La Locanda Radici di Melizzano
Nella campagna del Sannio, il motto di Angelo d’Amico è raccontare il territorio attraverso la biodiversità della terra. Manipolando dunque al minimo la materia prima, e recuperando antiche ricette locali. Nato a Vico Equense, ma di casa a Frasso Telesino (BN), dopo esperienze importanti, lo chef è tornato alle proprie radici e accoglie gli ospiti nella sua bella locanda circondata da ulivi e ciliegi. Dopo gli studi all’Istituto Alberghiero di Benevento, avviato sul percorso della cucina per la vicinanza con la cultura contadina che ha conosciuto sin dall’infanzia, Angelo ha incrociato in passato le brigate di grandi chef, da Anthony Genovese a Carlo Cracco, arrivando pure nella Parigi di Alain Passard, nella squadra de L’Arpege. E ben sei anni della sua carriera in cucina li ha trascorsi al fianco di Antonello Colonna, nel resort di Labico, alle porte di Roma. Oggi, con suo fratello Giuseppe, che è sommelier e accoglie gli ospiti in sala, guida il suo progetto di ristorazione con l’ambizione di essere cassa di risonanza di un territorio vocato all’agricoltura.
La ricerca sull’ecosostenibilità. Dati alla mano
L’ultimo step di questo percorso, sempre fondato sulla centralità della materia prima, lo porta ora a impostare un’idea di menu fondato il più possibile sull’ecosostenibilità. Un tema che, sviluppato con la complicità di suo fratello - laureato in ingegneria energetica – Angelo ha deciso di affrontare con grande serietà, per non limitarsi a riprendere solo qualche bella parola di tendenza: “Dopo 25 anni di cucina, io e mio fratello abbiamo fatto scommessa. È possibile essere sostenibili? Così abbiamo elaborato un modello analitico coerente con la mia filosofia di cucina, ma tenendo conto, per ogni ingrediente dell'impatto ambientale, del risparmio energetico e del fattore economico, dati alla mano. E ci siamo resi conto che la carta precedente già prevedeva piatti sostenibili in percentuali variabili dal 20 al 30%. Ma volevamo fare di più”. Dunque il modello elaborato da Radici fa riferimento a tabelle di conversione e formule ben precise, con l’obiettivo di sviluppare una proposta che tenga conto, tra i fattori imprescindibili, del risparmio energetico e delle emissioni di CO2 (con lo scopo, evidente, di ridurle al minimo). E questo non solo in fase di produzione, ma anche in fase di trasformazione della materia prima.
Il modello della cucina ecosostenibile al ristorante
Posto il caso di un ristorante “convenzionale” con 80 posti a sedere, Giuseppe (l’ingegnere!) ha calcolato degli indici medi di efficienza di trasformazione della materia prima – tutti consultabili sul sito di Locanda Radici – perseguibili in cucina utilizzando sistemi tecnologici aggiornati e tecniche dirette, ma, ancor prima, “massimizzando il flusso d’approvvigionamento della materia prima attraverso sistemi concentrati”. Una base di partenza - che fissa il rendimento globale medio di ecosostenibilità del ristorante al 20,82% - da implementare con buone pratiche per ottenere un miglioramento crescente nel tempo. E questo sarà possibile anche intensificando le relazioni con i produttori del territorio: “Prodotti che a una prima analisi risultano idonei al ragionamento, infatti, possono rivelarsi non coerenti rispetto al tema. Dunque il primo obiettivo dev’essere capire cosa stanno facendo le aziende del territorio, per sostenerle al meglio. Oggi questo metodo ci ha portato a selezionare più di una decina di realtà che rispondono ai nostri parametri, e in carta abbiamo già 12 piatti davvero ecosostenibili. Al momento è il massimo che riusciamo a garantire, comunque un ottimo risultato di partenza: la cucina sostenibile non si fa a chiacchiere, ci sono analisi e verifiche preliminari importanti”.
La selezione delle materie prime e il menu
E non sempre il km 0 è premiante: “Ho visto tante aziende, nella nostra zona, lavorare in cerca di volumi, più che con responsabilità. E, invece, per esempio, faccio arrivare il pescato del Tirreno da Ponza, Terracina e Pozzuoli, dove ci sono pescatori che rispecchiano i nostri valori. Ma sono importanti anche i dettagli: chi ci porta le uova le consegna in contenitori biodegradabili, le verdure arrivano in cassette di legno. Per noi queste sono regole fondamentali. Se diamo il buon esempio, saremo sempre di più a rispettare la terra. E anche i clienti possono essere positivamente influenzati da questo processo: è un messaggio da divulgare”. Per favorire la comunicazione, l’ospite è guidato nella scelta dei piatti dai simboli presenti sul nuovo menu: quadrifoglio verde per proposte con coefficiente di ecosostenibilità oltre il 30%, giallo per percentuali tra il 20 e il 30, arancione al di sotto del 20%. E due dei quattro percorsi degustazione ottengono il verde (il Radici, 50 euro, e il Vegetariano, 39 euro), come anche il menu per bambini, con pasta al pomodoro San Marzano e basilico, cotoletta di pollo nostrano con patate rustiche e mousse al cioccolato. Tra i piatti, si distinguono per ecosostenibilità i cappellacci allo scarpariello e pomodorini alla brace, le lumache al burro ed erbette del Taburno, i bonbon di caciocavallo di pezzata rossa con agrumi, ma anche due must della casa come la cacio e pepe omaggio ad Antonello Colonna e il risotto come una parmigiana.
Locanda Radici - Melizzano (BN) – strada provinciale Frasso-Solopaca, 5 contrada San Vincenzo – 0824 944506 – www.locandaradici.it
a cura di Livia Montagnoli