La crociata social contro i crimini in cucina
C’è un profilo Instagram e Facebook @italians_mad_at_food (italiani arrabbiati col cibo) che mostra una carrellata di orrori perpetrati nei confronti della cucina dello Stivale, spesso al limite della realtà (tanto che a volte è legittimo sospettare si tratti di fake). La comicità dei commenti e le reazioni alle brutture sono il segreto del successo di questo account. Le storpiature dei nomi, le nefandezze di esecuzione, la libertà di interpretazione ci lasciano a bocca aperta, ma fanno anche molto ridere anche chi italiano non è. Con questo spirito goliardico e leggero, si apre l’ennesima finestra su come il cibo in generale, ma soprattutto quello italiano, sia ancora –– malgrado l’informazione globale dei social –– vittima di atti criminali. Non solo all’estero, ma anche in patria.
Il confezionamento del sapore italiano
Fuori confine, e parlo degli Stati Uniti, ai quali sono in parte legata anagraficamente, si dà molta importanza alla convenienza di aprire un barattolo e usarlo come condimento. Anche in Italia noti brand mettono in commercio salse pronte, è vero. Ma questo per assecondare il cuoco casalingo pigro, o chi non vuole preparare un intingolo mentre la pasta raggiunge la consistenza al dente. Nel mondo anglofono, questo concetto di fast-cooking è anche inutilmente esteso a tante altre preparazioni. Vediamo alcune prove a carico dove il rispetto per le materie prime, anche quelle più nobili come l’olio d’oliva per esempio, è latitante.
Condire l’insalata con “Italian dressing”
Parte di una vastissima gamma di prodotti detti salad dressing, ovvero condimenti per insalate, quello “italian” risale al 1941, ideato da Florence Hanna, figlia di immigrati italiani. Florence e il marito Ken preparavano grandi quantità di condimenti per insalate nel seminterrato del ristorante di famiglia, il Ken's Steak House di Framingham, Massachusetts. L'Italian dressing, che da allora è ancora molto popolare negli USA, è un prodotto industriale a base di acqua, aceto o succo di limone, olio vegetale, peperoni tritati, zucchero o sciroppo di mais ad alto fruttosio, e una miscela di numerose erbe e spezie, tra cui origano, aneto e sale. A volte, l'Italian dressing contiene aglio e cipolla (in polvere) per gli appassionati dei gusti più decisi.
Aggravante: oltre a fungere da condimento per l’insalata, l'Italian dressing viene a volte usato per marinare la carne e nelle pastelle per verdure da friggere, o addirittura per insaporire panini e condire la pasta fredda. L'Italian dressing è venduto in bottiglia, con la variante “creamy Italian dressing” che prevede l’aggiunta di latticini e oscuri stabilizzanti che gli conferiscono una consistenza cremosa. Quando a queste tavole capita di dire che in Italia l’insalata si condisce con olio, aceto e sale, l’americano si stupisce e poi prova una sorta di pietà. La sua prima considerazione è però, “dovete ogni volta mescolare gli ingredienti?”
Bruschetta in bottiglia
La bruschetta. Non ci soffermiamo sulla storpiatura del nome, esaminiamo direttamente le prove. All’estero la motivazione che spinge il consumatore a stappare un barattolo è sempre quella, “perché bruscare il pane e strofinarlo con uno spicchio d’aglio, condendo poi con olio extra vergine d’oliva, quando si può semplicemente andare allo scaffale?” Siccome la preparazione nell’immaginario americano non ammette l’assenza del pomodoro (quando a tavola arriva la ‘fettunta’ si domandano: where's the tomato?) all’estero si vendono confezioni di brusheta mix: polpa di pomodoro, aceto balsamico, basilico e aglio in polvere, da versare direttamente su fette di pane tostato. Esistono variazioni con l’aggiunta di olive denocciolate, punte di asparagi, formaggi non ben identificati, carni macinate di dubbia natura, peperoni arrosto e via dicendo.
Olio d’oliva usato come salsa da inzuppo
Gli stranieri a tavola in Italia, pur lodandone le caratteristiche, non rispettano l’olio d’oliva. Quando sul tavolo trovano accanto al cestino del pane l’oliera, sono tratti in inganno. Abituati alla pratica comune in insegne quali Olive Garden e simili, presumono si tratti di un invito a usare gli ingredienti per una scarpetta fai-da-te. L’ospite ignaro è inoltre confuso dall’assenza del “balsamic” non concependo altro aceto che quello. Dovrebbe stare al ristoratore gentilmente spiegare che l’oliera completa a tavola serve per condire l’insalata. C'è la clausola condizionale ‘pinzimonio’ dove entra in gioco l’assortimento di verdure fresche stagionali, e l'apposita ciotolina del tipico antipasto.
Italian seasoning
L’insaporitore italiano è forse la creazione più diabolica. Si tratta di un bouquet aromatico di origano, basilico, timo, rosmarino, salvia, prezzemolo, peperoncino e maggiorana essiccati e tritati finemente. L'etichetta sulle confezioni USA inneggia all'uso di questo mix per "donare il vero sapore italiano a una miriade di piatti". Nel Regno Unito l’Italian seasoning include anche semi di sesamo, sale marino, pepe bianco, cipolla tritata e granuli di aglio liofilizzati. Nei ricettari d’oltreoceano, si consiglia l’aggiunta dell’infernale polverina grigia per “migliorare” il gusto di zuppe e minestre (specialmente la pasta e fagioli), verdure al forno, il macinato per le polpette e sughi di varia natura per condire la pasta.
Shrimp scampi
Una variante italoamericana della pasta con i crostacei, shrimp scampi è un condimento le cui origini sono attribuite all’Italia, ma pur sempre misteriose. Prima di tutto per il nome assurdamente ripetitivo, ma non solo. In USA gli scampi non ci sono (è una varietà europea, non oceanica in generale), in sostituzione all’estero si usano comuni gamberi (shrimp). Per creare il condimento, poi, non si fa affatto uso di olio extra vergine d’oliva, bensì quantità pantagrueliche di burro, fino a 250 grammi per mezzo chilo di gamberi sgusciati. La salsa nella quale cuociono (troppo) i gamberi è arricchita con prezzemolo tritato, molto aglio, e poi sfumata con vino bianco, o succo di limone. Shrimp scampi è sovente un condimento per linguine o fettuccine, talvolta riso bollito. In Francia, lo chef Fernand Chambrette –– l’ex direttore dell'Ecole de Cuisine La Varenne scomparso nel 2010 –– usava i gamberi all'aglio come condimento per la pizza ai frutti di mare. Anche di questo condimento esiste la versione in barattolo, così giusto per fare prima.