George Washington aveva la sua ricetta segreta. Ecco come l'Eggnog è tornato di moda in Europa

24 Dic 2024, 12:01 | a cura di
L’Eggnog, a base di uova, è un classico delle feste, nato in Europa e reso famoso dalle tradizioni dei coloni Usa: così è tornato popolare anche nel Vecchio Mondo

“Un quarto di panna, un quarto di latte, dodici cucchiai di zucchero, una pinta di brandy, mezza pinta di whisky di segale, mezza pinta di rum giamaicano, un quarto di pinta di sherry. Unite prima i liquori, poi separate i tuorli dall’albume delle uova, aggiungete zucchero ai tuorli sbattuti. Versate lentamente il latte e la panna mentre mescolate. Montate gli albumi a neve e incorporate lentamente con il composto. Lasciate riposare per alcuni giorni in un luogo fresco. Bevetene di frequente”. Così George Washington voleva il suo “eggnog”, la bevanda delle festività americane per eccellenza, libagione obbligatoria nel periodo delle feste, trionfo stagionale di cannella e grassi saturi, ma anche simbolo patriottico che il primo presidente americano serviva a governanti e dignitari in visita nelle sue residenze di New York e Philadelphia, prima ancora che la Casa Bianca fosse costruita.

La ricetta di George Washington

Nella ricetta che il presidente scrisse di suo pugno per i posteri manca soltanto la quantità di uova. Considerando le proporzioni, gli esperti dicono che dovevano essere almeno una dozzina. L’idea non proprio dietetica di mixare latte, uova sbattute, zucchero e alcol veniva dall’Europa, certo, ma la consacrazione avvenne nel Nuovo Mondo, probabilmente perché nell’America degli spazi sterminati e delle fattorie le uova erano più comuni che nel vecchio mondo, dove a lungo sono state un’esclusiva dell’aristocrazia. Anche gli inverni rigidi del nord degli Stati Uniti devono avere avuto un ruolo nella sua diffusione. Prima che la divinità americana della refrigerazione ordinasse che la Repubblica fosse riempita di macchine per il ghiaccio, a lungo l’eggnog è stato consumato caldo o tiepido, seguendo una consuetudine che si trova ancora oggi in varie parti del Nord Europa e soprattutto in Islanda, dove l’eggnog è servito caldo, come dessert.

Dal Posset al drink dell'America coloniale

Il britannico “posset”, bevanda fermentata mischiata con il latte, è probabilmente un lontano progenitore medievale dell’eggnog. In alcuni monasteri europei si trovano tracce di cocktail fatti con il posset e l’aggiunta di uova e fichi, per arricchire l’intruglio di zuccheri e proteine. La nobiltà inglese ne fece una prelibatezza altolocata da servire con sherry e spezie, ma la diffusione su larga scala avvenne nel XVIII secolo, quando si affermò come cocktail simbolico dell’America coloniale. Lo sherry, il brandy e i loro odiosi dazi imposti dalla madrepatria furono abbandonati in nome del rum caraibico a basso costo e altri distillati della canna da zucchero. La sua storia è indissolubilmente legata a quella degli schiavi deportati dall’Africa nei Caraibi e poi in Nord America. Era una bevanda energetica diffusa durante il lavoro nei campi e poteva essere composta con qualunque distillato. È una faccenda così americana che si è diffusa in diverse varianti in altre parti del continente: i messicani bevono il “rompope”, i portoricani usano il latte di cocco e fanno il “coquito”, i peruviani montano l’uovo per mischiarlo al pisco.

L’origine del nome è incerta. “Egg” è la parte su cui non ci sono dubbi, ma “nog” potrebbe essere un derivato di “grog”, il modo piratesco in cui venivano chiamate le varianti più sgraziate del rum e che ancora più anticamente indicava una particolare birra molto alcolica e pastosa, diffusa in Inghilterra; oppure potrebbe venire dal termine “noggin”, una coppa di legno usata per varie misture alcoliche. Entrambe contengono elementi di verità.

Binomio imprescindibile

Forse è stata la presenza delle spezie – cannella, noce moscata, chiodi di garofano, ma è lecito improvvisare – a renderla un classico delle festività nel calendario della vita americana che è una sequenza interminabile di feste, ciascuna con i suoi rituali e i suoi sapori: l’eggnog è un elemento trasversale, può fare capolino nelle ultime propaggini di Halloween, esaltarsi al Thanksgiving per poi dispiegarsi compiutamente a Natale, bevuto in tazza, mentre in sottofondo vanno i classici canti di Natale e il signor Scrooge inizia a ravvedersi.
A questa bevanda è legato il racconto di un’epica rissa fra i cadetti di West Point la vigilia di Natale del 1826, quando i militari avrebbero voluto bere un goccio della bevanda che per tutti gli americani sa di casa e festa. I superiori avevano rigorosamente vietato gli alcolici, così quando qualcuno è riuscito chissà come a fare entrare sottobanco del whisky nella base, è stato subito versato, per camuffarlo, nella base analcolica dell’eggnog. Risultato: ubriacatura di proporzioni storiche, con conseguente rissa da saloon. Alla fine della serata, 70 reclute erano state arrestate.

A ogni famiglia il suo Eggnog

Nella versione romantica e tradizionale, ogni casa ha la sua ricetta dell’eggnog: il particolare mix di spezie, le quantità di uova, le proporzioni fra latte e panna, la scelta del liquore di riferimento, l’aggiunta aromatica di un tocco di vaniglia, scorza di limone o altro. L’altra grande scelta è sul modo di montare le uova: generalmente si sbattono separatamente albumi e tuorli per poi incorporarli con gentilezza alla fine per ottenere un effetto cremoso, ma c’è chi mescola tutto insieme per avere un cocktail più liquido. Di recente, l’eggnog ha incontrato la mixologia e ne sono nate variazioni interessanti. Il Baltimore Eggnog è preparato con una base di Cognac e Rum giamaicano, mentre il Rum Flip firmato dal bartender Allen Katz prevede di shakerare l’uovo intero a mano, senza agitazione meccanica. Un classico delle festività è il Tom & Jerry, ricchissimo cocktail con uovo sbattuto intero e estratto di vaniglia creato nel 1820, poi diventato il capostipite di miriadi di variazioni. Nella versione del leggendario mixologo Dale DeGroff la base è composta per metà da bourbon e per metà da brandy fruttato: si chiama Uncle Angelo’s Eggnog (a pagina 175 vi proponiamo la ricetta del Porto Flip nella variante di Julian Biondi).

Cocktail ready-to-drink e iper industriale

Ma per decine di milioni di americani l’eggnog non è una sofisticata mistura servita da tizi con la barba in bar con i divanetti di pelle. È il cartone comprato al supermercato, la tanica di plastica da un gallone, è il trionfo del processo industriale, dell’omogeneità e dei conservanti. Ogni anno si vendono circa 56 milioni di litri di eggnog confezionato, secondo i dati raccolti dall’American Egg Board, un’associazione che fa lobbying per l’industria delle uova, e nel cuore più ruvido dell’America si rivendica con un certo orgoglio l’appartenenza della bevanda alle classi popolari. Con una manciata di dollari si compra il sapore del Natale, non serve un master in scienze alimentari per afferrare il concetto. Certo, sugli gli scaffali si trova un po’ di tutto. Addirittura la US Food and Drug Administration, l’agenzia che regola il mercato alimentare, dice che si può vendere come eggnog un composto che contiene soltanto l’1 per cento per cento di tuorlo d’uovo, mentre deve necessariamente avere il 6 per cento di grassi da latticini, praticamente una bevanda al latte con un remotissimo retrogusto di uova.

L’Eggnog si fa anche veg

Naturalmente, la letale combinazione di latte, uova e grassi ha mandato in crisi la cultura dell’eggnog, che vive in un contesto culturale dove i colossi del latte vanno gambe all’aria, gli allevamenti sono “luoghi di sofferenza e sfruttamento” e la gente è alla ricerca di alternative vegetali ed eticamente sostenibili. È nato così il mercato alternativo dell’eggnog vegano, talvolta anche analcolico. Latte di avena, mandorla o anacardi hanno la densità adatta per ricreare la consistenza cremosa, mentre la parte dell’uovo montato a neve si può ricreare con la fecola di maranta o altri addensanti. Tutto molto vegetale e dietetico (a parte il whisky, s’intende). Decine di marchi hanno lanciato sul mercato basi per eggnog vegano alle quali si può aggiungere liquore a piacere, e il latte di avena è tra le opzioni più battute. Tutto questo rimettere in discussione ingredienti e filiere ha determinato una certa flessione nel consumo di eggnog, che però sta trovando altre forme per rimanere sulle tavole imbandite durante le feste. Ogni americano sa che senza eggnog non è fino in fondo Natale.

Made in Italy: Vov, Zabov e Bombardino...

Anche in Italia ci sono liquori a base d’uovo che possono essere considerati parenti dell’Eggnog, anche se nessuno è associato in modo particolare alle feste natalizie. Il più antico e famoso è naturalmente il Vov, lo “zabajone confortante” con Marsala inventato dal pasticcere padovano Gian Battista Pezziol nel 1845 e approvato dalla corte di Vienna, con tutta la visibilità che ne derivò. Il suo principale competitor è lo Zabov, prodotto dalle Distillerie Moccia, che ha provato a distinguersi dal concorrente mettendo il brandy al posto del Marsala, cosa che in effetti lo ha proiettato verso Nord, dove un pezzo di mercato è occupato anche dall’olandese Advocaat. Su tutto l’arco alpino (e molto oltre) è ormai consolidata la ultra-cinquantennale presenza del Bombardino, bevanda a base di zabaione, panna, caffè e brandy nata nella baita del Mottolino, in provincia di Sondrio, negli anni Settanta, quando un improvvisato zabaione corretto e servito caldo ha fatto strabuzzare gli occhi di un cliente entusiasta. Bastò quella reazione a far capire che l’invenzione aveva funzionato.

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