Carlo Ratti e il futuro del cibo
All'inizio dell'estate, su una delle terrazze più panoramiche di Milano, con vista sul Duomo, ha esordito il bar robotico progettato da Carlo Ratti per Mak'r Shak'r. Ma l'architetto torinese, professore al Mit di Boston e luminare della progettazione del futuro riconosciuto in tutto il mondo, ha sempre mostrato grande interesse per il settore del food tech (che presto avrà un nuovo incubatore di talenti proprio a Milano), coinvolto a più riprese nell'ideazione di soluzioni per ridurre l'impatto ambientale della produzione alimentare e di progetti incentrati sui valori di trasparenza e qualità della filiera. E sarà nuovamente Milano, l'8 e il 9 ottobre prossimi in occasione del Singularity University Summer, a ospitare la prima tappa di un tour che promuoverà in giro per l'Italia e nel mondo l'ultima idea concretizzata da Ratti per Eni, il Circular Juice Bar.
Il Circular Juice Bar. Dell'arancia non si butta via niente
Ancora una volta un progetto di grande impatto scenografico, ma sempre concentrato sulla necessità di promuovere i benefici di modelli evoluti di economia circolare. Applicati, anche stavolta, alla trasformazione e al consumo di cibo. Feel the Peel, come recita il claim del progetto, potrebbe così candidarsi a rappresentare il bar itinerante più sostenibile d'Italia. Un bar monoprodotto, per dir la verità, adibito alla produzione di spremute fresche d'arancia a scarto zero. Come dimostra il video che introduce il progetto, infatti, le bucce e gli scarti residui delle arance spremute sul momento, davanti al cliente, sono riutilizzate per produrre tazze usa e getta in fibra naturale, con l'ausilio di una stampante 3D che opera nel cuore nascosto del bar ipertecnologico. Tutti i passaggi, nel Circular Juice Bar, che per estetica ricorda una sorta di spremiagrumi di dimensioni imponenti (3.10 metri di altezza), sono automatizzati.
Le tazze stampate in buccia d'arancia
Al cliente che vuole ordinare una spremuta basta dare l'input alla “macchina”, che si mette in moto a partire dal colorato “cappello” di arance avvolte a spirale sulla sommità del bar, progettato per alloggiarne fino a 1500. Le arance necessarie sono spaccate a metà, e spremute per estrarne il succo, che confluirà nella tazza biodegradabile “stampata” utilizzando le bucce essiccate ben visibili nel cestello/acquario che funziona anche da bancone. Perché la stampante 3D possa utilizzarle, infatti, è necessario che le bucce siano essiccate, macinate e miscelate con polilattico, così da diventare bioplastica. Una volta scaldata, la bioplastica può essere “filata” e alimentare la stampante integrata all'interno della macchina, che stampa istantaneamente la tazza. Il progetto Feel the Peel, quindi, ben al di là del suo scopo funzionale, è il primo prototipo dimostrativo dei benefici della circolarità applicata a materiali di scarto potenzialmente riutilizzabili. E presto potrebbe includere nuove funzioni, come la stampa di tessuti per abbigliamento in fibre di buccia d'arancia.
a cura di Livia Montagnoli
foto di Nicola Giorgetti