Londra alla guerra dei fish and chips. Dichiarata da Vladimir Putin in persona. Uno dei piatti più amati dai britannici rischia di scomparire dai popolari baracchini a causa della decisione dell’autocrate russo di stracciare un accordo che da 68 anni consente ai pescherecci britannici di pescare il merluzzo nel mare di Barents, nelle acque territoriali russe.
Niente pesca del merluzzo
L’annuncio è stato fatto dalla Duma di stato russa, il parlamento di Mosca, che ha annunciato di aver posto fine bruscamente all’accordo sui diritti di pesca siglato nel 1956 dal Regno Unito e dall’allora Unione Sovietica che “ha concesso unilateralmente preferenze ai pescherecci britannici per operare in alcune parti del Mare di Barents, lungo la costa della penisola di Kola e lungo la costa dell’isola di Kolguyev”, ha detto mercoledì scorso il viceministro dell’Agricoltura russo Maxim Uvaidov durante una sessione della Duma. Una decisione a suo modo storica perché, come fa notare il presidente della Duma Vyacheslav Volodin, “è la prima volta che consideriamo la risoluzione di un accordo concluso in epoca sovietica”.
Si tratta naturalmente di una vendetta del regime putiniano contro uno dei governi che maggiormente si è impegnato a favore dell’Ucraina dopo l’aggressione russa iniziata due anni fa, fornendo armi e assistenza a Kiev e penalizzando l’economia russa con sanzioni di tipo economico, come una tassa del 35 per cento sulle importazioni di vodka e di rame. Putin colpisce i suoi nemici come può, ben sapendo che a volte fa più male l’attacco a un simbolo culturale (e in questo caso gastronomico) che una ritorsione politica. E poi il cibo non è un atto politico?
Fatto sta che l’accordo rischia di tagliare i viveri all’industria del fish and chips, il popolare piatto a base di merluzzo e patatine fritte che è da sempre una delle colonne (magari non sanissima) dell’alimentazione dei sudditi di Re Carlo. Si calcola che al massimo della diffusione di questa ricetta, esistessero 30mila baracchini in tutta l’isola che friggevano e servivano in carta di giornale questo irresistibile junk food, che anche nel corso della seconda guerra mondiale fu tra i pochi cibi a non subire le conseguenze dei razionamenti, allo scopo di non abbattere ulteriormente il morale dei cittadini. “Solo lo scorso anno in base all’accordo cancellato sono state catturate nel mare di Barents oltre 500mila tonnellate di pesce”, ricorda sadica Roza Chemeris, membro della commissione per gli affari internazionali della Duma, a sottolineare il peso della decisione.
Insomma, il fish and chips è la continuazione della guerra con altri mezzi. Per che la decisione della Duma sia stata presa su precisa e personale indicazione dello stesso Putin, e nessuno dalle parti della piazza Rossa nasconde che si tratti di una decisione dichiaratamente ostile nei confronti del Regno Unito e delle sue tradizioni. “Putin ha restituito la Crimea alla Russia – commenta acido Volodin - e passerà alla storia come il presidente che ci ha ridato il nostro territorio. Con una decisione completamente sua ha deciso di restituirci il nostro pesce che i britannici hanno mangiato impunemente per 68 anni”. Volodin usa anche il sarcasmo: “Gli inglesi così perderanno peso e diventeranno più intelligenti. Anche perché il merluzzo e altri pesci come l’eglefino costituiscono fino al 40 per cento della loro dieta”.
In realtà gli inglesi non sembrano così turbati dalla guerra del pesce dichiarata da Mosca. Secondo la NFFF (National federation of fish friers), che rappresenta l’industria britannica del fish and chips, non è poi così fondamentale il merluzzo pescato nel mare di Barents. “Non peschiamo così tanto lì – dice il presidente Andrew Cork -. C’è solo una nave, la Kirkella, che potrebbe farlo ma non naviga così lontano”. Insomma, siamo alle solite con Vladimir Putin: quella del fish and chips è soprattutto una guerra di propaganda. E passatemi la maionese.