Il pesce frollato spiegato bene dagli chef: 5 cose da sapere per apprezzarlo

5 Lug 2024, 15:48 | a cura di
La frollatura viene spesso attribuita come tecnica alla carne, eppure anche il pesce non è da meno: la resa è importante e la materia prima sprigiona sapori mai sentiti prima con il pesce fresco. Se ancora non sapete di cosa si sta parlando, ecco un vademecum per avvicinarsi al pesce frollato.

Si sente spesso parlare di carne frollata e, i meno avvezzi alla questione, restano colpiti davanti a frigoriferi con pezzature di carne animale quasi mummificata con un colore insolito rispetto a quello “naturale” che tutti conoscono. Eppure, la tecnica della frollatura viene usata anche per il pesce, messo in maturazione in frigoriferi, appeso per la coda ad asciugare per qualche giorno, settimane e, per i più audaci, anche fino a qualche mese. E se l’immagine è scenica e impattante, si assicura: lo è anche il sapore e la consistenza.  Il pioniere del dry aging del pesce è  Josh Niland, lo chef australiano che nel 2016 aprì il suo ristorante Saint Peter a Sydney, nel 2018 Fish Butchery, una macelleria di pesce, e che ha scritto vari libri di successo sull’argomento in questione. A seguire la sua scuola, anche molti chef italiani tra cui Matteo Compagnucci del ristorante Sintesi di Ariccia che con Niland ha lavorato per qualche tempo, prima di aprire il suo locale e servire pesce quasi totalmente frollato. Ma se della carne frollata si sente parlare più di frequente, come avviene questo processo per il pesce e cosa bisogna sapere per apprezzare tecnica e materia prima? Lo abbiamo chiesto a cinque chef.

5 cose da sapere sul pesce frollato

Tipologia di pesce

Durante la fase di frollatura il pesce perde liquidi, dunque peso anche fino al 30%, dipende dal tempo di conservazione nei frigoriferi di maturazione. È per questo che, in genere, si lavora con pesci di grosse pezzature: «Che vanno oltre i 7 kg: morone, che è una ricciola di fondale, tonno, pesce spada», come predilige Walter Regolanti del Da Romolo al Porto di Anzio. Anche Daniele Di Russo, Osteria del Mare di Pescara, è dello stesso parere: «Lavoro pesci come l'alletterato, tonno rosso, pesce spada, lampuga. L'altro giorno ho preso un’aguglia imperiale da 15 kg, per dire». Ma nell’elenco ci sono anche «rombi, ricciole, spigole. Quello che offre il mar Adriatico», come preferisce Jacopo Ticchi della Trattoria da Lucio di Rimini. I pesci piccoli non sono vietati nel processo di frollatura, ma trattandosi di prodotti che perdono peso, la resa migliore si ha con pezzature più grosse.  Come spiega Lele Usai de Il Tino di Fiumicino: «Anche una triglia da 100 grammi potrebbe essere frollata, perché magari ti fa comodo asciugarla, e quindi concentrare i sapori. Potrebbe rimanere un giorno in maturatore togliendo un 10% di liquido»

La pulizia del pesce frollato

In genere, quando si pensa al pesce, si rimanda a un olezzo forte, eppure la prima cosa da sapere è che il pesce frollato non emana alcun odore, buono o cattivo che sia, perché perde liquidi. Il caratteristico “odore di pesce”, come spiega lo chef Walter Regolanti, è dovuto: «All'acqua che il pesce trattiene, che è composta anche dall’acqua del mare. E poi anche dal sangue». È questo il motivo per cui la materia prima fresca, appena giunta al ristorante, deve essere pulita in modo certosino. «Io lavoro solo con coltello e carta, quindi squamo con coltello e asciugo solo con la carta, eviscero e asciugo solo con carta (assorbente, ndr.), perché il pesce non deve mai toccare l’acqua dolce: è quella che porta i batteri», spiega Compagnucci.
Dunque, la relazione con l’acqua è quella di no contact. Nella fase di pulizia, poi «vanno tolte tutte le parti del pesce che possono andare in decomposizione. Si sventra, si levano le branchie, si levano tutte le arterie, si leva tutto il sangue alla perfezione. Il sangue è la prima cosa che lo fa andare in decomposizione. Quindi lungo la spina dorsale interna si deve andare a levare con cura tutta la parte sanguigna delle vene», spiega Di Russo.

Matteo Compagnucci, che di Sintesi (Ariccia). Ph. Andrea Di Lorenzo

Dopo la fase della pulitura, il pesce viene appeso in maturazione nei frigoriferi appositi, ma c’è chi fa un passaggio preliminare: «Il pesce lo evisceriamo, lo sfilettiamo e lo abbattiamo subito. Una volta abbattuto lo lavoriamo», spiega Walter Regolanti.
I frigoriferi sono delle macchine perfette, regolate con parametri fissi stabiliti a monte dagli chef: «Ho fatto una lunga serie di esperimenti per capire la resa e ora abbiamo tutta una serie di schemi che ci consentono di gestire il pesce nella maniera corretta», spiega Usai. La temperatura di conservazione nei maturatori è di circa «3, 4 gradi. C’è un computer connesso al frigorifero e si stabilisce il grado di ventilazione, umidità, temperatura, l’ozono per metro cubo (che è un battericida, ndr.)».

Conservazione e maturazione

Ma cosa succede al pesce quando da fresco diventa frollato? Lo spiega Jacopo Ticchi: «Vengono scomposte le varie particelle, molecole, le varie catene proteiche, di carboidrati, di grassi. Quindi nell'evoluzione c'è una semplificazione della struttura muscolare. E questo permette di arrivare a una consistenza più tenera. E a una maggior percezione del gusto, proprio perché le nostre papille gustative ci mettono meno tempo ad arrivare al cuore». I tempi di frollatura possono andare da qualche giorno a qualche settimana, anche mesi, non c’è una regola specifica, dipende dal prodotto che si vuole ottenere. «Io non vado oltre i venti giorni, perché non ne trovo beneficio. Dopo troppo tempo la fibra muscolare viene abbattuta totalmente, diventa quasi cremosa. E a me a quel punto non interessa più, non mi piace», spiega Lele Usai. C’è chi ha tempi medi come Jacopo Ticchi: «da un minimo di tre giorni fino a due settimane», o variabili come Compagnucci: «Dipende, quando usavamo pesci grossi da 60-70 kg, anche tre settimane tranquillamente». La scelta delle tempistiche di maturazione sta nel sapore e nella resa che si vogliono ottenere, «è come se bevi uno champagne giovane o uno champagne invecchiato, sono entrambi champagne di qualità, perché magari è lo stesso vino, però uno champagne invecchiato ha un'evoluzione delle molecole gusto-olfattive, quindi l'invecchiamento dà una complessità al vino. La stessa cosa succede con i pesci. Se si usa un pesce frollato 20 giorni, fondamentalmente rimane fresco, però c'è un sapore più intenso perché hai tolto una parte dei liquidi. E poi c'è stata proprio un'evoluzione aromatica», spiega Lele Usai.

Tonno frollato di Sintesi. Ph. Andrea Di Lorenzo

Il sapore del pesce frollato

Il vero sapore del pesce, probabilmente si percepisce grazie al dry aging, rispetto a quello fresco che ha tutto un altro ventaglio di caratteristiche e sensazioni palatali date anche dall’acqua del mare che incorpora. Con la fase di frollatura, perdendo liquidi, si va al cuore del sapore. «Dopo la morte, il pesce entra nella fase del rigor mortis, con l’irrigidimento delle carni», dice Jacopo Ticchi, e dove i muscoli sono tesi, «i sentori e le molecole sono in una fase chiusa. Piano piano c'è un rilassamento delle carni ed è allora che iniziano, in modo naturale, ad uscire le parti di gusto. C’è una specie di “fase intermedia” dove nei primi 3-4 giorni c'è proprio questo sviluppo, questa messa in luce di quello che c'è già dentro al pesce. Un po' come un frutto: in base alla sua maturazione può avere gusti completamente diversi. Se la pesca viene raccolta troppo presto, non esprime le sue caratteristiche massime», dice Jacopo Ticchi. «Più si va avanti è più la consistenza somiglia a quella di un prosciutto e comunque il prodotto rimane morbido. Il pesce appena pescato, servito crudo, ha tutta una serie di aromaticità primarie: senti il sapore del mare, lo iodio. Lo senti anche nel pesce frollato, però lì cominci anche ad avere delle sfumature anche terziarie», spiega Lele Usai e poi sottolinea: «assume un'intensità più importante: il pesce mantiene le sue caratteristiche che si intensificano» e si arriva a sapori più complessi. «Poi una volta messo in bocca, il pesce crudo frollato ha una consistenza croccante. Il sapore è molto più deciso che anche una piccola fetta, a volte, basta: è molto più saporito e sapido tant’è che spesso non mettiamo nemmeno il sale. Poi tutto dipende dalla tipologia di pesce, ad esempio una ricciola di fondale, che ha un sapore nocciolato, di nocciola tostata», spiega Compagnucci.

Come si mangia il pesce frollato: le ricette

Il pesce frollato ha un’ottima resa sia da crudo che da cotto e gli chef esperti di questa tecnica lo servono come piatto principale o ingrediente di accompagnamento. «Non c'è una ricetta prestabilita, il pesce frollato può essere preparato semplicemente arrosto alla brace, o con gli agrumi, o in abbinamento alle verdure. La cernia fibrosa la preferiamo in guazzetto, con il pomodoro, con gli agrumi. In questo periodo noi stiamo proponendo una cernia bianca frollata e quattro pomodori: quattro tipologie di pomodori diversi, scalogno, basilico fresco, olio extravergine. Ma possiamo farlo anche in una ricetta contemporanea nostra, usando orata di mare, colatura di alici, asparagi selvatici e caffè», spiega Regolanti.  La complessità di sapori, permette agli chef di presentarlo anche in modo semplice per far gustare a pieno la materia prima, come racconta Di Russo: «crudo lo serviamo a carpaccino con un filo d'olio e limone, e qualche odore di stagione dal nostro orto. Invece, il cotto lo proponiamo sia a bistecche che a spiedoni».

La resa è importante, anche con una ricetta più complessa, come lo è la Margherita di Mare di Lele Usai: «Innanzitutto, faccio una tartare battuta cruda. Con le lische del pesce frollato realizzo un fondo, da cui parto per costruire una salsa barbecue. Aggiungo dei pomodori canditi, le spezie, lo scalogno, l'aglio, il Pimenton, tutto quello che mi piace mettere dentro. La tartare di pesce frollato viene adagiata su un po' di salsa barbecue. E poi bilancio tutto con una crema di carote».

Foto in apertura: celle frigorifere di Trattoria da Lucio di Jacopo Ticchi

 

 

 

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