La rivoluzione alimentare danese. Dalla New Nordic Cuisine a oggi
In quanto a orgoglio gastronomico per le proprie radici, la Danimarca non è seconda a nessuno. Anche se quelle radici si è dovuto riscoprirle con impegno, quasi inventando dal nulla l'idea di una New Nordic Cuisine che a distanza di dieci anni ha fatto scuola, non limitandosi a consolidare l'idea di una ristorazione d'autore geniale e competitiva sulla scena internazionale, ma pure aprendo la strada a nuove abitudini di consumo, improntate sulla valorizzazione degli ingredienti locali. Di questa rivoluzione si sono fatti carico cuochi carismatici, René Redzepi e Claus Meyer in testa, presto supportati dalle istituzioni danesi, all'avanguardia nel definire politiche alimentari coerenti con l'obiettivo. Stanziando fondi a supporto di un'accademia di formazione per chef che sostenesse lo sviluppo del settore ristorativo e la ricerca gastronomica, per esempio; ma anche varando una normativa in favore della lotta allo spreco e delle produzioni sostenibili, a beneficio della collettività. E di nuovo, recentemente, il City Council di Copenhagen è tornato a confrontarsi sul valore dell'educazione alimentare.
La cultura collettiva del foraging. Frutta urbana per tutti
Programmando un'iniziativa piuttosto originale, ma perfettamente in linea con la cultura del foraging che la Danimarca si sta impegnando a coltivare a livello diffuso, al di là del fenomeno di tendenza che oggi imperversa in molte cucine importanti. Cioè a vantaggio di tutti (opera in questa direzione il progetto Vild Mad, sempre firmato Redzepi). Nel caso specifico si potrebbe guardare all'operazione incentrata sulla coltivazione di alberi da frutto municipali come a una sorta di foraging addomesticato. L'idea è semplice: per fornire snack sani, freschi e gratuiti alla comunità, l'amministrazione di Copenhagen si prefigge di piantare alberi da frutto e cespugli che forniscano bacche commestibili in tutta la città. Privilegiando le specie locali, che crescono spontaneamente nelle riserve naturali del Paese, come l'Amager Nature Park. Un progetto che può far sorridere, ma è motivato da principi più che condivisibili.
Educazione alimentare e benessere pubblico
In primis l'opportunità di rinsaldare il rapporto con la terra e stimolare la conoscenza dei processi di produzione alimentare di chi vive in città, come spiega Astrid Aller, consigliera del partito Socialista che promuove l'iniziativa: “Molti cittadini non hanno un giardino di proprietà, e difficilmente possono insegnare ai propri figli come con la natura si può convivere per trarre beneficio e migliorare la propria alimentazione”. Poi c'è il discorso più profondo sul bene pubblico che rientra nel novero delle politiche di welfare: “Vogliamo che la città sia un luogo da vivere, non uno spazio ostile in cui muoversi per cercare un parcheggio. Con spazi pubblici dove sentirsi bene, come a casa; che offrono opportunità e vantaggi per tutti, dando un senso all'idea di bene collettivo”. Parole sante. E il rischio che qualcuno possa deciderne di trarne profitto non scoraggia l'idea: difficilmente, spiega il consiglio, qualcuno potrà pensare di aggirarsi per la città accumulando frutta da rivendere a terzi. Al più, suggerisce qualcuno con un sorriso, potrà capitare che qualche famiglia decida di “saccheggiare” un cespuglio di mirtilli per preparare qualche barattolo di marmellata in casa. Ma anche questo fa parte del gioco. Mentre per contenere i costi dell'operazione – il tema più battuto da chi si oppone al progetto – l'obiettivo è quello di piantare varietà autoctone e resistenti, che non necessitino di cure assidue: sambuco (di cui utilizzare bacche e fiori), more, mirtilli, ginepro, mele di varietà rare e dimenticate, prugne, funghi.
La frutta urbana in Italia e nel mondo
L'idea di mettere a sistema il patrimonio vegetale “edibile” di un città non è nuova, anche se per la prima volta un'amministrazione si muove programmaticamente per razionalizzare la cura del verde pubblico in tal senso. Ma ricordiamo, in Italia, il progetto Frutta Urbana dell'associazione romana Linaria, da anni impegnata a mappare i numerosi alberi da frutto presenti sul territorio pubblico della città: in questo caso l'iniziativa nasce con obiettivi di solidarietà sociale, con l'idea però di educare pure al consumo consapevole e al valore di un'alimentazione sana (ne parlavamo alle origini, oggi il progetto è cresciuto, generando sinergie con altre città e alimentando nuove idee, come Refujam). Ma lo strumento più utile per chi volesse improvvisarsi raccoglitore di frutta urbana è la mappa digitale, costantemente aggiornata, di Falling Fruit, creata da e per raccoglitori urbani, che può contare su contributi da tutto il mondo e permette di ricercare per indirizzo e varietà vegetale. Per l'Italia le concentrazioni più significative interessano le aree urbane e periurbane di Roma e Milano, ma segnalazioni utili indirizzano sulle isole, nei borghi toscani, in provincia di Genova... E il “gioco” può ripetersi all'infinito esplorando ogni angolo del mappamondo.
a cura di Livia Montagnoli