In attesa del coprifuoco in Lombardia
La richiesta è arrivata al Governo dal presidente della Regione Lombardia e dai sindaci delle principali città lombarde, all’indomani dell’ultimo Dpcm annunciato da Giuseppe Conte: per contenere l’avanzata galoppante del virus sul territorio regionale (con gli occhi puntati sulla città di Milano), si impone la necessità di adottare misure più restrittive nella gestione di ogni forma di socialità. E il Ministro della Salute Roberto Speranza si è già pronunciato positivamente sull’idea di introdurre quel coprifuoco tanto temuto che dalle 23 alle 5 del mattino imporrebbe lo stop a tutte le attività e agli spostamenti non autorizzati in tutta la Lombardia. Coprifuoco che a questo punto diventa ben più di un’ipotesi al vaglio, e dovrebbe entrare in vigore già a partire da giovedì 22 ottobre, per correre ai ripari in tempi utili (mentre anche in Campania si profila una decisione analoga). Questo, spiega Attilio Fontana, “anche per cercare di dare un colpo a una delle cause della ripartenza del contagio, che sono l'assembramento, la movida, le feste, gli incontri in piazza, tutte cose che non si riescono a controllare perché non riusciamo ad avere un numero sufficiente di polizia e agenti”, a fronte delle previsioni allarmanti della Commissione Indicatori istituita per monitorare l’evoluzione della curva epidemiologica.
I rischi per la ristorazione
Il provvedimento inasprisce dunque le limitazioni già imposte al settore della ristorazione, che su tutto il territorio nazionale ha l’obbligo di chiudere entro la mezzanotte. A impattare realmente su ristoranti e attività di somministrazione in genere (purché con servizio al tavolo, perché in caso contrario le misure nazionali già impongono lo stop alle 18), nel momento in cui entrerà in vigore il coprifuoco lombardo, non sarà semplicemente l’anticipo ulteriore dell’orario di chiusura alle 23, che per i ristoranti che lavorano sul doppio turno diventa già di per sé un limite difficile con cui fare i conti. Ma soprattutto il concretizzarsi di quello che è l’obiettivo primario del provvedimento: scoraggiare le uscite serali. E sarà dura per tutto il settore della ristorazione lombardo farci i conti (proprio negli ultimi giorni avevamo interpellato anche alcuni ristoratori lombardi a proposito della tenuta delle loro attività nelle ultime settimane; ma ora il rischio che il gioco non valga più la candela diventa davvero alto).
Vendita di alcolici vietata dopo le 18. L’appello del Consorzio del Vino Chianti
Ancor prima di verificare sul campo le conseguenze del coprifuoco che verrà, però, le preoccupazioni diffuse del comparto del food & beverage si catalizzano sulle misure già approvate qualche giorno fa dalla Regione Lombardia, contenute nel regolamento numero 620, che avrà validità fino al prossimo 6 novembre. Tra le misure anti-movida, infatti, si legge anche che, a partire dalle 18, “è vietata la vendita da asporto di qualsiasi bevanda alcolica”. E questo, nei giorni scorsi ha prodotto la diffusione di foto che mostrano corsie di supermercati adibite alla vendita di birra e vino sbarrate da nastri che ne impediscono l’accesso ai clienti dopo le 18, perché il provvedimento è esteso a ogni tipo di esercizio commerciale, dai bar ai pub, passando per chioschi, negozi di alimentari e supermercati. Non hanno tardato a farsi sentire la categorie direttamente danneggiate da questa misura, ritenuta da molti eccessiva per le modalità con cui è stata applicata.
Alza la voce il Consorzio del Vino Chianti, che tramite il suo presidente Giovanni Busi esprime sconcerto e rabbia per un provvedimento che rischia di criminalizzare il vino, inquadrandolo come capro espiatorio degli assembramenti: “Vietare dalle 18 la vendita del vino nei supermercati, nelle enoteche, in tutti gli esercizi commerciali e artigianali, è una follia, un attacco al buon senso, un provvedimento incomprensibile”. Ma il Consorzio si sofferma anche sulla scarsa utilità della restrizione: “La cosa incredibile, e che ci stupiamo non venga colta, è che a essere penalizzate sono soprattutto le persone che dopo il lavoro fanno la spesa e magari per cena comprano una bottiglia di vino. Di solito i giovani, a cui crediamo sia rivolta questa misura, hanno più tempo libero: il vino possono comprarlo anche prima delle 18 e poi berlo fuori, per strada. Non è difficile da comprendere”. Di qui, l’appello alla Regione Lombardia: “Attaccare il settore nel canale della grande distribuzione, l’unico che ha retto e ha garantito nel corso della pandemia la sopravvivenza di molte aziende, significa non comprendere la gravità della crisi che sta mettendo in difficoltà imprese e lavoratori. La Regione Lombardia ci ripensi”.