Dazi Usa. Pericolo scongiurato (per ora)
Il vino italiano evita per la seconda volta i dazi negli Stati Uniti. La notizia è arrivata nel cuore della notte e, dopo la prima tornata dell’ottobre scorso, le imprese vitivinicole, le associazioni e i consorzi di tutela possono tirare un sospiro di sollievo. Almeno per altri 180 giorni. Il che significa che il pericolo non è del tutto passato. Per ora, il dipartimento del Commercio americano (Ustr) ha deciso di non inserire il nostro prodotto di punta nella lista aggiornata. Pertanto, dal prossimo 18 marzo, i dazi compensativi legati alla nota disputa Boeing-Airbus colpiranno (incrementando dal 10% al 15%) i velivoli europei importati negli Stati Uniti. Anche se le tariffe del 25% imposte a ottobre a vari prodotti europei restano in vigore: aperitivi e liquori made in Italy, Parmigiano reggiano, vini francesi. Introdotte piccole modifiche alla lista, come la rimozione dei succhi di prugna e l’aggiunta di coltelli da cucina importati da Francia e Germania. Insomma, il governo di Donald Trump ha mostrato una inaspettata sensibilità nei confronti degli appelli che sono giunti da più parti dal Vecchio continente, a cominciare dalla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, ma anche dall’Italia.
La diplomazia ha funzionato
Grande soddisfazione da parte della ministra per le Politiche agricole, Teresa Bellanova, che il 30 gennaio scorso aveva incontrato a Roma il segretario statunitense all'Agricoltura, Sonny Perdue, chiedendo, con in mano un paniere di prodotti Dop e Igp, di tenere l'agroalimentare italiano fuori dalla vicenda Airbus: “Abbiamo scongiurato danni irreparabili e raccogliamo i risultati dell’impegno messo in campo e di un grande lavoro di squadra”. La Farnesina ha spiegato questa decisione con l’efficacia delle azioni messe in campo a più livelli: “La diplomazia e la nostra amicizia con gli Stati Uniti hanno scongiurato il peggio per le nostre aziende”, ha detto il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio. Nei giorni scorsi, il sottosegretario Ivan Scalfarotto aveva incontrato tutte le principali autorità governative americane e aveva ottenuto l'invio di una lettera al presidente Trump da parte di un gruppo di oltre 40 parlamentari statunitensi, per salvaguardare i prodotti italiani da questa tornata di dazi.
Il rischio si sposta in avanti
“Il vino italiano è sopravvissuto alla roulette americana del carosello”, fa notare il presidente dell’Unione italiana vini, Ernesto Abbona, ricordando che non finisce qui. Perché tra 180 se ne riparlerà. Il sindacato degli industriali vitivinicoli si è appellato alla Commissione europea affinché trovi un accordo nel brevissimo periodo con gli Stati Uniti per risolvere la questione Airbus. Per l’Italia, come ricorda Piero Mastroberardino, presidente del Gruppo vini di Federvini, il mercato americano rappresenta il primo sbocco per il nostro vino: “Secondo gli ultimi dati, l’export complessivo in valore, nel 2019, ha raggiunto 1 miliardo 750 milioni di euro e una crescita su base annua del 4,2% Ma questo trend potenzialmente rischia di rallentare”.
I francesi ancora tartassati
“Abbiamo scongiurato questo rischio che avrebbe creato non poche ripercussioni sulle nostre imprese vitivinicole” sottolinea Giorgio Mercuri, presidente di Alleanza cooperative “come sta invece accadendo per i cugini francesi”. I transalpini, che sui vini sono il primo concorrente dell’Italia nel mercato Usa, stanno predisponendo un fondo di compensazione da 300 milioni di euro per i danni subiti. Lo hanno chiesto all’Europa anche le istituzioni italiane, perché, come è noto, gli altri comparti italiani dell’agroalimentare dal mese di ottobre stanno subendo perdite consistenti. Se, infatti, vino, olio e pasta sono salvi, ricorda la Coldiretti, restano confermati i dazi Usa “su circa mezzo miliardo di euro di esportazioni di prodotti agroalimentari nazionali”: Parmigiano Reggiano e Grana Padano (che hanno dimezzato in due mesi l’export verso gli Usa), Gorgonzola, Provolone, Asiago, Fontina e anche salami, mortadelle, crostacei, molluschi agrumi, succhi e liquori come amari e limoncello.
Mannaia su aperitivi e liquori
Nel settore delle bevande, la mannaia sta colpendo duramente. “Dall’entrata in vigore dei dazi, il fatturato nel mercato Usa è diminuito in media del 35%” commenta Micaela Pallini, presidente del Gruppo spiriti di Federvini, che aggiunge: “Stiamo assistendo a un progressivo calo della marginalità delle vendite poiché le aziende si sono dovute far carico di riassorbire parte dei dazi senza incidere sul mercato, a discapito soprattutto delle imprese medio-piccole che costituiscono buona parte del tessuto produttivo”. Il settore, va ricordato, conta circa 4.500 addetti coinvolti nelle strutture produttive e 228 mila occupati in maniera diretta e indiretta.
a cura di Gianluca Atzeni