Inizia un nuovo weekend di attesa per l’Italia, ancora divisa in zone colorate per scongiurare un lockdown nazionale. Per quanto si protrarrà ancora questo stato di cose lo scopriremo nei prossimi giorni (ore), quando avremo anche certezza delle ripercussioni sulle attività di ristorazione, che ormai in buona parte della Penisola sono ferme, ma continuano a lavorare a mezzo servizio nelle regioni in fascia gialla. Nel resto d’Europa e del mondo, intanto, sono molti i Paesi alle prese con la violenza delle nuova ondata di contagi. E nuovamente si fermano i ristoranti di mezzo mondo. Vediamo quindi nel dettaglio l’ennesimo aggiornamento di una situazione in continuo mutamento.
Francia
Dallo scorso 30 ottobre, in tutta la Francia, ristoranti, bar ed esercizi commerciali non essenziali sono chiusi al pubblico. Il provvedimento fa il paio con tutte le limitazioni imposte dal governo francese per arginare una situazione ormai fuori controllo dalla fine dell’estate, dopo aver sondato l’efficacia di chiusure parziali e coprifuoco. L’annuncio dell’ultimo ora è che, ancora per due settimane, il lockdown proseguirà, a fronte di un incremento di contagi giornaliero che ancora si attesta oltre le 30mila unità (anche se il numero di decessi continua a essere più basso di quello italiano). Ancora per quindici giorni, dunque, bar, ristoranti e attività non essenziali resteranno chiusi. E ora il governo non esclude l’eventualità di prorogare la chiusura oltre il 1 dicembre, almeno fino a Natale.
Spagna
In Spagna, è la regione della Catalogna a mantenere la linea di condotta più rigida nei confronti dell’emergenza sanitaria. Nonostante i tentativi di raggiungere un compromesso da parte delle associazioni di categoria, a Barcellona e in tutta la regione bar e ristoranti resteranno chiusi almeno fino al 22 novembre, quando si valuterà se consentire una graduale ripresa, passando inizialmente per la riapertura di terrazze e dehors. In totale, dunque, le attività di ristorazione catalane sconteranno almeno 40 giorni di stop, a fronte delle promesse dell’esecutivo, che alla metà di ottobre aveva richiesto uno sforzo di due settimane, per il bene della collettività. Il sindacato ha già manifestato la sua contrarietà, richiamando il modello seguito a Madrid, dove le attività non sono mai state costrette a chiudere dopo la fine dell’estate, salvo limitare l’orario alla mezzanotte. Nella regione d’Aragona, invece, le attività di ristorazione devono chiudere entro le 22, in Andalusia alle 18. Ma il resto del Paese sta progressivamente varando misure più restrittive: nei Paesi Baschi, dove già vigeva il coprifuoco alle 22, bar e ristoranti resteranno chiusi per un mese, a partire dallo scorso 7 novembre. In Navarra e Galizia, invece, il coprifuoco scatta alle 23, ma bar e ristoranti saranno fermi per le prossime due settimane.
Stati Uniti
A New York, dopo un lungo periodo di stop e la riapertura estiva dei dehors, il sindaco Bill De Blasio non ha mai consentito la ripresa a pieno servizio della ristorazione, costretta fino a pochi giorni fa, a rispettare un limite massimo di capienza indoor pari al 25% del totale. Il nuovo picco dei contagi, però, porta a un ulteriore inasprimento, con Andrew Cuomo che annuncia il primo vero coprifuoco sperimentato dalla città: alle 22, ristoranti e bar con licenza per la vendita di alcolici dovranno chiudere categoricamente. “Questa è la nostra ultima chance per fermare una seconda ondata. Possiamo farlo, ma dobbiamo agire ora”, ha twittato Bill De Blasio, preoccupato per gli imminenti festeggiamenti del Thanksgiving. Per scongiurare le rimpatriate di famiglia, con le ultime restrizioni è stato anche fissato a 10 il numero massimo di persone che possono riunirsi in casa. Più seria la situazione a San Francisco, dove partire dal 13 novembre i ristoranti chiudono nuovamente gli spazi indoor (finora operavano al 25% della capienza, con l’auspicio di tornare presto al 50%). Potrebbe aver pesato sulle decisioni anche l’ultimo studio pubblicato su Nature, che ha fatto il giro del mondo e lega il più alto rischio di contagio alla frequentazione di ristoranti e palestre. Dal canto suo, il virologo Anthony Fauci rende noto il suo sostegno alla ristorazione invitando tutti a ordinare cibo a domicilio per supportare le attività del proprio quartiere.