Chi può metta, chi non può prenda. Il motto di Giuseppe Moscati
Chi può metta, chi non può prenda. Non tutti sanno che a coniare questo motto, all’inizio del Novecento, fu Giuseppe Moscati, medico napoletano poi santificato, che usava riscuotere così il suo onorario per le visite a casa, solo da chi poteva permettersi di pagare. Mentre a poveri e indigenti non solo la visita era offerta, ma Moscati portava con sé del denaro da offrirgli per provvedere alle prime necessità. Oggi la frase accomuna le iniziative solidali nate spontaneamente in molte città d’Italia, per far fronte a un momento di grande difficoltà per tutti, ma soprattutto per tutte quelle persone che non possono più contare sul proprio lavoro e spesso non riescono neppure a sfamarsi. Il numero delle famiglie indigenti, in Italia, è in continuo aumento: il governo ha cercato di portare sollievo stanziando 400 milioni di euro in buoni spesa, ma è chiaro che non tutti potranno usufruire dell’aiuto. Anche per questo il fiorire di sistemi solidali dovuti all’iniziativa dei singoli è quanto mai provvidenziale. E il motto di Giuseppe Moscati torna a essere attuale.
L’idea del panaro solidale a Napoli
Tanto più che proprio da Napoli è partito quello che oggi potremmo definire un “movimento” nazionale, pur con differenti declinazioni territoriali. Nel capoluogo partenopeo l’idea del panaro (il cesto, ndr) solidale è stata promossa in prima battuta nel quartiere limitrofo alla Chiesa di Santa Chiara, per iniziativa di una coppia che calando un panaro pieno di cibo cucinato dal balcone ha pensato di sfamare così i senzatetto della zona. Sono bastati pochi giorni perché i panari solidali – variamente riempiti di piatti pronti o generi alimentari di prima necessità – si moltiplicassero in città. E l’eco dell’iniziativa è rimbalzata nel mondo, ripresa tra l’altro da una superstar come Madonna, che ha rilanciato un video del panaro commentando “God bless you Italy”.
Le Ceste Sospese a Milano
Nel frattempo l’idea è stata ripresa in altre città d’Italia: a Milano, nel quartiere Bovisa-Dergano, sono le piccole attività commerciali e le botteghe alimentari a foraggiare il sistema della Ceste Sospese. Sedici in tutto, facilmente rintracciabili attraverso la mappa divulgata online e affissa nei pressi di tutti i presidi solidali, contengono prodotti alimentari confezionati e beni di prima necessità. L’obiettivo è analogo: fare in modo che chi ha bisogno possa sentirsi libero di prendere senza dover necessariamente chiedere aiuto e provare imbarazzo.
Da Bologna a Roma e Torino
A Bologna, nel frattempo, il panaro è stato replicato in zona Saffi, all’incrocio tra via Gorizia e via Timavo: in questo caso non un cesto calato dal balcone, ma una cassetta dove gli abitanti del quartiere possono lasciare biscotti, pasta, cibo in scatola per chi ne ha bisogno. A Roma, invece, la prima iniziativa in tal senso si segnala nella zona che fa capo a piazza Bologna, a opera di un gruppo di commercianti che provvedono quotidianamente a rifornire la spesa in sospeso appesa in strada, in viale Lorenzo il Magnifico. Qui la solidarietà assume anche la connotazione di riconoscenza verso gli italiani, dal momento che i commercianti coinvolti (un fornaio, il fruttivendolo di zona, il titolare di un piccolo minimarket) sono tutti stranieri accolti nella Capitale diversi anni fa. E anche i residenti si sono fatti coinvolgere, partecipando alle donazioni.
Dall’altra parte della città, non distante dalla Basilica di San Paolo, intanto, la pasticceria Desideri ha allestito un banchetto in strada, davanti alla vetrina del negozio (ora chiuso), per donare le sue colombe alle famiglie in difficoltà. La conta delle città solidali potrebbe continuare, da Torino (in versione scatole solidali, allestite in prossimità di una fermata dell’autobus) a Lamezia Terme, a Bari e Firenze (con la scatola rossa), ovunque ci si attiva per replicare l’idea partita da Napoli.
Il cibo dei detenuti per le famiglie indigenti
E in questa gara di solidarietà partita dal basso è bello segnalare anche l’iniziativa dei detenuti del carcere della Gorgona. Sull’isola dell’arcipelago toscano, i detenuti coltivano l’orto e allevano animali per la produzione di formaggi come forma di riabilitazione sociale. In questi giorni particolari, proprio da loro è partita l’idea di donare il cibo prodotto, frutta e verdura fresche alle associazioni solidali di Livorno, attraverso la mediazione della caserma della Guardia di Finanza locale. Per la gioia di oltre mille famiglie in difficoltà.
a cura di Livia Montagnoli