Sembrava ormai storia passata quella dei dazi statunitensi sul vino europeo e, invece, con la nuova galoppata di Donald Trump nelle primarie repubblicane, l’incubo potrebbe ripresentarsi. Dal prossimo novembre, se il tycoon americano dovesse tornare alla Casa Bianca, insieme a lui potrebbero tornare anche caroselli, black list e consultazioni Ustr (Rappresentanza Usa per il commercio): tutti termini con cui l’agroalimentare Ue aveva familiarizzato negli anni scorsi, per poi dimenticarsene con la sospensione dei dazi a partire dal 2021 (valida fino al 2025) voluta dall’attuale presidente Joe Biden. Le associazioni di vino e spirit italiane sono in allerta e avvertono: «Da novembre tutto potrebbe cambiare».
Una minaccia per vini e spirit made in Italy
Il contraccolpo economico dei dazi applicati dagli Usa da ottobre 2019 ai liquori italiani fino a inizio 2021 ha avuto «conseguenze devastanti sull'export italiano», ricorda la Federvini. Il valore dei dazi del 25% avrebbe interessato un importo di quasi 163 milioni di dollari, con un impatto per singola bottiglia stimato tra 2 e 3 dollari. «Le conseguenze della querelle del settore aerospaziale hanno causato un crollo del 40% nell'export italiano negli Stati Uniti. Un declino verificatosi in un periodo già difficile, caratterizzato dall'inizio della pandemia nel 2020 che ha fortemente depresso i consumi interni». La sospensione dei dazi tra l'Ue e la Casa Bianca, concordata nel 2021 per 5 anni, ha rappresentato un grande sollievo: «L’obiettivo è ora quello di renderla definitiva». Ma gli argomenti sollevati da Trump in questi mesi sono tutt’altro che da sottovalutare: «Sono molti gli interrogativi sul possibile ritorno a una politica neo-protezionistica in caso di una sua vittoria alle elezioni del novembre 2024. Questo potrebbe rappresentare una minaccia per il nostro business, tanto più in un contesto geopolitico incerto e avendo anche in corso l’indagine antidumping in Cina sulle acquaviti di vino e di vinaccia di origine Ue».
Il vino è tra i bersagli sensibili
«Il timore - confermano da Unione Italiana Vini - è che con un’amministrazione americana più aggressiva o comunque più focalizzata sulla protezione dei prodotti interni, il vino e l’agroalimentare possano essere nuovamente coinvolti in dispute commerciali da cui sono totalmente estranei, come è accaduto nel caso Boeing-Airbus. Anche perché, ricordiamo, i dazi sono stati soltanto sospesi, ma la questione non è stata risolta e pende sul commercio transatlantico come una spada di Damocle». Ma perché in questi tre anni di amministrazione Biden, l’Europa non ha provato a trovare una soluzione duratura? «La nostra esortazione alla Commissione Ue è quella di provare ad accelerare da qui fino a novembre per risolvere la vicenda, ma dal momento che anche l’Ue sarà alle prese con le nuove elezioni, sarà molto complicato». In mancanza di risoluzioni dell'ultima ora, nel 2025 scatterà lo stop alla sospensione dei dazi. A quel punto, la nuova amministrazione statunitense potrà decidere se rimetterli in standby o meno. Sempre che il nuovo presidente non decida di ripristinarli prima.
I dazi costano 400 milioni di euro
I dazi americani sui prodotti agroalimentari europei entrarono in vigore a fine 2019, nell'ambito del contenzioso tra l'americana Boeing e l'europea Airbus (consorzio aerospaziale formato da Francia, Germania, Spagna e Regno Unito). Il Governo Trump decise di imporre tariffe del 25% anche sull'import di formaggi, salumi e liquori Made in Italy, ma mai sul vino italiano. Il braccio di ferro tra Usa e Europa (a cui si sono aggiunti gli effetti della pandemia) costò al Vecchio continente 400 milioni di euro solo nel 2020, sulla base dei dati diffusi dalla Commissione Ue. A farne le spese fu anche il vino, soprattutto quello francese, su cui i dazi erano attivi.
Una campagna elettorale sul protezionismo
Una politica trumpiana basata su protezionismo e sul concetto di America first vedrebbe tra i principali nemici sia la Cina, con la quale il candidato repubblicano intende intensificare la guerra commerciale in caso di vittoria alle presidenziali, sia l'Europa, dal momento che gli Stati Uniti hanno un deficit commerciale con l'Ue (primo partner commerciale) di circa 200 miliardi di dollari. Questo è uno dei motivi per cui Donald Trump ha più volte annunciato di voler applicare una tariffa doganale generale del 10% su tutti i beni importati negli Usa. L'agroalimentare sarebbe tra i settori più a rischio: gli alimenti che gli Usa acquistano maggiormente dall'Ue sono soprattutto vino e spirit, birra, cioccolato, formaggi, olio d'oliva, preparazioni di frutta e verdura. E se il vino made in Usa non sta vivendo uno dei momenti migliori della sua storia, a causa del generalizzato calo dei consumi e di un'erosione di quote rispetto ai vini importati, proteggerlo con i dazi non sarebbe, quindi, un’idea così campata per aria.
L'articolo completo è stato pubblicato sul Settimanale Tre Bicchieri del 7 marzo 2024
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