Davide Longoni ha cominciato a fare il panettiere da grande. È a trent'anni che apre il suo primo panificio in via Tiraboschi a Milano. Ora, a distanza di dieci anni i panifici all'attivo sono sette e in ballo ci sono altre tre nuove aperture, una per la prima volta fuori regione.
Davide Longoni, figlio d'arte
Il nonno aveva un forno a Carate Brianza, dove faceva solo un tipo di pane, poi passato nelle mani dei genitori che lo hanno trasformato in bottega con angolo ortofrutta e salumeria, come andava negli anni Sessanta. Davide Longoni, cinquant'anni compiuti, della nouvelle vague dei panettieri è uno dei pochi figli d'arte. «Sono cresciuto nel contesto del panificio, già quando avevo quattordici anni frequentavo il laboratorio durante le vacanze estive, mi hanno convinto solo con la promessa che mi avrebbero comprato il motorino». Poi però ci ha preso gusto. «C'erano i miei cugini più grandi e adoravo ascoltare i loro racconti da ventenni tipici dell'epoca, alla Tondelli (Pier Vittorio Tondelli, scrittore e autore di Altri libertini, Pao Pao e Rimini, come scrive Giacomo Giossi su Domani seppe utilizzare del suo tempo, gli anni '80, le mode e i vezzi per evidenziarne i cliché e le derive, ndr), alla fine mi piaceva stare in panificio». Al panificio ci ha passato tutte le estati delle superiori e i primi anni di università, Lettere Moderne per l'esattezza.
La crisi dei 30 anni
Erano gli anni in cui il settore del pane artigianale stava andando in crisi, anche a causa del proliferare della gdo che comincia a produrre pane internamente. «Via via abbiamo visto chiudere un sacco di panifici, se prima il forno si tramandava di padre in figlio, negli anni Novanta qualcosa si è interrotto, non c'è più stato turnover e i figli hanno cominciato a fare tutt'altro». Compreso Davide che una volta laureatosi, frequenta un master in scienze informatiche applicate agli archivi digitali e finisce a lavorare nell'agenzia fotogiornalistica Contrasto, «seguivo progetti legati alla comunicazione dei fotografi, ho lavorato con Martin Parr o per il calendario Lavazza». Ma a 30 anni, la crisi. «Volevo cambiare vita, ero già un grande appassionato di gastronomia e avevo sentito parlare del pane di Eugenio Pol, così inizio a indagare per capire quali tipi di farina e di pasta madre utilizza, vado a visitare Mulino Sobrino, frequento dei corsi. E ritorno al laboratorio di famiglia», nel frattempo nelle mani dei cugini: il panificio Fratelli Longoni a Carate Brianza è attualmente attivo. Starà con loro dieci anni.
L'apertura in via Tiraboschi a Milano
«Ulteriore svolta è stato un corso con Piergiorgio Giorilli sulla colomba a pasta madre. Provo ad applicare gli insegnamenti al pane e comincio a fornire qualche ristorante della zona e a vendere le pagnotte nei vari farmer market di Milano, tra cui il Mercato della Terra di Slow Food». Era il 2012, la fila davanti al banco si fa sempre più lunga e Longoni arriva a vendere 300 chili di pane al giorno, li vende in tre, quattro ore. Davide e Tatiana Moreschi, attuale socia e compagna, all'epoca avvocato, comprendono quanto sia interessante e interessato il mercato di Milano: «Era la piazza giusta, così scelgo di mettermi in proprio, facendomi liquidare dall'attività di famiglia con una rivendita che avevamo a Monza, prendo un piccolo negozio in via Tiraboschi e nel 2013 apriamo insieme a Tatiana il primo panificio». L'ormai conosciutissimo Panificio Davide Longoni. «Imparando anche l'importanza del vincolo: avrei voluto allestire il laboratorio sotto il negozio, al piano seminterrato, ma il condominio non ci ha autorizzato, dunque cercammo un altro spazio e lo trovammo in via Tertulliano, questo ci ha permesso di pensarci come hub di produzione che con il tempo ha potuto crescere». Lì, nel quartiere ex industriale, oggi c'è il Circolino del Pane.
Soddisfazioni e difficoltà
«Il panificio è partito subito molto bene, il quartiere mi conosceva perché era dove si faceva il Mercato della Terra e in generale Milano era pronta, la città è da sempre pronta a cambiare e capace di apprezzare le novità, a maggior ragione se accompagnate da contenuti validi». È qui, in via Tiraboschi, che Longoni attira molti ragazzi (facendo al Nord quello che Gabriele Bonci ha intrapreso più a Sud), diventando mentore, maestro e capostipite di una nuova generazione di panificatori - molti facenti parte dei Panificatori Agricoli Urbani - che aprendo a loro volta altri panifici hanno dato vita a un mercato ormai consolidato. «Le difficoltà ci sono state, soprattutto quando eravamo piccoli e poco strutturati. In quei momenti Tatiana, dal talento straordinario, è stata un “martello”, non si è mai scoraggiata e ha sempre voluto guidare la crescita. Lei, più di me, ha voluto fare impresa, il mio focus era sul prodotto ma il prodotto non basta, per avere un panificio devi imparare a fare l'imprenditore, dalla determinazione dei prezzi di vendita alla gestione del lavoro, cercando di mantenere un equilibrio tra vita e lavoro. Cosa che per un periodo è stata pressoché impossibile, specie con un cospicuo turnover dei collaboratori», ora placatosi, è da un po' che un “Longoni boy” non apre un suo panificio.
L'apertura a Bolzano
«È stato determinante lavorare sul tema dei collaboratori, quando siamo riusciti a delegare la qualità, dando estrema fiducia e libertà, trovo migliorato anche il pane». Oggi la loro realtà conta un'azienda agricola dove coltivano grano e producono anche olio, ha 70 dipendenti, i bilanci in ordine e un piano di sviluppo che vede l'assunzione di trenta persone e l'apertura da qui al 2026 di altri tre punti vendita, uno fuori regione, nel Mercato Centrale di Bolzano. «Qui useremo materie prime tirolesi, faremo i pani regionali, come il kaiser». In generale ogni negozio è differente perché cercano di lasciare all'intelligenza dei singoli molte decisioni. «L'idea di rilanciare la michetta non è stata mia ma di Davide Orlandi, che gestisce il Mercato Centrale di Milano, a un certo punto mi ha proposto di fare la michetta con biga e farina biologica e i risultati hanno parlato da soli, ora vorremmo proporla in altri negozi. Dopo dieci anni e sette negozi posso tranquillamente affermare che non siamo stati una moda effimera». Paura che il mondo della panificazione possa diventare una moda effimera? «No ma se dovessi dare un consiglio a chi verrà è quello di andare oltre le microbakery: restare piccoli è bello ma anche crescere lo è».
"Non voglio fare il pane per tutta la vita"
Altri progetti futuri? «Non avendo avuto dei figli Tatiana e io abbiamo creato un'entità che non coincide con le nostre due persone, facendo in modo che sopravviva a noi e alla fine della nostra carriera lavorativa, senza dover necessariamente vendere l'azienda o fare cose che andrebbero a snaturarla. Non mi piace immaginarmi fare il pane per tutta la vita, ma vorrei che il pane di Longoni esistesse anche senza Longoni». In quest'ottica di “depersonalizzazione” è appena nata Breaders, una mini holding che aggrega cinque realtà, oltre Longoni, Brisa a Bologna, Mamm di Udine, Mercato del Pane a Pescara e Pandefrà di Senigallia. Ma cosa voleva fare Davide Longoni da piccolo? «Viaggiare con la motocicletta». Non con la motocicletta ma alla fine Longoni ha fatto viaggiare le idee e un modo virtuoso di concepire il pane. La strada è stata spianata.