È la notizia delle ultime ore, ma i titoli dei giornali sono spessi fuorvianti: leggendo i quotidiani e siti statunitensi, invece, è chiaro che quella di Donald Trump è stata solo l’ennesima messinscena. Spiegata bene dal conduttore e comico Stephen Colbert: «Nessuna sorpresa: l’uomo che non ha mai avuto un vero lavoro in vita sua non ha effettivamente lavorato da McDonald’s». Una mezzoretta di scatti in un fast food chiuso, seguaci selezionati a priori come finti clienti e sacchetti riempiti con ciò che c’era. Niente ordini, niente confusione, nessuna pressione: un’offesa per chi quel lavoro da McDonald’s lo ha svolto davvero, con fatica e senso di responsabilità.
Trump ha finto di lavorare al McDonald's
Affermare di aver lavorato per la grande catena, oggi, è un vanto per i leader statunitensi. Ce lo ha insegnato Kamala Harris, che sul suo passato umile ha puntato molto: la sua presunta esperienza da McDonald’s è stato uno dei temi più trattati durante la campagna elettorale, che il rivale Donald Trump si è affrettato a contrastare, smentendo quanto detto dalla vicepresidentessa e accusandola di aver inventato la storia di sana pianta. McDonald’s si è rifiutato di entrare nella polemica e la questione non è stata mai chiarita. Il punto, però, è che l’immagine di un capo di stato che gira hamburger sulla piastra è in qualche modo rassicurante per i cittadini, e questo Trump lo sa bene, ecco perché si è messo il grembiule ed è entrato nella cucina di un fast food di Feasterville, in Pennsylvania, a friggere patatine.
Quell'immagine che rassicura gli statunitensi
Sorridente, Trump si è fatto immortalare mentre distribuiva i sacchetti ai clienti che passavano in auto. Un gesto familiare per molti statunitensi: una ricerca di McDonald’s ha calcolato che un americano su otto a un certo punto della sua vita lavorerà in uno dei 13.500 punti vendita della catena sparsi negli Stati Uniti. È un primo lavoro molto comune tra i giovani e sembra che aiuti a gestire lo stress e sviluppare capacità imprenditoriali (tra i suoi ex dipendenti, il brand vanta anche Jeff Bezos). Ma quella di Trump era solo una sceneggiata: il punto vendita era chiuso al pubblico, non c’erano ordini in arrivo, personale indaffarato, bambini urlanti e nemmeno dei veri clienti. Quelle che sono arrivate erano persone scelte con anticipo, che hanno accettato i sacchetti di carta distribuiti da Trump senza preoccuparsi di ordinare davvero.
Mentire per disperazione
Lo racconta bene il sito Eater, e anche il New York Times. Certo, nessuno si aspetta che un candidato alla presidenza lavori un intero turno in un fast food, ma il rispetto per chi invece vive di quelle ore concitate dietro il bancone non dovrebbe mai mancare. La sua voglia di apparire come una persone comune, del popolo, ha finito per ottenere l’effetto contrario: tenere traccia degli ordini, assicurarsi che tutto sia confezionato nel modo corretto, gestire gli imprevisti, sorridere a tutti pur continuando a lavorare di corsa sono abilità richieste a chiunque sia assunto – per davvero – da McDonald’s. E con la sua scenetta, il politico è riuscito a sminuire tutto questo. Che fosse a corto di idee? «Quando Trump è disperato, tutto ciò che sa fare è mentire», ha detto Ian Sams, portavoce di Harris, al Boston Herald,«non sa cosa significhi avere un lavoro estivo perché gli sono stati offerti milioni su un piatto d’argento, solo per poi rovinarli». Un tentativo di relazionarsi con la classe operaia fallito, che ha dimostrato «solo quanto sia riluttante a provare empatia».