L'utilità del food design
Se è vero che la cultura del food design ha ancora difficoltà a slegarsi dall'idea di una ricerca meramente estetizzante, la realtà dei fatti espone un pensiero molto più cristallino. Food design, oggi, significa anche trovare soluzioni per rispondere a sfide di carattere funzionale – che poi è l'obiettivo principe del design – e risolvere urgenze legate alla disponibilità del cibo, alla catena distributiva, alle nostre abitudini di consumo. E si confronta col tema anche il Victoria & Albert Museum di Londra, probabilmente il più celebre polo dedicato all'arte decorativa nel mondo (e primo museo a ospitare un luogo di ristoro, a partire dal 1856, per invogliare più persone a frequentarlo), che dal 18 maggio al 20 ottobre 2019 ospiterà la mostra Food: Bigger than the plate, concentrandosi sulle ultime sperimentazioni tecnologiche applicate alla filiera alimentare, in termini di produzione, preparazione del cibo nelle cucine professionali, gestione delle eccedenze sul mercato alimentare e nella sfera privata. Dunque testimoniando come il design possa rivelarsi alleato essenziale nel definire nuovi parametri di produzione e consumo improntati alla sostenibilità, al benessere e alla consapevolezza alimentare.
La mostra al Victoria & Albert Museum
Il percorso espositivo proporrà dunque una settantina di progetti che sviluppano il tema: soluzioni realmente ideate da designer e artisti al servizio di chef, industria alimentare, produttori agricoli, ricercatori e comunità in cerca di forme di aggregazione sociale legate al cibo. Progetti accomunati dal tentativo di spingersi oltre la comfort zone per suggerire alternative, talvolta provocatorie, alle dinamiche che regolano il rapporto dell'uomo con il cibo. Del resto, come dimostra la sezione che prende in prestito alcuni degli oggetti della collezione permanente del museo (tra i primi a proporre una sezione dedicata al cibo, già nel XIX secolo), nella storia del food design non sono poche le intuizioni che hanno precorso i tempi, e oggi sono ampiamente sdoganate.
Riciclo e agricoltura urbana
Quattro sono le sezioni che accompagneranno i visitatori in un viaggio interattivo attraverso gli ambiti di ricerca del food design: il Compost, sulle soluzioni al problema dello spreco alimentare, dalla riproduzione della urban mushroom farm di Grocycle (sono i fondi del caffè a garantire la crescita di funghi commestibili) al sistema di compostaggio casalingo perfezionato in India da Daily Dump; il Farming, con tutto quanto ruota intorno ai sistemi produttivi, dal Food Computer ideato dal MIT per ricreare le condizioni microclimatiche ideali che consentano la coltivazione in zone inospitali alle molteplici forme di agricoltura urbana. A questo proposito, anche la storia del luogo entra di diritto nella narrazione: un tempo, l'area poi destinata alla fondazione del Victoria and Albert Museum ospitava la Brompton Nursery, coltivata ad alberi da frutto, che sarà rievocata dall'installazione site specific firmata dal collettivo Fallen Fruit (secondo uno schema già visto a Palermo, per Manifesta 2018, a Palazzo Butera). A proposito di agricoltura che arriva in città, anche se riprodotta su carta da parati.
Distribuzione e cucina. Il cibo come fattore sociale, politico e culturale
La terza sezione, dedicata al Trading, pone l'accento sulla circolazione del cibo, e sull'evoluzione delle strategie di marketing e comunicazione; in questo spazio, prenderà forma il temporary bar allestito da Company Drinks, realtà londinese che invita la comunità a partecipare alla produzione di bevande da condividere. La quarta tappa, invece, si concentra sull'atto del mangiare (Eating), dalla preparazione al consumo di cibo, esplorando però la dimensione culturale e sociale del tema. È questa la sezione che dà spazio alle sperimentazioni di grandi chef come Ferran Adrià, ma anche alle invenzioni alimentari dei ricercatori, come la carne sintetica o la riflessione di Carolien Niebling sulla “salsiccia del futuro”, che indaga sul ruolo delle proteine alternative.
E anche il catalogo della mostra riserva qualche sorpresa, da scoprire alla sezione Ricette, inclusa per esplorare la dimensione culturale e sociale della cucina casalinga nel tempo. Tra le pagine, anche il Toltonnè di Fabio Parasecoli e Saverio De Luca, tratto dal ricettario della bisnonna di Fabio e preparato con il supporto di un'autentica cucina economica. A proposito di cultura gastronomica.
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a cura di Livia Montagnoli