«La gallina non è un animale intelligente. Lo si capisce, da come guarda la gente», cantavano Cochi e Renato nei primi anni Settanta, eppure c’è chi è pronto a sfatare questo falso mito: «Le galline non sono stupide, sono intelligentissime, fanno tutto quello che insegni loro: quando sorge il sole sanno che devono uscire dal pollaio, sanno dove deporre le uova, dove mangiare e al tramonto rientrano da sole. E poi sono molte affettuose, quando ti avvicini ti riconoscono», racconta Greta Cilia, referente marketing e comunicazione di Galline Felici, allevamento romano di galline che spiega tutto quello che c’è da sapere su uova e galline.
Varietà di galline e uova
Esistono oltre duecento varietà di galline e solo in Italia ne circolano circa trenta (esistono anche le galline ornamentali tenute come animali domestici, vedi la moroseta). Le più gettonate sono le galline livornesi con piumaggio bianco e che producono uova con guscio bianco, per l’appunto; e quelle Isa Brown che sono le ovaiole più conosciute. «Le uova con guscio bianco delle livornesi hanno un tuorlo più grosso, più arancione e contengono meno quantità di albume». Presentano una quantità di grassi leggermente inferiore rispetto alle uova prodotte da varietà Isa Brown con guscio roseo comune, e sono leggermente più digeribili. Quelle a guscio bianco, sono lievemente più dolci rispetto alle altre che hanno un odore un po’ più forte. «Gli chef a cui vendiamo le uova ci spiegano che quelle delle livornesi le usano per fare dolci dato che il colore del tuorlo è più acceso e contengono meno albumina, i preparati vengono fuori più gialli e ci riferiscono che montano anche un po’ meglio. Le classiche con guscio roseo vengono usate per frittata, uova al tegamino. Per la carbonara, ad esempio, alcuni clienti usano le uova a guscio bianco per dare il colore giallo vivo, e le altre per dare più forza e un sapore deciso».
Etichetta delle uova: come leggerla
Le uova sono marchiate con dei codici che fanno riferimento all’origine del prodotto. Il primo numero può essere 0, 1, 2, 3: «Lo zero indica che l’uovo è biologico e le le galline vengono alimentare con mangime biologico; 1 indica allevamento all’aperto free-range dove le galline razzolano fuori e rientrano nel pollaio solo per dormire; 2 allevamento a terra dentro dei capannoni chiusi; 3 indica l’allevamento in gabbie chiuse», spiega Greta Cilia. Dopo il numero di allevamento viene indicata la nazione di produzione, dove IT sta per Italia. Dopo si susseguono altri tre numeri «che indicano il codice del comune di produzione, le altre due lettere indicano la provincia e i tre numeri finali sono l’indicazione dell’allevamento di produzione». Infine, sotto i codici identificativi dell’allevamento viene segnalata la data di scadenza.
Data di scadenza
La durata è di circa 28 giorni, come spiega Greta Cilia: «Le uova sono un alimento molto delicato e bisogna stare attenti perché possono causare problemi se non sono fresche o se vengono mangiate crude. Per legge, entro i 9 giorni da cui è stato deposto si considera prodotto extra fresco. Ogni tot mesi, secondo il calendario dell’Asl, si prelevano dei campioni di feci delle galline che vengono analizzati per controllare anche se c’è rischio di salmonella, ad esempio».
Come si conservano le uova
Essendo un alimento molto delicato, le uova vanno conservate adeguatamente. Se fresche, entro i primi 10 giorni dal deposito, è bene tenerle fuori dal frigo, come spiega Greta Cilia: «In modo tale che non subiscano sbalzi di temperatura che possono portare anche alla creazione di batteri. Ovviamente non vanno tenute vicino a fonti di calore. Passati i 10 giorni, è possibile riporle in frigo: è consigliabile metterle nello scomparto uova con sportellino perché avendo un guscio poroso, potrebbero assorbire gli odori degli altri alimenti e cambiare anche sapore». E va da sé che per la questione del guscio poroso, le uova non vanno lavate ma passate con una pezzetta umida. Bisogna sempre considerare che «è difficile che le uova del supermercato siano sporche: spesso le uova vendute nella Gdo provengono da grossi stabilimenti dove le uova non toccano mai terra perché deposte in un rullo pulito. Nei pollai naturali, come il nostro, invece, è tutto meno industrializzato, non c’è un rullo che trasporta le uova e tutto viene raccolto a mano ed è possibile che si trovino residui di feci e fango», dice Cilia.
Allevamenti intensivi e non
Come già spiegato, esistono vari tipi di allevamento. Il meno indicato, sia per un fatto etico verso gli animali sia per un fatto nutrizionale delle uova, è quello intensivo in gabbia, indicato sull’etichetta delle uova con il numero 3: «Le galline sono in gabbie chiuse di ferro, sono una decina a gabbia, restano schiacciate per tutto il tempo, immobili, vengono iperstimolate con la luce che rimane accesa per tutto il giorno, o con la musica», racconta Greta Cilia e poi continua: «stressando le galline in questo modo – che spesso si beccano, si uccidono fra loro, diventano isteriche – le stesse sono propense ad ammalarsi più frequentemente ed è per questo che spesso vengono imbottite di antibiotici». Ma quante uova vengono prodotte da una gallina? Come spiega Cilia: «quelle iperstimolate di allevamenti intensivi ne depositano anche fino a quattro al giorno, una gallina che non subisce costrizioni e non è stressata, normalmente ne produce una ogni 26 ore».
Tutto quello che mangia la gallina e il suo stile di vita si ripercuote sulle uova, quindi sulla qualità nutrizionale: «Se mangi l’uovo di una gallina che per un anno è rimasta sveglia con luce accesa in una gabbia piccola dove tutto il giorno produce uova e viene riempita di antibiotici, immagina cosa ti stai mangiando». Anche il mangime è fondamentale: in un allevamento biologico le galline sono alimentate con mangimi biologici controllati: «Nel nostro allevamento (di genere 1, ndr) le galline si nutrono con mangime sano che contiene anche gusci di ostriche, una serie di granaglie e considerando che le galline razzolano per tutto il giorno, mangiano anche erbette ramoscelli, vermetti, beccano le pietre e tutto questo conferisce all’uovo un sapore particolare che non si trova nelle galline da allevamenti intensivi».