Le proteste degli agricoltori continuano in tutta Europa. Lo scorso weekend gli effetti si sono fatti sentire anche in Italia: l’iniziativa più partecipata è stata a Orte, in provincia di Viterbo, dove un centinaio di trattori ha occupato la rotonda all’ingresso dell’autostrada A1. Il casello è rimasto chiuso per circa due ore in entrata e in uscita. Secondo l’europarlamentare Pd ed ex ministro delle Politiche agricole Paolo De Castro, le rivolte sono state generate «da un malessere generale, innescato da una legislatura europea che per la prima volta in decenni ha creato la percezione di un’Unione nemica degli agricoltori e delle categorie produttive».
Come è nata la protesta
All’origine della protesta, secondo De Castro, c’è un dato di fatto: un’intera categoria è stata additata come «principale responsabile di inquinamento ed emissioni di gas serra. Non siamo stati in grado di costruire un progetto che coinvolgesse l'agricoltura europea, facendola sentire protagonista della transizione verde, e non imputata».
Un complesso di accerchiamento da cui ha avuto origine quel malessere generale che ha portato gli agricoltori a scendere in piazza: «È significativo il fatto che uno dei cartelli esposti più spesso durante le proteste è stato quello con la scritta “Tutti contro di noi” – sottolinea l’ex ministro –. Un messaggio che ci fa comprendere bene che si è rotto il rapporto di fiducia tra l’Europa e gli agricoltori. Eppure senza l’adesione convinta dell'intero sistema agro-alimentare, qualsiasi prospettiva di neutralità climatica diventa irrealizzabile».
Dalla Germania all’intera Europa
La scintilla, come detto, si è accesa in Germania, a dicembre scorso, quando il governo federale ha proposto una prima bozza del Bilancio 2024, successivamente bocciata dalla Corte Suprema tedesca. I giudici hanno evidenziato un buco di 60 miliardi di euro nelle casse del paese e l'Esecutivo ha dovuto rimediare introducendo diversi tagli alla spesa pubblica. A rimetterci, in particolare, è stato anche il settore agricolo. Che è sceso in strada a protestare. Da Berlino, la rivolta si è estesa anche a Francia, Italia, Polonia e nel resto d’Europa.
«Il malessere e la sfiducia verso le istituzioni europee sono compatti e in questo senso si può parlare di un unico movimento – sottolinea De Castro –. Poi è chiaro che ogni Paese ha le sue specificità. In molti casi, inoltre, come, appunto, in Germania, gli agricoltori hanno iniziato a protestare proprio contro le scelte dei governi locali».
Il ruolo dell’Ucraina
Un ruolo centrale nella protesta degli agricoltori tedeschi (e non solo) è occupato anche dalla guerra in Ucraina. «Il problema non è l’ingresso del Paese nell’Unione europea, che comunque non avverrà a breve – chiarisce De Castro –. Ma il fatto che con la guerra le produzioni cerealicole ucraine, che prima del conflitto arrivavano direttamente in Africa, ora si fermano in Europa. Si tratta di prodotti che costano molto meno rispetto a quelli europei e, per questo, fanno concorrenza sleale, esasperando ancora di più gli animi. I flussi commerciali devono riprendere, senza fermarsi».
«Nessuna connotazione politica»
Diversi esponenti delle destre europee, a partire da Marion Maréchal-Le Pen, nipote di Marine Le Pen, hanno da tempo iniziato a cavalcare le manifestazioni in vista delle elezioni europee di giugno per il rinnovo della Commissione e Parlamento Ue. Ma per l’ex ministro delle Politiche agricole, la rivolta dei trattori non ha alcuna connotazione politica.
Secondo De Castro, per uscire da questa situazione, serve recuperare il dialogo con la categoria: «Ignorare le richieste e le istanze di agricoltori e produttori, etichettandoli superficialmente come movimenti estremisti, sarebbe l'ennesimo errore – spiega –. Abbiamo infatti la possibilità di mettere in campo nuove opportunità, dall'intelligenza artificiale alle biotecnologie sostenibili, che potranno contribuire a riallacciare il legame con le nostre comunità rurali».
Regole calate dall’alto
A scatenare la “protesta dei trattori”, come è noto, è stato anche l’impatto delle linee guida del Green Deal sul settore agricolo. Con l’obiettivo di raggiungere le net zero emissioni entro il 2050, riducendo le emissioni nette di gas serra di almeno il 55% entro il 2030. Misure che, secondo gli agricoltori, avrebbero un effetto troppo punitivo sul settore. «Bisogna scrivere le regole insieme agli agricoltori e non calarle dall’alto – chiarisce l’europarlamentare –. Non si devono solamente imporre dei divieti, ma anche accompagnare il settore verso la transizione ecologica. Le riforme vanno fatte con gli agricoltori e non contro».
L’europarlamentare fa l’esempio del regolamento sull’utilizzo dei fitosanitari, poi bocciato dal Parlamento europeo: «Si dice agli agricoltori di ridurre del 50% la chimica, però non danno soluzioni. Ma come combattono le malattie gli agricoltori se gli togliamo la chimica? Mi sembra ovvio che occorra fornire delle alternative. Recuperare il dialogo con il settore è fondamentale per arginare le proteste e recuperare il rapporto di fiducia con gli agricoltori».