Il progetto
Di che pasta sono fatti gli italiani? È questo il titolo dell'indagine portata avanti dall'Università di Bologna, in particolare dal Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari, guidato dal professore Andrea Segrè. Uno studio che prende in esame i maggiori produttori di pasta italiani e le abitudini dei consumatori, facendo luce sul prodotto più rappresentativo della tavola tricolore. Perché il 2017 sembra essere proprio l'anno dei cereali, che vanta un raccolto invidiabile per quantità e qualità. E sono stati presentati proprio all'Università di Bologna, i risultati dell'analisi di mercato Last Minute Market, realtà da sempre impegnata nella lotta allo spreco, in collaborazione con SWG. A raccontare al pubblico la sua esperienza, Massimo Mancini dell'omonimo pastificio artigianale della provincia di Fermo, nelle Marche, che ha svelato al pubblico tutti i trucchi del mestiere, spiegando le differenze fra grani, macine e tecniche di lavorazione. Oggi Mancini Pastificio Agricolo fattura 2,5 milioni di euro, a fronte di un investimento iniziale di 1,5 milioni, ha moltiplicato per dieci la resa economica di ogni ettaro coltivato, dà lavoro a 25 persone e 40 agenti in Italia, ed esporta il 25% della pasta prodotta. La sua pasta è utilizzata, tra gli altri, da Enrico Crippa, Annie Féolde e Riccardo Monco, Nadia e Giovanni Santini. Cuore pulsante della ricerca però è lo spreco alimentare, emergenza all'ordine del giorno, approfondito da Matteo Guidi, AD di Last Minute Market durante il seminario “Chi butta la pasta?”.
I risultati: il dominio della pasta industriale e il prezzo
Interviste a 1300 campioni casuali di diversa fascia di età e provenienza, condotte dal 20 al 24 aprile 2017: su questo sondaggio si basano i risultati dell'analisi, che evidenziano un consumo di pasta elevato, nonostante la diminuzione registrata nell'ultimo decennio. Gli spaghetti sono ancora un prodotto cardine della dieta mediterranea e vantano una media di consumo di quasi 5 volte la settimana. A dominare la scena è la pasta industriale, che rappresenta il 93% delle scelte delle famiglie italiane, un dato rilevante che deve rappresentare per i produttori artigianali di nicchia uno stimolo per puntare ancora di più sulla promozione e aumentare le vendite.
Integrale, di semola, all'uovo, secca, corta, lunga, trafilata al bronzo, biologica e molte altre le linee di pasta attualmente in commercio fra cui scegliere. Ma quali sono i parametri con cui gli italiani acquistano questo prodotto? In termini di priorità, le caratteristiche che maggiormente vengono osservate sono la tenuta in cottura e il rapporto qualità-prezzo. Il costo, dunque, è fondamentale ma, ci tengono a precisare i ricercatori, “questo non può essere mai disgiunto del tutto dalla qualità”. Risparmio sì, ma con gusto. C'è, infatti, una certa disponibilità a spendere per un prodotto sano, circa 1,60 euro per 500 g di pasta, prezzo intermedio tra quello delle paste più economiche e i prodotti di alta fascia. Resta invece marginale nella scelta il procedimento di lavorazione, ancora poco conosciuto, così come la materia prima e la sua provenienza. Luogo d'acquisto per eccellenza? Rimane il supermercato, “la pasta artigianale deve quindi collocarsi in questo ambito per raggiungere e farsi conoscere dal consumatore”.
Lo spreco
Un prodotto che per gli italiani rappresenta molto di più di un semplice alimento: la pasta è sinonimo di famiglia, convivialità, parte della nostra storia e di antiche tradizioni culinarie. Gli italiani, infatti, cercano di sprecarla il meno possibile: dati gli elevati numeri di consumo, però, lo spreco generale risulta comunque notevole. Motivo principale di questo fenomeno è la dimenticanza, “le famiglie tendono ad acquistarne quantità eccessive in continuazione, e l'utilizzo del prodotto è quasi sempre inferiore alle previsioni”. Confezioni di spaghetti dimenticate nella credenza finiscono così per superare la data di scadenza e vengono gettate. Finisce nella pattumiera, poi, anche gran parte della pasta già cotta, sempre “a causa delle grandi quantità”.
a cura di Michela Becchi