L’agroalimentare si dimostra molto vitale ed economicamente strategico per il Paese. Non solo il comparto “regge” in Europa, ma continuano ad aumentare le esportazioni di prodotti agricoli e alimentari nei nuovi mercati extra-Ue, che salgono a un ritmo del 5 per cento annuo. Sono questi i toni con cui la Confederazione Italiana Agricoltori (CIA) esulta moderatamente dopo la diffusione dei dati Istat sull’export italiano.
Moderatamente perché la domanda interna continua a crollare e crolla tutto: gli ortaggi (-2,2), la frutta (-4,5), l’olio evo (-7,3), il vino (-6,9) e addirittura la pasta (-1,6 per cento). Tutto meno che l’export che segna un rotondo (rotondissimo) +12,6% per quanto riguarda il settore agroalimentare su un +4,4% che è il dato aggregato complessivo nazionale.
In valore siamo a qualcosa come 4 miliardi di euro annui ormai per l’export ortofrutticolo. Con però dei margini di miglioramento sconfinati. Sia nel caso si riuscisse, finalmente, ad aggredire in maniera efficace il problema dell’italian sounding; sia nel caso si riuscisse ad affermarsi seriamente sui mercati emergenti extra Ue. I paesi del comparto Bric, infatti, (Brasile, Russia, India e Cina) sono passati negli ultimi anni da una domanda complessiva di 70 ad una di 170 miliardi di dollari. Raggiungere percentuali interessanti di questi valori significa moltiplicare ulteriormente un export che già oggi contribuisce a tenere a galla la produzione nazionale.