Il premio alle donne in cucina. Ha senso?
Ancora una volta, anticipando di qualche settimana la cerimonia di premiazione che quest’anno si terrà a Singapore, la commissione della World’s 50 Best Restaurants assegna il riconoscimento più discusso tra quelli che premiano il talento individuale. Che una delle classifiche più ambite dagli chef di tutto il mondo continui a riservare una categoria “protetta” - che per contro può essere letta come una volontà specifica di mantenere separati i generi – per le donne che lavorano e si distinguono nel settore della ristorazione appare anacronistico nel momento in cui sono proprio le dirette interessate a chiedere di non marcare differenze che restano tali solo per retaggio culturale. Però è indubbio che il lavoro in cucina, nell’alta ristorazione, continua a richiedere profili maschili per ricoprire ruoli di responsabilità. E forse solo quando sarà naturale, sui palcoscenici più prestigiosi, evitare di cadere in queste distinzioni di genere, avremo la conferma che qualcosa è cambiato. E viceversa: quando il premio alla Best Female Chef cesserà di avere motivo di esistere? Negli anni passati, chi ha ritirato il riconoscimento – dalla slovena Ana Ros all’inglese Clare Smyth – non ha mancato di ribadire l’auspicio che un giorno non troppo lontano i premi possano concentrarsi esclusivamente sul talento di chi li riceve.
Daniela Soto-Innes. Chi è
E di grande talento è sicuramente dotata Daniela Soto-Innes, cuoca messicana di stanza a New York, che da qualche ora è la Best Female Chef 2019. Nel caso specifico la chef di Cosme e Atla, braccio destro di Enrique Olvera e principale responsabile del successo e del credito che le insegne del cuoco messicano riscuotono a New York, è anche paladina di quella minoranza etnica (seppur molto presente sul territorio statunitense) cui l’America trumpista sta rendendo la vita difficile. E ci aiuta a ricordare quanti messicani siano impiegati, nelle grandi città americane, nel settore della ristorazione, spesso ricoprendo le mansioni più umili, che poi sono quelle che permettono all’attività di esistere. Se non bastasse, Daniela Soto-Innes, con i suoi 28 anni, è la più giovane chef mai insignita del premio. Ma la World’s 50 Best Restaurants (che piazza Cosme al numero 25, mentre la casa madre di Pujol è al 13esimo posto) non è la prima ad accorgersi delle sue capacità: nel 2016, ad appena 25 anni, la chef di Città del Messico cresciuta a Houston conquistò il riconoscimento come miglior chef emergente d’America della James Beard Foundation.
Cucina messicana moderna a New York
Alla guida di una cucina che per due terzi è condotta da donne e dà lavoro a numerosi immigrati, la chef riceve il premio per il suo approccio “dinamico e creativo” nel servire una cucina messicana contemporanea a New York. Per Enrique Olvera è presente in città dall’esordio di Cosme, ma prima ha viaggiato tra l’Europa e gli Stati Uniti, dopo gli studi a Le Cordon Bleu di Austin. A Città del Messico, nella cucina di Pujol, si è fatta conoscere dallo chef, che deciso a portare la tradizione gastronomica messicana a New York ha scelto di riporre la sua fiducia in Daniela quando la giovane cuoca aveva solo 24 anni. All’apertura di Cosme, nel 2014, è seguito il progetto Atla, locale più informale di NoHo che accoglie gli ospiti per tutta la giornata, tra un taco del pastor, una quesadilla e un Margarita. E presto la premiata ditta Olvera – Soto Innes arriverà anche a Los Angeles, con due progetti: Damian, ristorante che reinterpreta la cucina messicana alla luce di suggestioni giapponesi, e la taqueria Ditroit.
Nei commenti a caldo, la chef riceve il premio con l’intenzione di continuare a sostenere persone di tutte le età e nazionalità nel coltivare il sogno della cucina: “Ricevo il premio per tutto il mio team, la mia famiglia, il Messico. E per tutti coloro che ci supportano”. Il 25 giugno, a Singapore, la rivedremo sul palco dei World’s 50 Best Restaurants 2019.
a cura di Livia Montagnoli