Il mercato di Rialto a Venezia
Ai tempi di Marco Polo, il mercato di Rialto, a Venezia, doveva essere uno dei simboli della potenza commerciale della città. E un documento scoperto di recente dal professor Luca Molà, docente di Storia del Rinascimento, attesta un investimento ingente (400 ducati) che proprio il mercante più celebre della storia della Laguna aveva sottoscritto nei primi anni del Trecento, ormai ultrasessantenne, scommettendo sull’attività di un commerciante di Rialto. All’epoca, insomma, l’area mercatale fondata già alla fine dell’XI secolo era il cuore pulsante di una comunità che del commercio ha fatto la sua bandiera, proliferando sui traffici con l’Oriente. Il tempo però ha mutato la vocazione della città, che oggi è una delle più originali punte di diamante del circuito turistico italiano, e costantemente presa d’assalto da visitatori in arrivo da ogni parte del mondo. Molti, spinti dal fascino del luogo, arrivano nei pressi delle Pescherie di Rialto per non perdere l’opportunità di riportare a casa uno scatto di uno degli scorci più celebri di Venezia. Ma dello storico mercato è rimasto ben poco, e l’atmosfera brulicante di un tempo ha ceduto il passo al folclore, mentre la maggior parte delle attività hanno chiuso i battenti. I dati raccolti dall’associazione civica Gruppo 25, impegnata nella tutela della città, parlano di un drastico calo degli affari: sono una ventina i banchi ortofrutticoli rimasti, a fronte degli 84 di circa 25 anni fa; solo due le macellerie sopravvissute nell’area, che negli anni Cinquanta ne contava una trentina. E di pescivendoli, vanto del mercato sull’acqua, ormai ne sono rimasti solo 6.
La rinascita del mercato
Anche Rialto, dunque, è diventato suo malgrado una causa da perorare contro il degrado del turismo di massa che sembra aver rubato alla città la sua anima più autentica. E l’attenzione degli ultimi mesi si è concentrata sull’edificio più rappresentativo dell’area, quel Palazzetto della Pescheria realizzato solo all’inizio del Novecento in stile neogotico dall’architetto Domenico Rupolo per ospitare il mercato ittico in uno spazio coperto, con la caratteristica loggia affacciata sul Canal Grande. Qualche anno fa il Comune affidò l’edificio ai Musei Civici, con l’obiettivo di farne uno spazio espositivo dedicato alla storia della Serenissima; del progetto non si fece più nulla, e la Pescheria ha finito per diventare la sede ideale per feste ed eventi privati affittata a caro prezzo negli orari pomeridiani e serali. Eppure in tanti oggi si muovono perché lo spazio sotto il loggiato e il piano superiore del palazzetto novecentesco possano presto ospitare un polo culturale con destinazione mista: museo dedicato al commercio veneziano da un lato, spazio commerciale con finalità culturali dall’altro, con l’intenzione di riportare sui banchi i prodotti tipici della Laguna, e cucinarli sul luogo. Il progetto non è lontano da quelli che in molte città d’Italia e d’Europa hanno portato alla nascita di mercati gastronomici di respiro moderno. E punta sulla possibilità di restituire alla città uno spazio altrimenti destinato al degrado, che invece potrebbe diventare nuovo centro d’aggregazione, scommettendo anche sul valore delle tradizioni gastronomiche.
Mercato gastronomico e polo museale
Dunque al piano terra (ri)sorgerebbe un nuovo mercato ittico, sopra, invece, un padiglione dedicato al cibo e al commercio, che al percorso museale incentrato sulla storia dei traffici e della produzione associ attività di ristorazione veloce. Presentato ufficialmente qualche giorno fa all’Ateneo Veneto, il progetto è sostenuto da docenti universitari, associazioni civiche, urbanisti ed esercenti, che non si rassegnano al declino del mercato; e ha raccolto l’adesione del sindaco Luigi Brugnaro. Ora però sarà necessario trovare finanziamenti per foraggiare la trasformazione del palazzetto, che si stima potrà costare tra i 7 e i 10 milioni di euro. Alla testa del movimento, i tre docenti che sostengono l’opera – oltre al professor Molà, anche Donatella Calabi e Paolo Moracchiello, sostenuti da un comitato scientifico che riunisce professori della Sorbona, Ca’ Foscari e Cambridge – si dicono fiduciosi che dopo sei anni di abbandono la Loggia delle Pescherie possa tornare a rinascere.
a cura di Livia Montagnoli