Pompei. I corpi che parlano
Nel 79 d.C. l'eruzione del Vesuvio cancellava Pompei, coprendola di una coltre di cenere, lava e lapilli che addormentava in un sonno eterno la città, nel bel mezzo di una tranquilla mattinata di aprile che sarebbe rimasta cristallizzata nel tempo per secoli a venire. La testimonianza più vivida della catastrofe che costò la vita a migliaia di abitanti di uno dei centri più popolosi sul suolo italico sono quei corpi carbonizzati e inglobati nel gesso che oggi costituiscono una delle principali attrattive del sito archeologico. Scampoli di vita inglobati in un fossile che hanno ancora tanto da dire. E interrogati con gli strumenti giusti gettano nuova luce su usi e costumi dell'Antica Roma. Un esempio? Le Tac – tomografia assiale computerizzata multistrato – eseguite su una trentina di calchi rinvenuti nell'area da un'equipe specializzata incaricata dalla Soprintendenza archeologica di Pompei. Radiologi, archeologi, restauratori, antropologi, restauratori, ingegneri e odontoiatri insieme per far parlare ciò che resta di quegli uomini (donne e bambini) che costituiscono il legame più vivido con un passato fatto anche di relazioni sociali, usanze e abitudini alimentari. Lo studio ha già permesso di acquisire immagini volumetriche dall'interno dei calchi, che rivelano età, tipo, di lavoro, classe di appartenenza o la presenza di patologie.
Mangiare a Pompei: cibo sano a pochi zuccheri
E proprio dall'analisi dei dati “clinici” il team di odontoiatri è riuscito a ricavare importanti informazioni sulla dieta degli abitanti di Pompei: i nostri antenati mangiavano sano, lo dimostra una dentatura perfetta, risultato di un'alimentazione povera di zuccheri e principalmente vegetariana che regalava loro un sorriso smagliante. L'unico difetto segnalato, infatti, attiene alla sfera della masticazione: evidentemente i pompeiani erano poco inclini all'uso del coltello e spezzavano anche il cibo più tenace con la forza delle mandibole. Per il resto, i dentisti all'epoca non dovevano avere vita facile. Il progetto, mai tentato prima al mondo, costituisce un'operazione scientifica di cui andare fieri a detta di Massimo Osanna, soprintendente di Pompei, Ercolano e Stabia, specie se associata al restauro degli 86 calchi provenienti dagli scavi.
L'apparecchio utilizzato, sistemato in una struttura provvisoria, è lo stesso utilizzato per i pazienti con protesi e non subisce interferenze con gli elementi in metallo che nell'Ottocento furono utilizzati per realizzare i calchi. E le sorprese maggiori sono arrivate proprio dalla ricostruzione delle arcate dentarie degli scheletri: sono in casi rarissimi si segnalano carie. Più compromesso la stato delle ossa, a causa dell'eccessiva percentuale di fluoro nelle falde acquifere vesuviane.