semidura dalle note di fieno e mandorla, dall’erborinatura quasi granulosa, e che al taglio si sbriciola facilmente (non è pressata). Risulta prevalentemente sapida e cremosa, con retrogusto vegetale e finale più o meno pungente. Da non confondere con il recente Stichelton, uscito fuori dalla collaborazione fra il casaro statunitense Joe Schneider e Randolph Hodgson del Neal’s Yield Dairy, cheese shop a sud-est di Londra da cui abbiamo preso alcuni dei campioni assaggiati. La differenza principale fra i due sta nel fatto che il secondo viene prodotto con latte vaccino crudo (proprio come si faceva per il primo fino agli anni Ottanta). Spesso poi sfugge l’esistenza della variante non erborinata, il White Stilton. Privo delle tipiche spore, rientra anch’esso fra le poche DOP britanniche. Come per lo Stichelton, le forme si fanno stagionare per meno settimane rispetto a quelle del re dei formaggi.

Shropshire Blue, l’alter ego scozzese

Nasce dalle mani di Andy Williamson, un casaro gaelico che si era fatto le ossa producendo Stilton nella contea di Nottinghamshire. La prima forma viene realizzata nel 1970 per l’azienda Castle Stuart Dairy di Inverness, città della Scozia considerata capoluogo delle Highlands. Date le origini, il formaggio compare inizialmente sui mercati come Blue Stuart o Inverness-shire Blue, vero nome di battesimo. Anni dopo, per favorirne la popolarità finisce in vendita sotto un’altra voce, quella di Shrosphire Blue, benché non avesse alcuna familiarità con l’omonima contea. In seguito alla chiusura di alcuni caseifici, la filiera si sposta definitivamente in Inghilterra, nelle contee di Leicestershire e Nottinghamshire, aree in cui si continua a produrre lo Stilton. Si tratta di una lavorazione casearia a pasta semidura che sfrutta il caglio vegetale, caratteristica che lo rende appetibile ai vegetariani. Rispetto al Blue Stilton, presenta una pasta di un colore vibrante, a metà fra il giallo e l’arancione acceso, dovuta all’utilizzo dell’annatto, un colorante naturale derivante dai semi dell’Achiote, pianta amazzonica ricca di carotenoidi. A livello organolettico, le differenze con il cugino inglese non sono marcate. C’è chi lo considera l’alter ego scozzese. Forse, meno 'piccante' e tagliente. Lo Shropshire ha una consistenza più burrosa e maggiore dolcezza, con sentori quasi di caramello, temperati qua e là da punte sapide e amaricanti, oltre che da un ritorno lievemente acido. All’assaggio sprigiona così un’intensità che riempie la bocca e codifica l’umami britannico in materia lattiero-casearia. Potrebbe abbinarsi bene a un bicchiere di porto o marsala.

Nonostante il profilo aromatico composito, nessuno dei due erborinati può ritenersi veramente elegante. Eppure, restano formaggi golosi, da apprezzare anche se alla vista potrebbero risultare meno allettanti. Come però insegnano i più grandi chef, bisogna sempre assaggiare. Altrimenti, come si fa a valutare? E a dire «non mi piace»?

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