Mentre le ultime note della canzone continuano a rimbalzare tra le pietre antiche della Chiesa di San Francesco a Udine, Vinicio Capossela, ancora seduto al tavolo, alza lo sguardo. Anche per lui, veterano dei palchi, lo spettacolo che gli si staglia davanti deve essere particolarmente emozionante. Qualsiasi musicista infatti, dopo quasi due anni di stop obbligato lontano dai palchi, deve apparire quasi mistico il ritorno del pubblico, benché ancora mascherato. Ma non è tutto qui: affianco al “re della cantina”, al “vampiro nella vigna” come si autodefiniva il cantautore in una sua celebre canzone, siede infatti Josko Gravner, seguito dal pubblico con lo stesso sguardo che si riserva alle rockstar. E a sentirlo parlare dell’etica che ha deciso di imprimere ai suoi vini, della passione che spera di aver trasmesso ai giovani vignaioli, si capisce perfettamente la citazione omerica che Capossela ha proposto poco prima: “il vino è ciò che distingue per i greci la civiltà dalla barbarie: l’uomo civilizzato convive con il vino, senza farsene sopraffare, mentre il barbaro ne abusa fino a diventarne schiavo, fino a farsene accecare, come racconta il senso più metaforico della storia di Polifemo”. E se questo concetto pare giusto per chi beve, nelle parole di Gravner si coglie come la stessa filosofia si possa applicare al lavoro in vigna, che delle volte per andare avanti deve guardare indietro.
L’idea del progresso e del tempo come qualcosa di lineare, proiettato in avanti, pare essere stata rimessa in discussione per ognuno di noi in questi mesi di clausura forzata, mesi in cui abbiamo dovuto riscoprirci esseri fragili e al contempo destinati a ricercare il piacere e la socialità, il cui vero valore pare essere percepibile solo attraverso la propria assenza.
Ein Prosit 2021. Il ritorno
Proprio per questo il ritorno di Ein Prosit a Udine, evento cornice dell’incontro sopra raccontato come di moltissimi altri, assume quest’anno un valore speciale. È il ritorno del pubblico, dei commensali, del pane condiviso e del confronto verbale. Certo, qualche evidenza di quel che abbiamo passato c'è, principalmente nei perimetri ravvicinati e nell'orizzonte nazionale di un evento che ci aveva abituato a importanti presenze straniere. È un ritorno appena più riservato, che questa volta si ripropone di indagare nei confini domestici ma che non rinuncia al confronto, al gioco, all'imprevisto calcolato. È così che si srotola la manifestazione che si muove tra jam session e monografie.
Le cene di Ein Prosit
Poco prima della cena a quattro mani proposta sul campo neutro del sorprendente ristorante Vitello d’Oro, gli chef Giuseppe Iannotti di Krèsios e Matias Perdomo di Contraste sembrano due ragazzini felici: anche semplicemente il confronto con un collega, l’assaggio di un sapore nuovo, o la riscoperta di un piatto signature, prendono qui a Ein Prosit un valore speciale. Forse anche per questo i due cuochi decidono di non firmare le portate in menu, lasciando al pubblico di appassionati il piacere di godere dei contrasti e delle preferenze in maniera completamente staccata dalla mano che le ha create.
È solo una delle cene - ogni giorno se ne svolgono 4-5 in contemporanea - nella serata che chiude una kermesse che ha messo insieme personalità gastronomiche (e non solo) diverse. Con l'idea di fondo che sono gli incontri, i contesti, l'occasione a dare forma ai risultati. Camanini con Klugman può essere diverso da Camanini con Genovese?
E la cena firmata Floriano Pellegrino, sarebbe stata diversa se invece del Vitello d'Oro, con i suoi toni vagamente dark, i tavoli di legno imponente e i dettagli dorati, si fosse tenuta nell'ambiente luminoso di Agli Amici dal 1887 di Emanuele Scarello o in quelli ancor più lievi dell'Argine a Vencò? E la musica, poi? È sempre Pellegrino che ha imposto la colonna sonora come una Bros' atmosphere ad alto tasso di decibel. E il camino acceso di Trattoria al Grop quanta parte ha avuto in quella cena firmata Eugenio Boer, omaggio all'autunno ormai inoltrato che si snodava tra castagne e topinambur? Insomma in che modo spazio, incontri, contaminazioni incidono sulla cena? Ein Prosit pesca dal mazzo la carta della possibilità, con l'imprevisto come valore da giocare per portare a casa un risultato più ricco di prospettive e angolature dei singoli addendi seppur di gran valore?
Gli appuntamenti di Ein Prosit
Lo spirito di questa manifestazione, giunta ormai alla sua ventiduesima edizione, si coglie proprio in questi dettagli: un mix di cultura gastronomica capace di affrontare tematiche più serie (come ad esempio il seminario dal titolo “Il cinghiale, minaccia o opportunità?”) fino a quelle più didattiche incentrate sulla scoperta dei vini, degli oli, dei pani, con un meravigliosamente ovvio focus sul Friuli Venezia Giulia, regione ospitante e partecipe del successo della kermesse.
Accanto alle magnifiche verticali e orizzontali di vino proposte, capaci di spaziare per tutta la penisola e oltre (Armando Castagno ha portato in Borgogna, tanto per dirne una), scopriamo anche un’Italia sempre meno tradizionalista, assetata di conoscenza su mondi trasversali come il Sakè e la birra, sempre meno co-primari e sempre più come parte integranti delle carte dei vini. E non solo: coprotagonista di molte cene di Ein Prosit è Dom Carella, bartender di calibro intercontinentale che (per nostra fortuna) da un anno a questa parte ha deciso di rientrare su Milano con il suo straordinario cocktail bar Carico, che senza proclami strillati e ricerca di attenzioni forzate si è imposto nel panorama nazionale come vero anello di congiunzione tra la cucina e il bar.
Ein Prosit. Lo spirito della manifestazione
C’è posto per tutti in questa Udine divenuta per qualche giorno il centro gastronomico d’Italia: grandi cuochi, produttori di miele e di vino, contadini e cantanti, giornalisti e istituzioni. Vedendo gli addetti ai lavori girare per le strade ciottolose del centro, nel freddo pungente del cuore dell’autunno, non si possono non notare i sorrisi. Ein Prosit infatti è il segno del ritorno degli eventi in presenza, per molti è occasione di rincontrarsi dopo mesi o addirittura anni di distanza. Niente più tasting di vino su zoom o cene anticipate per il coprifuoco. Cuochi che finalmente tornano a esprimersi ai fornelli, e non a essere intervistati per un’opinione sulla situazione pandemica e le chiusure e le riaperture. Ma oltre agli addetti ai lavori, è la città a rispondere in maniera sorprendente: un pubblico affamato di vita, di gusti e sapori, di tornare a uscire e a godere della normalità. Cene ed eventi sono stati riempiti dall’entusiasmo dei friulani e questo è forse il messaggio più bello che Ein Prosit 2021 ha da lasciarci.