Mi sono fatto crescere la barba per mascherare la mia giovane età. A 24anni ho iniziato a condurre le prime degustazioni di vino. "Quando arriva l'esperto del Gambero?", sentivo mormorare tra il pubblico. C'è chi mi scambiava per il figlio di Sabellico, chi mi ricordava con affetto che prima di parlare di un Barolo dovevo aver assaggiato, alla cieca s’intende, almeno 100mila etichette. E un numero imprecisato di magnum. Alle cene di gala, nei viaggi stampa o presentazioni la mia funzione era più o meno sempre la stessa: abbassare l'età media. Come fossi pagato per quello, per anni sul lavoro ho frequentato solo persone molto più grandi di me. Poi, il vento (fortunatamente) è girato.
I cambiamenti degli ultimi anni
Nel dettaglio, è cambiata in maniera netta la percezione e l’interesse verso le nuove leve. I media hanno iniziato a cavalcare il cambiamento generazionale come questione di massima urgenza nei settori più vari, i giovani sono diventati automaticamente portatori sani d’innovazione, freschezza e ritmo rock. In un Paese dove si è giovani per sempre, l’età media è di 48,4 anni, nettamente la più alta d’Europa ci ricordano i dati Eurostat, il contrasto generazionale è ancora più marcato. Lo è anche la disparità salariale, prendiamo l’age pay gap ovvero la differenza tra gli stipendi degli under 35 e degli over 55: è aumentata del 96% dal 1985 al 2019. I dati forniti nell’ultimo triennio sono allarmanti, le diseguaglianze sono evidenti tra contratti precari e uno stacco ancora più accentuato tra le donne under 30. Non si fa dunque fatica a comprendere come nel 2022 e 2023 quasi 100mila giovani italiani abbiano lasciato il Paese, con il rientro di soli 36mila ragazzi e ragazze.
I giovani tra sala e cucina
L’Italia non è un Paese per giovani, lo sappiamo, e la scala sociale è sostanzialmente ferma; in questo contesto un potente trampolino di lancio è proprio la cucina. Sono tanti i professionisti che nel giro di pochi anni si sono ritagliati soddisfazioni enormi, partendo praticamente da zero. Nelle brigate si respira un modo diverso di pensare la cucina e la professione: i giovani cuochi di oggi sono estremamente preparati, hanno viaggiato tanto, anche all’estero, sono molto più propensi al confronto con gli altri colleghi rispetto ai loro predecessori. E non sono più disposti a sacrificare la vita privata in nome di un sacro fuoco. Sono molto più attenti al vegetale, di sicuro, hanno dentro il mantra dello spreco alimentare, del locale, amano recuperare vecchi ingredienti o cotture. Danno del tu all’amaro e alle fermentazioni, hanno rottamato i paletti del fine dining.
La rivoluzione generazionale
In breve, stanno rivoluzionando la ristorazione italiana. Tra i locali gestiti da 30enni e quelli dei 50enni (quindi, una sola generazione) sembrano esserci di mezzo 70 anni di storia. Cambia il modo di stare a tavola, di pensare il menu, e di bere. Le differenze di gusto sono importanti, spesso in pura contrapposizione allo status quo. Siamo davvero pronti alla dittatura dei giovani?