Avete mai sentito parlare di latte-fieno e latte nobile? Niente di trascendentale. È un prodotto antico, frutto di una tradizione ultra-millenaria e di una produzione il più naturale possibile. L’animale sgamba, sceglie quello che mangia. Il suo ambiente è il prato stabile, mai coltivato, ricco della vegetazione spontanea di quello specifico territorio, da sempre. Il suo menu è composto da vari tipi di erbe, essenze e fiori, oltre 60 in un metro quadrato: in un ciuffo non trovi un filo d’erba uguale all’altro. È questa molteplicità vegetale e floreale a garantire all’animale un’alimentazione completa, senza bisogno di altro, con ripercussioni positive sul profilo organolettico del latte, sui suoi aspetti salutistici, senza contare poi i risvolti ambientali, economici, sociali e di sostenibilità. Non a caso la transumanza nel 2019 è stata dichiarata patrimonio culturale immateriale dell’Unesco. Questo latte “di una volta” non è bianco, non è delicato, non è liquido come l’acqua. È giallo, ricco di gusto e aromi che cambiano secondo la stagione, in base alla diversità di erbe che si avvicendano nei pascoli. È una fonte preziosa di nutrienti e sostanze benefiche. È denso e corposo, un latte “vero” che quando lo bevi ti lascia i baffi bianchi.
Nel mensile di novembre Gambero Rosso, andiamo a conoscere questo latte (e i formaggi che ne derivano) attraverso le parole, le storie, gli indirizzi di chi lo produce e lo studia. Interventi, tra gli altri, di: Roberto Rubino, Roberto Furesi, Laura Cavallarin, Igles Corelli, Francesco Tiezzi, Giovanna Battelli, Antonio Difalco.
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parole di Mara Nocilla – scatti di Andrea Sabbadini