Prima domanda: la pizza di Briatore ha cambiato Milano? Non diremmo proprio. Seconda domanda: Milano ha cambiato la pizza di Briatore? Nemmeno questo ci risulta. Diciamo quindi che le due realtà si ignorano cordialmente, e francamente ci pare il minimo, visto che nessuna dei due – la città e la Crazy Pizza – ha molto da dare all’altra.
L’itinerario della ricchezza
Di questo riflettevo in una recente visita al locale in via Varese, zona Moscova, dove sono andato perché sono ostinato, le cose le devo capire per bene, e non mi voglio fermare alla polemicuccia pure un po’ impolverata sulla pizza con Pata Negra a 68 euro, che mi sono guardato bene dal mangiare. Il fatto è che Briatore quando ha aperto i primi locali italiani della sua catena, dopo aver costruito con Monte-Carlo, Dubai, Kuwait City, Londra, Doha e Riad l’itinerario della “riccanza”, ha sostenuto che non era possibile far pagare una margherita quattro euro senza evadere le tasse, e che comunque la sua era la più buona di tutte.
Locale post shopping
Eccoci dunque dentro Crazy Pizza milanese. Pubblico eterogeneo, maggioranza di stranieri, un sacco di borse griffate per terra a testimoniare shopping blasonati. Il locale, va detto, non è brutto, all’americana, colori caldi, alle pareti fotografie di star che si abboffano, lungo il muro un divanetto.
Il menu è un concentrato di italianità per dummies: agli antipasti una focaccia senza gloria a sei euro, burrata, prosciutto San Daniele, bresaola, carpaccio di manzo, un frittino di calamari e zucchine. Un pungo di insalate in stile internazionale, la Caesar, la Nizzarda, una Crazy Salad che sembra tanto un’insalata russa. Una serie di piatti classiconi per chi la pizza non la vuole, con scelte un po’ da fame chimica di mezzanotte: Pennette all’arrabbiata, Spaghetti al pomodoro, manca solo la pasta al tonno dei fuori sede. Potrei essere in un ristorante italiano di Miami, ma la cosa non mi sorprende.
La pizza di Briatore: bassa e senza cornicione
Ma sono qui per la pizza. La lista non punta sulla creatività ma su ingredienti forti e identitari. Alle classiche si uniscono proposte più discutibili: quella con il salmone affumicato costa 31 euro (ma il pezzo raddoppia con dieci grammi di caviale Oscietra), e francamente non sembra una buona scelta. La profumata sciorina salsa di pomodoro, datterini, bufala, aglio e basilico a 24 euro. Le pizze sono servite già tagliate in ottavi e su una bizzarra alzatina.
La pizza è molto bassa, senza cornicione, più romana che napoletana, leggera e digeribile, non c’è dubbio, anche se indistinguibile da una pizza qualsiasi di mille locali romani da battaglia, anche se qui gli ingredienti sono certamente di maggiore qualità. Gli ingredienti sono talora messi un po’ a caso, più allo scopo di stupire che non di convincere.
E’ chiaramente un locale che non parla ai cittadini, un milanese potrebbe venir qui sono per curiosità, per farsi un selfie o per farsi un bagno nella jacuzzi delle pizzerie. Quanto alla pizza, non figura nella classifica di 50 Top Pizza (cosa che aveva innervosito Briatore) ma probabilmente non figurerebbe nemmeno nella 500 Top Pizza e chissà mai nei 5.000 Top Pizza.
Il balletto con la pizza
In definitiva, signori della corte, ognuno fa il suo mestiere e si rivolge al pubblico che vuole. Crazy Pizza è sempre pieno, ci sono russi e brasiliani che vanno in visibilio quando a un certo punto le luci si abbassano, la musica si alza, e un ballerino inizia a volteggiare tra i tavoli volteggiando sopra la testa una finta pizza di tessuto. Tutti a fotografare, la pizza si fredda, ma in fondo a chi importa?