Un passato da pizzaiolo e un presente da buongustaio. Danilo da Fiumicino si racconta fra carbonare mal digerite, un amore professionale per Giorgione e un'ossessione per le recensioni dei ristoranti.
Danilo Contaldo, meglio noto come Danilo da Fiumicino. Lei conduce il podcast “De Core” con Alessandro Pieravanti, gestisce un b&b, è uno speaker di Radio Deejay, fenomeno dei social con oltre 700mila follower, ma anche cuoco amatoriale.
Tutto giusto. Sembra la Digos (sorride, ndr).
Quale veste le si addice di più?
Principalmente, mi piace far sapere che lavoro a Radio Deejay come speaker e comico. Tutte le altre cose le faccio e sono contento di farle. Attualmente ho questo progetto che è il “De Core” podcast che mi prende tantissimo, quindi, sono anche podcaster.
Una volta lei cucinava nello studio della radio.
Quando il Trio Medusa mi chiamò (diciassette anni fa, ndr) avevo una pizzeria e in radio cucinavo. Avevamo a disposizione uno studio di tre metri quadri circa e spianavo la pizza, portavo la friggitrice per fare i supplì. Facevamo cucina e radio insieme e tutti i suoni delle cotture passavano attraverso il microfono, avevamo un risultato incredibile.
Cosa ne facevate delle preparazioni?
Le mangiavano tutte. Un’esperienza incredibile, durata due anni.
Perché avete interrotto?
L’aglio! (sorride, ndr). Questa cosa è diventata famosa in radio. Sì, ho bruciato l’aglio. Non ricordo cosa stessi facendo, una delle mie ricette incredibili (!) e il fumo è andato nell’aeratore. Insomma, a livello di sicurezza non era proprio una cosa che si poteva fare. E da lì abbiamo interrotto tutto.
Dicevamo che è stato anche pizzaiolo. Che tipologia di pizza proponeva?
La classica pizza in teglia. All’epoca non esistevano le pizze gourmet: l’impasto era uno e gli ingredienti erano quattro. C’era la Margherita, quella con le patate, e la rossa con tanto olio. Adesso se vedo il menu delle pizzerie sembrano bibbie infinite e hanno duecento impasti diversi.
Qual è la migliore pizza al taglio di Roma?
Mi faccio i nemici così. La migliore pizza al taglio di Roma è la pizza rossa.
Nessun nome?
No, no (sorride, ndr). A Roma ho tanti amici pizzaioli, li potrei nominare tutti. Però, nessuno sa che a Fiumicino c’è una grande tradizione di pizzerie. C’è Pizza al porto, Sancho, Cacchione, pizzerie al taglio storiche dove si mangia la pizza davvero buona. Andate a Fiumicino a mangiare non solo il pesce ma anche la pizza.
E allora, come si mangia a Fiumicino?
Bene, secondo me si mangia ancora meglio degli anni Ottanta o Novanta. Fiumicino è il posto dove tutti i romani andavano nel weekend per mangiare ai ristoranti e si mangiavano sempre le stesse cose, negli anni la cucina è cresciuta.
Lei in un video ha dichiarato: “A Fiumicino si mangia tutto nel cartoccio”, cosa intende?
Intendevo la frittura. Ormai a Fiumicino è diventata famosa la frittura nel cartoccio, è anche una cosa molto turistica. Moscardini, calamari, gamberi, si mettono nel cartoccio, cammini e te li mangi.
Quindi Fiumicino come Napoli, sfida all’ultimo cuoppo?
Beh, Fiumicino ha origini campane: la maggior parte degli abitanti della Fiumicino centrale storica è tutta fatta di pescatori che per la maggior parte ha origini campane. Un legame c’è ed forte.
Se vuole fare colazione dove va?
Lei vuole proprio i nomi! Allora, se devo fare colazione parto da Roma, perché ora abito a Roma, vado a Fiumicino e vado da Rustichelli, bar pasticceria famosissimo che secondo me fa i cornetti più buoni d’Italia.
Il caffè?
Non ci capisco nulla di caffè. Ho iniziato a bere caffè da quando sono diventato “anziano” e dormo poco. Per darmi carica bevo caffè ma non sono un intenditore. A Roma il caffè buono lo fa Ciampini, per me il migliore di Roma.
Qual è il suo confort restaurant, il locale dove si sente davvero a casa?
Se vado a mangiare fuori voglio sempre la novità, mi piace girare. Non c’è un ristorante dove vado sempre e dove mi sento a casa. Poi c’è quella storia dei ristoranti che per attrarti dicono “si mangia come a casa” e allora mangio a casa!
E a casa sua come si mangia?
Allora, adesso bene, cuciniamo sia io sia mia moglie che cucina benissimo, però è una pessima casalinga: non ripulisce e devo ripulire io. Invece, mia madre – romana – non ha mai saputo cucinare. Quando ero ragazzo e mi dicevano: “Vieni a mangiare in questo ristorante, si mangia come a casa”, e io rispondevo: “Ma a casa mia si mangia male”.
Sfatiamo il mito che tutte le mamme sanno cucinare.
La mia non ha la passione, ha sempre cucinato solo per sfamarci. Ma perché, poi, tutte le mamme devono saper cucinare?
Guarda i programmi di cucina?
Sono totalmente dipendente dai programmi di cucina. Ora sembra una ruffianata, ma casa a casa mia la tv è fissa accesa su Gambero Rosso Channel.
E cosa le piace dei programmi di cucina?
Mi rilassa vedere persone cucinare. Sto ore e ore a guardare, però quando arriva il momento di cucinare non so che fare.
Masterchef, lo guarda?
Per me è Sanremo. È il top del top.
In una puntata del podcast “De Core” avete intervistato Eleonora Riso, vincitrice dell’edizione di quest’anno.
Sì, secondo me è stata una delle concorrenti più forti in assoluto.
Anche lei è stato protagonista di un programma di cucina: “Celebrity chef” con Alessandro Borghese, com’è stata la sua esperienza?
Bellissima, poi l’ho fatta insieme a Max Giusti che per me è una sorta di maestro. Però ho perso male.
Perché ha perso?
Ho voluto portare una roba innovativa: come dolce un semifreddo alla vaniglia con guanciale croccante sopra, non è stato capito. Poi avevo fatto degli spaghetti alle telline, il mio piatto preferito e Borghese ha detto che erano buonissimi.
Per il suo podcast ha intervistato anche Giorgione e ha dichiarato: “Se c’è una persona che conosce Giorgione a livello artistico quella sono io” e rivolgendosi a lui ha detto: “Mi fai stare bene”. Ci racconta di questo amore viscerale per Giorgione?
A livello artistico, umano, rischierò prima o poi una denuncia di stalking da Giorgione (sorride, ndr): sono andato anche al suo ristorante, sono stato a casa sua, l’ho invitato al podcast. È eccezionale, a me piace proprio il suo modo di raccontare, non solo di cucina ma di qualsiasi cosa. Poi è esperto di musica, ha un passato incredibile.
Quali sono i piatti di Giorgione che le sono rimasti impressi?
Ho trovato veramente la cucina di casa, tutto il contesto mi è piaciuto, è venuto al tavolo con noi, poi ha preso la chitarra ha iniziato a suonare e cantare. Mia moglie quando siamo andati via era anche un po’ gelosa e ha detto: “A un certo punto lo guardavi in un modo in cui a me non hai mai guardato”. Così: Giorgione è mamma e papà insieme, è affetto.
Sui suoi profili social ha pubblicato dei video in cui sfotte i salutisti: “Il caffè senza zucchero è meglio”, “Il latte di soia non sembra nemmeno latte di soia”. Perché lo ha fatto?
Innanzitutto, ribadisco che il latte di soia non è buono ma, secondo me, è l’abbinamento latte di soia e caffè che rende il risultato ancora peggiore. Bisogna stacce (starci, ndr). Per carità va benissimo per gli intolleranti, o per chi vuole prendere meno calorie o grassi, ci sta, ma non si può dire che è buono.
Facciamo una postilla per aiutarla: non latte di soia, ma bevanda vegetale alla soia.
Ah sì, giusto, perché nessuno ha munto un latte di soia. È una bevanda vegetale.
La sua vita da salutista com’è?
Per assurdo, sono un buon salutista, mangio spesso nei ristoranti, e quando sono a casa cerco di mangiare sano, più equilibrato, prendo in giro anche me stesso.
Quando deve scegliere un ristorante guarda le recensioni, sfoglia le guide gastronomiche o è attirato dalle file alla porta?
Odio i ristoranti con la fila, se hai fila non vuol dire che hai successo. Consulto molto le recensioni, non mi affido assolutamente più ai food blogger perché non sono più credibili. Stateci. Vengono pagati per pubblicizzare un locale, poi è normale che dicono che quel locale è buono. Vado sulle recensioni e le leggo attentamente, è un’altra mania: spesso le leggo e poi neanche ci vado ma mi piace vedere quello che scrivono.
Fa recensioni?
No, non sono uno che fa recensioni, sia se mi trovo bene o male. Se mi trovo male lo dico direttamente al ristoratore. Mi affido alle recensioni ma sto attento, anche quelle ormai sono state contaminate.
Ci sono dei criteri, che lei utilizza, per individuare se le recensioni sono vere o false?
Secondo me, la presenza di foto dei clienti sono un ottimo indice. E poi le recensioni devono essere una via di mezzo fra positive e negative, se ce ne sono ad esempio venti di fila super positive sono finte. E poi conta anche il passaparola per i ristoranti. A me chiedono spesso nei messaggi privati di Instagram consigli sui ristoranti di Roma, anche se è una cosa che non sopporto: “Danilo, mi dici dove posso mangiare la migliore carbonara di Roma?”, per dire.
Lei è fan della carbonara o dell’amatriciana?
Carbonara. Non amo le cose al sugo: le salse, il pomodoro nella pasta.
E qual è la sua opinione sulla carbonara?
La carbonara che c’è adesso non è quella che mangiavamo quando eravamo piccoli, mia madre l’uovo crudo non te l’avrebbe fatto mangiare nemmeno sotto tortura. La carbonara era: guanciale, non tanto perché era troppo forte, pancetta quindi, uovo ben cotto e pepe, quella era la carbonara.
E come mangia la carbonara adesso?
Il dramma è che siamo schiavi di Instagram: sono costretto a fare il video in cui mostro che ho fatto anche io la carbonara con la cremina, non esagerata però: vedo certi ristoranti che fanno tipo zabaione, a me disgusta solo a guardarlo pensa a mangiarlo.
Quindi “no carbocrema”?
No. Ma poi non chiamatela nemmeno carbocreama, è diventato fastidioso.
Lei lo sa che nel 1954 la carbonara era fatta con groviera, aglio e pancetta?
Ma meno male che hanno cambiato. Pure questa cosa che si mangiava meglio prima, ma anche no. È più buona oggi la carbonara, diciamolo.
Ha una perversione mangereccia?
Io vivo di perversioni mangerecce. Continuamente. Mangiare tutto il giorno.
Fisicamente non si direbbe.
Mangio tanto ma mi alleno tanto.
Lei è uno di quelli che si allena per mangiare, quindi?
Con pessimi risultati. Io mi alleno anche con Rosolino, il nuotatore, che un giorno mentre mi allenavo mi ha visto affaticato e ha detto: “Tu nella vita devi decidere: o ti alleni o mangi”. E aveva ragione!
Che bambino è stato a tavola?
Da piccolo mangiavo pochissimo, però c’è una cosa che mi hanno insegnato i miei genitori che è quella di assaggiare tutto quello che ti portano davanti ed è grazie a questo che a me piace tutto. Mi piace viaggiare per assaggiare. Ho assaggiato gli insetti: mi hanno sempre incuriosito e mai fatto schifo e alcune volte li ho trovati anche buoni.
Forse questo è anche merito del sanguinaccio della nonna?
Sì, sì!
Ci racconta questa storia?
Mia nonna allevava gli animali: tutto quello che correva, lei lo cucinava. Allevava con amore gli animali e li mangiava solo nel momento in cui c’era bisogno: non c’era lo sfruttamento che c’è adesso. E degli animali si mangiava tutto e mia nonna faceva il sanguinaccio con sangue di maiale ma anche di gallina e pollo. Una roba tosta.
Che sapore aveva?
Del male, proprio.
Da adulto l’ha riassaggiato?
No, al giorno d’oggi c’è bisogno? No.