I ristoranti fantasma
Ghost restaurant, ristorante fantasma. Non è l'ultimo pop up di qualche fantasioso chef in cerca di visibilità, ma un modello di business che, partendo da Londra, potrebbe influenzare in maniera crescente l'approccio alla ristorazione. Per chi la fa, e per chi la consuma. Il fenomeno è strettamente connesso al successo dei servizi di delivery, che in tutta Europa continuano a conquistare fette di mercato e nuovi clienti, fidelizzando un pubblico sempre più eterogeneo grazie alla diversificazione di un'offerta che ora punta decisamente al rialzo. Finita l'era del cibo cinese di dubbia qualità e delle pizze di gomma a domicilio, oggi il servizio delle piattaforme online è efficiente e modulato sui gusti di una clientela gourmet. Anche in Italia il mercato di settore ha fatto grandi passi in avanti negli ultimi anni, la concorrenza ormai è agguerrita, e a più riprese abbiamo analizzato il fenomeno. E come l'avvento dello shopping online è riuscito a “smaterializzare” il concetto di negozio, favorendo l'ascesa di vetrine digitali e store virtuali, così la diffusione capillare del food delivery sta determinando l'avvento di ristoranti dedicati esclusivamente alla preparazione di cibo destinato alla consegna porta a porta. Nient'altro che laboratori di produzione che lavorano a porte chiuse, elaborano un menu, lo divulgano online sotto il cappello di un brand che ricalca l'insegna di un ristorante tradizionale, e gestiscono le consegne a domicilio tramite ordini in app (ma pure appoggiandosi alle piattaforme di delivery più celebri). Una soluzione vantaggiosa per la sostenibilità economica del ristorante fantasma, che riduce all'osso il personale e contiene i costi d'affitto, garantendo prezzi più competitivi per il consumatore.
Da New York a Londra
A New York, dove l'idea ha preso decisamente piede, ci ha provato negli ultimi anni David Chang, con Maple, con una variante evoluta del format, destinata all'area di Manhattan; la primavera scorsa, però, Maple – fiaccato da un food cost molto elevato - ha alzato bandiera bianca (Ando invece resiste, e si è recentemente rinnovato). E l'esperienza è stata riassorbita da Deliveroo, che, proprio intuendo le potenzialità dei ristoranti fantasma ha perfezionato il sistema Deliveroo Editions, già operativo a Londra dalla primavera scorsa, e presto disponibile anche in Francia, Australia, Singapore, Dubai, Hong Kong (entro la fine del 2017). Il servizio incontra prima di tutto le esigenze di chi vuole investire nella ristorazione senza confrontarsi con le difficoltà di un ristorante in “carne ed ossa”. In pratica, il gruppo fondato da William Shu nel 2013 (sede operativa a Londra e rete internazionale che copre 120 città in 12 Paesi) mette a disposizione cucine su misura, supporto marketing e una flotta di rider per la consegna a domicilio.
Deliveroo Editions. Come funziona
Il servizio è nato con l'idea di favorire le attività già avviate che vogliono provare a conquistare nuovi mercati, offrendo loro la possibilità di gestire un centro di produzione all'estero riducendo al minimo il rischio imprenditoriale. Ma la soluzione sembra destinata a prendere piede anche tra chi vuole investire nella propria città, concentrando la propria esperienza in cucina solo sul food delivery. Il concept, infatti, nasce anche con l'idea di sostenere gli chef emergenti, proponendo di fatto un nuovo ruolo di scouting per Deliveroo, orientato a favorire una selezione di progetti qualificati, in grado di sviluppare piatti ideati appositamente per il delivery (a questo proposito, sempre da Londra, vi abbiamo raccontato l'esperienza di Godo Sostanza Italiana, con la supervisione di Tommaso Arrigoni). E così il ristorante fantasma diventa anche ristorante su misura, calibrato sulle esigenze specifiche del cliente o sulla richiesta di una determinata area di grandi capitali internazionali. Senza escludere la possibilità di collaborare con chef affermati, che vogliono mettersi in gioco. In Italia l'avvento di Deliveroo Editions non è ancora pianificato, ma vista la buona risposta di Londra non tarderà ad arrivare.
a cura di Livia Montagnoli