Paolo Vai, morto lo chef di Aosta
È passato poco meno di un anno dall’ultima chiacchierata con Paolo Vai. Una bella intervista al cuoco che ha fatto la storia della ristorazione ad Aosta, lui che in cucina era entrato giovanissimo, dopo un periodo da operaio alle acciaierie di Cogne, per non lasciarla più. In tanti decenni di onorata carriera, Vai ha visto cambiare un’epoca. Dagli esordi nella grande hotellerie francese, anche al fianco di mostri sacri come Paul Bocuse, alla guida del Cavallo Bianco, il mitico ristorante nel centro di Aosta che aveva rilevato nel 1967 e presto fu riconosciuto dalla critica - con le due stelle ottenute a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta – e frequentatissimo da grandi personalità di allora. Tra i clienti abituali del Cavallo Bianco, che Vai gestirà con suo fratello Franco fino al 1992, si ricordano tra gli altri la famiglia Agnelli, la regina Maria Josè e altre teste coronate, tanti vip di passaggio in città. Poi, alla fine dell’avventura, i fratelli Vai si trasferirono a Courmayeur, presso l’Hostellerie Du Cheval Blanc; e a seguire in diverse località turistiche della valle, prima di rientrare ad Aosta, per gestire la cucina che l’ha visto protagonista fino all’ultimo, quella del Bar à Vin, dove ha lavorato ancora negli ultimi mesi, nonostante la malattia che lo affliggeva da tempo, circondato dall’affetto della sua famiglia, che lo accompagnava anche sul lavoro, e ora continuerà a gestire il locale.
Divertimento e costanza. Paolo Vai in cucina
Due giorni fa, all’età di 78 anni (ne avrebbe compiuti 79 a dicembre), Paolo Vai è scomparso. Ci piace ricordarlo con un passaggio di quella intervista di un anno fa, quando interpellato su Aosta ci raccontava la sua città e i suoi posti del cuore. Perché dietro al ricordo di una vita dedicata alla ristorazione si legge l’energia di un professionista che non ha mai smesso di divertirsi, alla guida del Cavallo Bianco, come nella “microcucina delle Barbie del Bar à Vin”: “Gli anni del Cavallo Bianco erano ancora pionieristici per l’alta ristorazione” ricordava lo chef “ma strabordanti di stimoli e di spirito d’iniziativa”. E così il passato recente: “Quello è lo spirito che mi appartiene ancora; alla soglia degli ottanta continuo a spassarmela, ma in un posto diverso, moderno, meno convenzionale del canonico ristorante. Il nostro è un locale tarato sul benessere dei clienti, e i gestori sono meticolosi e preparatissimi selezionatori del meglio, pescando in primis dal patrimonio regionale e poi da ovunque possano arrivare insaccati, salumi, formaggi, conserve e vini straordinari”. Una bella lezione sul senso di una professione che, come amava ripetere Paolo Vai, richiede costanza. “Un esempio per i nostri giovani allievi di come si deve interpretare la nostra professione, che è fatta sì di grandi soddisfazioni, ma anche di tanti sacrifici. E Vai era un maestro capace di far tesoro dei sacrifici”, lo ricorda oggi Gianluca Masullo, presidente dell’Unione Regionale Cuochi della Valle d’Aosta.