Le parole sono importanti. Ma ogni anno, con l’arrivo di dicembre, torna l’incubo delle “abbuffate” natalizie: un coro di consigli per evitare di ingrassare, bilance pronte a puntare il dito e il mantra del detox post festivo. Ma quanto è tossica questa narrativa? E perché continua a farci sentire sbagliati proprio nei giorni dedicati alla convivialità? Dai social ai talk show, passando per articoli e programmi radio, il leitmotiv è sempre lo stesso: evitare di “abbuffarsi” durante le feste. Ma dietro questi "consigli", c'è molto di più. Secondo i dati del ministero della Salute, oltre tre milioni di persone in Italia soffrono di disturbi della nutrizione e dell’alimentazione (Dna), con un preoccupante aumento dei casi tra i bambini: si registrano sintomi tipici dell’adolescenza già a 8-9 anni. La pandemia ha ulteriormente aggravato la situazione, con un incremento del 30-35 per cento dei casi e un abbassamento dell’età di esordio.
L’allarme “abbuffata” e il linguaggio tossico della dieta
La parola “abbuffata” è ormai un must del vocabolario natalizio. Ma, come spiega in un’intervista a Repubblica Giulia Biondi, biologa nutrizionista, docente di nutrizione presso la Gambero Rosso Academy e divulgatrice sui social con il nome di Bilanciamo, il termine è spesso usato in modo improprio: «L’abbuffata a livello clinico è ben altro, appartiene a chi ha un disturbo alimentare diagnosticato. Quando parliamo di Natale parliamo solo di mangiare qualcosa in più, non di abbuffarci». Questa narrazione, però, alimenta ansia e sensi di colpa, soprattutto in chi ha un rapporto complesso con il cibo o la propria immagine corporea. Parole come “sgarro” o “fallimento” sono particolarmente dannose, spiega la nutrizionista, perché caricano il cibo di una valenza morale: «Sgarro significa trascurare un dovere morale, ma a quale dovere morale sto venendo meno mangiando una fetta di lasagna o un pezzo di pandoro?».
E sfatiamo anche, tra le tante cose, i miti sulla bilancia: sarà vero che a Natale si possono prendere fino a 3 chili? «Può succedere», spiega la biologa nutrizionista su Repubblica, «Ma non si tratta solo di grasso corporeo. La bilancia riflette anche la ritenzione idrica, dovuta a piatti più conditi e ricchi di sale. Per mettere un chilo di grasso, serve un surplus di circa 7mila calorie rispetto al fabbisogno giornaliero; quindi, accumularne tre in pochi giorni è quasi impossibile». Le ansie legate al peso, sottolinea la nutrizionista, sono spesso il risultato di narrazioni errate e allarmistiche: «Su 365 giorni l’anno, tre o quattro pasti festivi non determinano l’aumento di peso o il fallimento di un percorso alimentare. È il lungo termine che conta».
I numeri dei disturbi alimentari
Sempre più persone, sempre più giovani: l’escalation dei disturbi della nutrizione e dell’alimentazione in Italia è un problema di sanità pubblica. La pandemia ha aggravato una situazione già critica, ma la consapevolezza e l’accesso alle cure restano ancora insufficienti. I dati parlano chiaro: in Italia, oltre 3 milioni di persone soffrono di disturbi della nutrizione e dell’alimentazione, con un’incidenza sempre più marcata tra i più giovani. Secondo il Ministero della Salute, tra gli utenti presi in carico dal Servizio Sanitario Nazionale, il 59 per cento ha tra i 13 e i 25 anni, mentre il 6 per cento è sotto i 12 anni. Numeri che testimoniano un drammatico abbassamento dell’età d’esordio: bambini di appena 8-9 anni presentano sintomi di anoressia e bulimia, disturbi un tempo associati principalmente all’adolescenza. Non solo: la pandemia (e soprattutto la quarantena) ha aggravato ulteriormente la situazione, portando a un aumento dei casi stimato tra il 30 e il 35 per cento.
Il lockdown, l’isolamento sociale e l’iperconnessione digitale hanno alimentato ansie, insicurezze e comportamenti disfunzionali legati all’alimentazione. Nel 2022, i casi di disturbi alimentari diagnosticati hanno raggiunto quota 1.450.567, in netto aumento rispetto ai 680.569 del 2019. Se storicamente i disturbi alimentari hanno riguardato principalmente giovani donne tra i 15 e i 25 anni, oggi il quadro è cambiato. L’incidenza tra i maschi è in crescita, specie tra adolescenti e preadolescenti. Inoltre, si osservano mutamenti anche nelle tipologie di disturbi. Accanto all’anoressia e alla bulimia, sempre più diffuso è il binge eating (disturbo da alimentazione incontrollata), che colpisce uomini e donne di tutte le età. A livello globale, l’anoressia registra 8 nuovi casi ogni 100mila donne e tra 0,02 e 1,4 casi tra gli uomini ogni anno. Per la bulimia, si contano 12 nuovi casi ogni 100mila donne e 0,8 casi tra gli uomini. Ma oltre ai numeri, è la qualità della vita a raccontare l’impatto devastante di queste patologie: isolamento sociale, difficoltà scolastiche o lavorative, complicazioni fisiche gravi e, nei casi più estremi, la morte.
No ai falsi miti del detox
Tra gli evergreen delle feste c’è anche il detox post-natalizio: tisane miracolose, integratori per depurare il fegato, acqua e limone a digiuno. Pratiche che, secondo la dottoressa Giulia Biondi, non hanno alcuna base scientifica: «Il nostro corpo sa già disintossicarsi da solo, se gli organi funzionano bene. Non c’è bisogno di alcun protocollo detox, si tratta solo di marketing. Basta tornare alle abitudini normali senza eliminare categorie di nutrienti».
Un altro consiglio spesso elargito è quello di mettersi a dieta (o a digiuno) nei giorni precedenti ai grandi cenoni, magari riducendo drasticamente i carboidrati. «È il modo migliore per arrivare a tavola affamati», avverte l’esperta. La soluzione? Una break diet, ovvero interrompere temporaneamente una dieta ipocalorica per mantenere il peso durante le feste, senza restrizioni inutili. Ma c'è anche lo sport che entra nel mirino delle cattive pratiche: c’è chi consiglia allenamenti ad alta intensità prima e dopo i pranzi festivi per “smaltire” le calorie. «Non dobbiamo proporre metodiche sportive in vista di compensazioni legate al cibo. Questo è un messaggio tossico, sbagliatissimo».
In definitiva, il Natale è fatto per essere vissuto (anche attraverso del buon cibo), non per essere temuto. La chiave, secondo Biondi, è trovare un equilibrio: «Possiamo mangiare tutto, stando attenti alle porzioni e ascoltando il nostro corpo. Il senso di colpa non deve avere posto a tavola: il cibo è convivialità, cultura, tradizione. Non roviniamoci le feste per un numero sulla bilancia». E, non per ultimo, le parole sono importanti.