La diatriba sul "naturale" arriva anche al gelato: basta ideologia, parliamo di prospettive. Come per il vino

30 Mar 2025, 14:56 | a cura di
Le polemiche sul "naturale" sono sbarcate anche nel mondo del gelato. Ma spesso sono discussioni di lana caprina e ideologiche, come per il vino. Il vero problema sono le prospettive da cui si guarda il cbo (e non solo)

Alla fine si tratta sempre di quale prospettiva vogliamo utilizzare per analizzare un fenomeno. Che le “verità” siano spesso (direi quasi sempre) relative e soprattutto che non possano mai avere la V maiuscola ormai dovremmo averlo interiorizzato tutti. Lo spero, almeno, anche se si fa fatica a crederlo! In particolare, è interessante vedere come la diatriba sul “naturale” – parlando del “nostro” mondo – stia uscendo dai confini enoici e si stia proiettando anche con manifestazioni di accanimento non giustificato in altri ambiti. Come, per esempio, il gelato.

Il gelato: da troppo pop a troppo "fighetto"

Amatissimo da tutti, il gelato ha vissuto fortune altalenanti: da grande lusso goloso aristocratico (prima che venissero inventati i frigoriferi elettrici) alla “democrazia industriale” che ha aperto a tutti il piacere del gusto, questo golosissimo dolce –  che ha avuto in Italia una importante culla culturale e una grossa spinta produttiva e commerciale – è passato dall’essere “troppo” pop ad assurgere negli ultimi tempi a ultimo avamposto della creatività artigianale e dell’avanguardia gastrosofica nostrana. Della serie: se fino a qualche anno fa il Cornetto o i Chokoball erano il gusto dell’estate che dividevano i fan, oggi diverse fazioni di gelaterie contrapposte si sfidano su chi sia il vero depositario della naturalità.

La surreale disputa sulla naturalità, dai vini al gelato

Ovvero: se sia più naturale chi usa macchine degli anni '60 e non aggiunga nulla (chissà poi cosa significhi!) evitando la (prima osannata e ormai vituperata) farina di carrube o se invece sia più naturale chi punti a utilizzare la moderna tecnologia per esaltare gusti e proprietà delle materie prime. E tra di loro le due fazioni se le dicono davvero di tutti i colori. C’è anche chi si spinge a sbeffeggiare chi scrive e si occupa di questo mondo oggi in sempre maggior fermento (evviva, era ora!) e che però magari non vuole fare il tifo per una fazione o per l’altra. Come se qualcuno chiedesse a noi del Gambero se tifiamo per il “gourmet” o per la “trattoria”, ammesso che ancora abbiano senso queste definizioni: noi non tifiamo, noi raccontiamo. La stessa cosa vale per i vini: non è dirimente il chiamarsi o meno naturale, ma essere o meno bevibili. E come dicono molti produttori (naturali): dirimente è che non puzzino, non come si chiamino.

Buono e Giusto non stanno sempre da una parte sola

E il buono (oltre al giusto) non sta sempre da una parte soltanto: è bello poter raccontare il mondo nelle sue diverse sfaccettature, interpretarne le diverse prospettive, proporre le diverse pieghe e sfumature che il gusto e il piacere possono regalarci. Per capirci, perché dovremmo schierarci con il gelato di Stefano Ferrara a Roma o con Sablé di Alessandro Cesari a Bologna? Ci piace continuare a goderceli entrambi, i loro coni. Senza dover schierarci con la “naturalità” dell’uno o dell’altro. Come per il fenomeno del vino naturale, c’è chi chiede disciplinari e parametri di giudizio da parte dei “critici” per poi rifiutare ogni disciplinare e ogni paletto che definisca cosa significa "naturale". A volte, però, è appunto questione di prospettive: c’è chi guarda al futuro e chi guarda al passato. Magari facendo entrambi cose buone.

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