In viaggio per il cibo
Relax, curiosità, il desiderio di staccare la spina, ma pure la voglia di scoprire realtà nuove. Viaggiare è tanto più corroborante quando contempla la possibilità di sperimentare esperienze insolite e portarne a casa il ricordo. Ma è soprattutto l'opportunità di respirare in prima persona i costumi e l'identità di un territorio ad affascinare chi del viaggio ha fatto una componente irrinunciabile della propria vita. E certo la componente esperienziale del cibo, così diretto nel raccontare la cultura di un luogo e la storia di chi l'ha vissuto nel tempo, è un potente veicolo al servizio del viaggiatore (e degli operatori turistici). Un settore, quello del turismo enogastronomico, che piace sempre di più, e spinge un italiano su tre a intraprendere un viaggio alla scoperta di nuove tavole e tradizioni gastronomiche. È quanto emerge dal Rapporto sul Turismo Enogastronomico 2018 presentato dall'Università di Bergamo in collaborazione con la World Food Travel Association, con il patrocinio, tra gli altri, di Touring Club, Ismea Qualivita e Federculture. Di fatto, quindi, rispetto al precedente monitoraggio del 2016, la percentuale di italiani che si muovono sul territorio nazionale per cercare esperienze legate al cibo o al vino sale dal 21% al 30%, fotografando un settore che può trasformarsi in traino importante per lo sviluppo economico, occupazionale e culturale dell'intera Penisola, visto che i territori vocati all'enogastronomia in (tutta) Italia proprio non mancano.
Ristoranti, cantine, agriturismi. Le mete del turista enogastronomico
Che gli stranieri siano affascinati dalla variopinta tavola mediterranea e dalle antiche tradizioni della nostra identità gastronomica, del resto, non è mai stato un mistero. Ma ora è il momento di sottolineare che anche gli italiani non disdegnano affatto l'articolo. E così sono in tanti a scegliere di puntare il navigatore verso un ristorante tradizionale per scoprire i piatti tipici di un territorio, meglio ancora se ci scappa un weekend fuoriporta: il 63% degli italiani, valuta importante la presenza di un’offerta enogastronomica o di esperienze tematiche quando sceglie la meta del viaggio. E cresce pure l'attenzione alla qualità della proposta, in termini di autenticità e sostenibilità: il report, curato per l'Osservatorio da Roberta Garibaldi su un campione di 1000 italiani che hanno viaggiato nell'ultimo anno, parla chiaro, l'italiano che si muove spinto dalla passione per il cibo è “un turista acculturato, con maggiore capacità e propensione alla spesa, che cerca nell’enogastronomia un’opportunità di conoscenza e contatto con la cultura di un territorio”. Insieme ai ristoranti, che giocano la parte del leone nel determinare la scelta (73%), elementi d'interesse enogastronomico sono pure i mercati e l'offerta street food (i festival itineranti di food truck continuano a esercitare un grande fascino). Buoni risultati anche per il vino – corroborato dalla nuova legge sull'enoturismo – e per la birra artigianale, che ha trovato spazio in tante piccole località della Penisola e oggi viene annoverata tra le attrattive locali di molti pacchetti enogastronomici, sebbene tra le produzioni di settore sia quella meno riconducibile alla storia dei territori di riferimento.
Le regioni del cibo
A livello regionale, la meta più ambita dal turismo italiano, in linea con il dato straniero, è la Toscana. Ma anche il Sud, con Sicilia e Puglia in testa, tiene testa al primato della regione che per prima ha investito nelle potenzialità del settore. Proprio su investimenti e strategie di comunicazione dovranno puntare nei prossimi anni regioni altrettanto ricche di opportunità da offrire al turismo enogastronomico, come la Lombardia o il Veneto, storicamente legate alla cultura rurale, ma non ancora percepite come mete enogastronomiche rilevanti, a differenza del Piemonte, trainato dell'enoturismo. Strumento principe di supporto nella pianificazione del viaggio è indubbiamente il web, ma la peculiarità del turismo enogastronomico è quella di favorire lo scambio diretto con chi opera sul territorio, alla ricerca di esperienze quanto più autentiche possibili. E anche per questo, sottolinea Maurizio Martina, è necessario puntare sulla multifunzionalità: “La ricezione turistica, anche attraverso l’apertura delle strutture produttive ai visitatori, può diventare uno strumento essenziale per avvicinare produttori e consumatori, oltre che essere una voce di reddito aggiuntiva. Su questa strada dobbiamo fare di più a partire dalla formazione professionale. Abbiamo bisogno di professionisti del cibo, che sappiano interagire anche con i turisti e i buyer stranieri”. E l'obiettivo resta anche quello di diversificare l'offerta, facilitando l'apertura al pubblico di realtà ancora poco conosciute, specie quelle produttive, dai caseifici ai pastifici, alle cioccolaterie. L'altra faccia della medaglia, invece, è il comportamento degli italiani all'estero, che pure curiosi di sperimentare le abitudini locali a tavola continuano a dichiarare amore alle specialità made in Italy, alla ricerca di pasta, pizza, caffè.
a cura di Livia Montagnoli