Pensiamo di non essere pronti a pagare un'insalata come una bistecca, ma è ora di cambiare idea

3 Feb 2024, 12:33 | a cura di
Si parla tanto di svolta vegan nella ristorazione, ma i consumatori ancora si sorprendono se un menu vegetale costa tanto quanto uno a base di carne o di pesce

Non esistono prodotti di serie B, solo una scarsa conoscenza della materia prima. O, piuttosto, un pregiudizio duro a morire. Altrimenti perché ci si scandalizza ancora per un menu vegetale che costa tanto quanto uno a base di carne e pesce?

Le verdure non sono più solo un contorno

L’ultima polemica arriva dall’Inghilterra, dove una caffetteria vegana ha deciso di includere anche prodotti animali per non far scappare i clienti, scontenti di dover pagare il bacon vegetale quanto quello classico. Ma prima ancora era successo nel mondo del fine dining, quando l’Eleven Madison Park di New York aveva annunciato la sua svolta vegan, mantenendo inalterato il prezzo del menu, con non poche polemiche da parte dei consumatori, che trovavano illogico dover sborsare una cifra consistente per delle verdure.

Ecco, il punto è proprio questo, la nostra considerazione delle verdure. Relegate a contorno, a piatto da accompagnamento, al massimo farcitura per una pasta all'uovo (sempre in abbinamento a un qualche latticino), da ordinare per concludere il pasto prima del dessert.

La dittatura della carne (e dell’alcol)

«Il problema è di natura culturale, prima ancora che economica» spiega Giorgio Pace di Piccola Bottega Merenda, negozio romano che raduna il meglio dell'agricoltura sostenibile, «sono carne e pesce a dettare le regole, non si riconosce il valore degli ortaggi». È come nel campo delle bevande, «esiste solo il vino». Ne è un esempio la kombucha, in vendita in bottega: «Una bottiglia grande costa 16 euro, la reazione è sempre quella di paragonarla a un vino. Come ci fossero prodotti di serie A e di serie B».

Esiste solo il cibo

Un preconcetto che coinvolge l'intera filiera, «chi sceglie di lavorare la terra molto spesso non ha reddito. Senza sussidi, se sei un piccolo-medio agricoltore, non puoi sopravvivere». Senza considerare, poi, l’aumento della materia prima, «che non si percepisce tanto nell’agricoltura biologica, quanto in quella convenzionale. Da 90 centesimi al chilo siamo passati a 4 euro perché i costi della grande distribuzione sono raddoppiati». A cambiare deve essere il nostro approccio agli ingredienti: «Basta con l'egemonia della carne. Esiste solo il cibo».

La verdura come il pesce, va lavorata subito

Si è parlato tanto di rivoluzione vegetale in questi ultimi anni (di esempi nell'alta ristorazione ce ne sono diversi, a cominciare da Niko Romito al Reale), ma forse non è ancora chiaro cosa significhi pensare, modellare delle verdure in un gran piatto. «Non si deve considerare il costo della singola melanzana, ma la trasformazione di ciò che fino a poco fa era solo la base per la parmigiana in un'esperienza» dice Roberto Rossi, chef-patron del ristorante Silene in provincia di Grosseto, che nella guida Ristoranti d’Italia 2024 ha vinto il premio per la miglior proposta vegetariana.

Da lui i menu hanno pressoché lo stesso prezzo (€130 e €150), «togliere un elemento come la carne o il pesce non significa che il piatto sia più semplice». Tutt’altro, a dire il vero, considerando che le verdure «quelle di un certo livello» per dare vita a ricette straordinarie devono essere lavorate subito: «Proprio come con il pesce, non possiamo permetterci di conservarle per giorni. Più tempo passa dalla raccolta, meno opportunità di gusto ci saranno».

Il futuro è vegetale, dobbiamo solo abituarci all’idea

Parliamo di piatti d’avanguardia, studiati nei minimi dettagli, dove la verdura è la sola e unica star: «Perché mai i prezzi non dovrebbero essere equiparati a quelli dei menu tradizionali se risorse impiegate, manodopera, ricerca, realizzazione e tempi sono gli stessi?». Ma c’è di più: quello che chef come Rossi portano avanti è un concetto col quale bisognerà familiarizzare in fretta, «il futuro è vegetale, dopo le verdure verrà il pesce e infine la carne».

E non si tratta di una moda, «non c’entra il trend vegano e forse neanche la sostenibilità; lo faremo per la nostra salute, è inevitabile». Gli chef in questo hanno una grande responsabilità, «che implica dei costi di gestione, senza contare l’intero mondo agricolo che si muove a monte. Tutto per regalare un'esperienza».

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