Se non ti vedo non esisti. Nella società della performance sparire fisicamente o dai social vuol dire non esistere. Si è abituati a ultra condividere, e quando si viene meno a questa legge sociale si finisce per essere percepiti come assenti e privi di valore. Succede su piattaforme social, succede dal vivo. Accade anche nel mondo della ristorazione. Un ristorante vuoto è spesso concepito come triste, forse di scarsa qualità o con prezzi non accessibili nel quale non vale la pena fermarsi a mangiare. Specchio di questa percezione è la fila che si crea (o non si crea) fuori dai locali. I feed social sono pieni di video che documentano fiumane di gente in attesa anche ore per mangiare un piatto, assaggiare un panino. Ma perché si creano queste file e la gente è disposta a farle? Ma soprattutto: sono sempre vere? O non sono piuttosto una strategia di marketing?
I motivi delle file
I motivi per cui si è disposti a fare la fila sono principalmente tre. Il primo è la storicità del locale: posti come Trattoria da Nennella che opera dal 1949 o Antica Pizzeria da Michele dal 1870, entrambi a Napoli, registrano code da sempre, con costanza; stessa cosa succede a Roma – un esempio è Enzo al 29 o Pizzeria Ai Marmi – e in altre grandi città. In questi casi vale ancora il passaparola, il consiglio dell’amico affidabile o di un tour operator.
Il secondo motivo è legato all’effetto dei social. Ci sono attività nate grazie agli algoritmi: si crea prima il personaggio mediatico, come il caso di Donato De Caprio di Con Mollica o senza, diventato fenomeno social e poi imprenditore con apertura di locali fisici. E ci sono attività prese d’assalto “al contrario”, come nel caso di Farmacia del Cambio che ha visto aumentare la fila di gente dopo che il video di un influencer «ha registrato oltre 15milioni di visualizzazioni in cui mostrava i nostri prodotti, tra cui il croissant cubo», racconta Maria Ida Sica, store manager del posto. Infine, si è disposti a fare la coda perché il ristorante ha prezzi modici – alla Trattoria Sabatino a Firenze si può mangiare un primo anche a cinque euro e un secondo a sette, per esempio – o se ci sono iniziative di scontistica straordinarie, come è stato per il caso di McDonald’s che nel dicembre 2023 ha offerto al prezzo stracciatissimo di tre euro il Crispy Mc Bacon e il menu Large. Per non parlare della somministrazione di prodotti gratuiti alle inaugurazioni: ultimo il pizzaiolo Vincenzo Capuano che nell’aprile scorso ha offerto mille pizze gratis per l’apertura del nuovo locale di Bari.
La percezione delle code
La gente va dove c’è gente. Come spiega lo psicoterapeuta René Angeramo: «Le persone spesso tendono a seguire il comportamento delle masse: gli individui si sentono più sicuri nelle scelte che fanno se vedono che gli altri hanno fatto la stessa scelta prima di loro. Il fenomeno è noto come effetto del gregge. In contesti come ristoranti o bar, se un luogo è affollato, ciò può essere interpretato come un segnale di qualità superiore o più desiderabile, indipendentemente dalla sua effettiva qualità». A conferma di questo, Gianni Palombi di Ke Risto spiega: «In ottica di marketing ci sono dei locali che creano le file apposta. Questo avviene soprattutto in posti situati ad esempio nei centri commerciali. Capita di vedere ristoranti, magari franchising, in cui ci sono una decina di persone fuori, eppure il locale dentro è vuoto. L’hostess all’ingresso comunica al cliente che il suo tavolo è in preparazione, ma magari non è vero. Si fa entrare gente un po’ alla volta per far sì che rimanga sempre un gruppetto in attesa per dare la percezione della fila».
Esiste poi un effetto contrario. Alcuni locali appartenenti a catene in franchising, pur registrando il pienone e lunghe file, hanno il timore che la gente si stanchi e vada via. Lo spiega Palombi e in questo caso si adottano tecniche di distrazione: «Alcuni ristoranti prevedono un’area entrance, una piccola reception dove offrono stuzzichini free per gestire l’attesa». Tutto questo perché un locale vuoto è triste, spiega Angeramo: «Qui entriamo nella percezione del valore: un ristorante vuoto potrebbe essere percepito come inferiore o meno desiderabile, rispetto a un ristorante con una fila che potrebbe essere visto come quello che offra qualcosa di unico o superiore, e quindi vale la pena aspettare».
La fila social
Per prendere un panino da Con Mollica o senza a Napoli, Roma o Milano bisogna mettersi in coda anche per un’ora e trenta; se si vuole mangiare la pasta espressa fatta a mano dalle donne in vetrina di Osteria Da Fortunata a Roma la fila è di almeno un’ora; quarantacinque sono i minuti da camminare a passo d’uomo per assaggiare il croissant a forma di cubo o sfera di Farmacia del Cambio a Torino. I social sono diventati fonti per andare a cercare posti curiosi e provarli prima di tutti. Ed è così che grazie a un video andato virale si creano fenomeni quasi dal nulla. È il caso di All’Antico Vinaio, locale di schiacciate partito da Firenze e arrivato in decine di città in tutto il mondo come Las Vegas: il suo titolare, Tommaso Mazzanti, ha creato hype con la frase tormentone “Bada come la fuma”; o di Con Mollica o Senza che con i video del titolare Donato De Caprio che si riprende mentre taglia e farcisce panini ha creato un impero con tre sedi a Milano, Napoli e Roma: «Facciamo oltre mille panini al giorno, a Milano superiamo anche i millecinquecento».
«Lo scorso sabato abbiamo contato duecentotrenta persone in fila all’apertura» per prendere il croissant cubo o sfera di Farmacia del Cambio di Torino, dice Maria Ida Sica, store manager del posto. Ma perché accade tutto questo? Ce lo spiega Riccardo Pirrone, digital strategist e Smm di Taffo: «Molte persone fanno la fila fuori dai posti diventati famosi sui social per portarsi a casa un video: dà soddisfazione personale far vedere che si è in trend con quello che a oggi è considerata una cosa figa. La questione è andare da All’Antico Vinaio, ad esempio, e farlo sapere a tutti così tutti chiederanno qual è il parere. Insomma, si diventa un po’ opinionisti di quel prodotto/brand». E poi continua: «In questa dinamica gioca un ruolo fondamentale la Fomo (fear of missing out), quella forma di paura di essere esclusi e rimanere fuori, tutto amplificato dall’utilizzo dei social: si è spinti dal testare un prodotto che tutti hanno assaggiato tranne te».
Altro motivo per cui la gente partecipa soprattutto alle inaugurazioni di questi posti è il desiderio di conoscere il personaggio social: «perché è simpatico e si vuole fare una foto con lui – spiega Pirrone – e inoltre vogliono vedere se esiste davvero e sono contenti di conoscere qualcuno che seguono sui social che reputano anche in gamba perché ha aperto tanti punti vendita. Dopo l’inaugurazione la vera sfida è farli tornare e per questo serve un prodotto buono, il resto non conta più».
Passaparola e prenotazione
Il passaparola vale ancora. Come spiega Marino Niola, antropologo: «Trattoria Da Nennella a Napoli, ad esempio, è nato da un passaparola reale di persone che trovavano perfetta la combo tra sapori particolari e prezzi accessibili», e questo vale ancora anche per molti locali di Napoli che non prendono prenotazioni: vai e aspetti. Sorbillo, Da Michele, Concettina ai Tre santi: si può fare anche fila di oltre un’ora per stare comodi a mangiare solo venti minuti. Tutto è velocissimo e chi entra sa che l’esperienza al ristorante è completamente diversa. Tant’è che Pizzeria Da Michele, per far vivere un altro tipo di esperienza più rilassata ai clienti, a breve inaugurerà una nuova pizzeria dove si potrà accedere solo su prenotazione.
La fila (o meno) diventa un modus operandi. Molti locali non prendono prenotazioni perché desiderano avere la coda fuori per un fatto percettivo o per questioni organizzative interne. È il caso di Osteria da Fortunata a Roma a Campo de’ Fiori con almeno un’ora di attesa tutti i giorni. Basta, poi, girare l’angolo e trovare Hosteria Grappolo d’Oro situata a qualche metro di distanza, che non ha mai fila. Qual è la motivazione? Il primo non prende prenotazioni, il secondo sì. I sistemi sono diversi, come lo sono anche i target. Osteria da Fortunata è famosa fra turisti soprattutto stranieri che si recano perché gliel’hanno consigliato; Hosteria Grappolo d’Oro ha una storia diversa: è segnalata nelle maggiori guide gastronomiche italiane e funziona su prenotazione. I ristoranti lavorano a ritmo sostenuto entrambi, ma con criteri e target diversi.
La fila e come gestirla
«Per alcuni un panino vale più di un museo», spiega Niola, «Il miglior modo per conoscere la città è mangiarsela. Se vado in un museo vedo cose bellissime, ma io Caravaggio, Raffaello, lo posso trovare anche in altre città (altre opere, ndr), ma la pizza e la pasta, patate e provola napoletane le trovo così solo a Napoli». Locali che somministrano street food come All’Antico Vinaio o Con Mollica o Senza, sono dotati anche di servizio delivery dedicato con altro personale addetto: basta prenotare online e ricevere il panino o la schiacciata nel luogo che si desidera, addirittura in venti minuti. E allora, perché si fa la fila? Per vivere l’esperienza, fare la fila fa parte del pacchetto experience: l’hanno provato tutti, devo farlo anche io. I filaroli si appostano con pazienza e sorseggiano una birra, uno spritz, chiacchierano, in attesa di sedersi. Emblema di questa dinamica è quello che succede da Enzo al 29, nota trattoria di Roma dove è possibile vedere gente sorseggiare un drink o anche mangiare qualcosa, come spiega Roberto Di Felice, dello staff: «Le persone comprano e consumano in fila: mentre aspettano ordinano un carciofo take away e se lo mangiano fuori nell’attesa. Bevono anche qualcosa: ci sono bar e pub intorno da cui prendere un drink». Gestire le file è un altro lavoro: da Con Mollica o Senza ci sono diversi addetti alla sicurezza; i vigilantes comunicano anche con microfoni nel caso di All’Antico Vinaio a Roma. Buttafuori che diventano vigili e che smistano il traffico dei clienti cercando di creare ordine fra chi aspetta e i rider che devono ritirare la prenotazione per il delivery.
I locali antifila
C’è un aspetto che non è stato ancora preso in considerazione e che si lega strettamente al concetto di qualità: alcuni ristoratori sono contrari alla presenza di code di persone fuori dai propri locali. Di questo parere è Leonardo Leuci dello speakeasy Jerry Thomas di Roma: «Uno dei motivi per cui evitiamo la fila è perché averla andrebbe contro l’identità del locale, siamo uno speakeasy e vorremmo che l’esperienza rimanesse autentica: entro nel vicolo, non c’è nessuno e scopro con sorpresa il posto». Dello stesso parere è Gianluca Melfa dell’Argot di Roma: «La fila va molto lontano da quello che è il secret bar in cui l’esperienza comprende anche la ricerca del posto: ci devono trovare». Esiste anche un secondo motivo per cui Leuci e Melfa preferiscono non avere code fuori dai loro cocktail bar: «La fila crea caos e rumore», dice Leuci e «per rispetto del vicinano, cerchiamo di evitare di far stazionare gente. Se dicessimo a tutti quelli che arrivano senza prenotazione di aspettare, avremmo almeno trecento persone fuori». E Melfa conferma: «Siamo aperti da dieci anni e abbiamo sempre tutelato il vicinato».
Come si procede in questi casi per evitare la fila? Si va con la prenotazione, quando non c’è più posto si chiede alla clientela non prenotata di lasciare il nome e ripassare dopo un po’ di tempo per controllare se il posto è libero. Questo è anche un buon metodo per scremare i clienti e avere un target selezionato che si genera in modo quasi naturale; a tal proposito Melfa dice: «Apriamo alle 22, ed è già un orario inusuale. Inoltre, abbiamo anche una tessera annuale e non tutti sono disposti a spendere per l’ingresso». Chi rimane o prenota vuole esserci anche senza la “garanzia” di una fila interminabile.
Ancora convinti che “se non ti vedo non esisti”?