Cop 21. La risposta della viticoltura mondiale ai cambiamenti climatici

7 Dic 2015, 15:00 | a cura di

Cambiano le condizioni climatiche, si modifica il modo di fare vino. A partire dall’Australia, dove aumentano in modo significativo le temperature medie. Ma anche in Italia la viticoltura di sposta in altitudine. 


Surriscaldamento globale. Il caso australiano

Più che tema caldo, un tema incandescente. Visto che alla Conferenza Onu di Parigi sul Clima (Cop 21 dal 30 novembre all'11 dicembre), l'imperativo è “vietato sbagliare”. E mentre i grandi della terra cercano un accordo, la viticoltura mondiale fa i conti con il cambiamento. Molti Paesi produttori stanno cercando di correre ai ripari, modificando a loro volta, il modo di fare vino. Soprattutto in Australia dove, oltre ad anticipare la vendemmia di circa otto giorni, gli enologi si stanno muovendo a Sud, verso l'isola di Tasmania. Sembra, infatti, che le temperature medie nelle principali regioni vinicole australiana sono destinate ad aumentare tra 0,3 e 1,7 gradi entro il 2030, e secondo l'agenzia nazionale di scienza Csiro, la qualità delle uve subirà un calo che va dal 12 al 57%. Non è, infatti, un caso che la Treasury Wine Estates, la più grande azienda vitivinicola del mondo, nel 2013 abbia venduto i suoi vigneti nella Hunter Valley a nord di Sydney, per comprare White Hills in Tasmania.

La risposta italiana. La viticoltura si sposta in altitudine

Ma altrove non è diverso. L'Italia, così come la Francia e gli altri Paesi produttori dell'area mediterranea, stanno iniziando a spostare la viticoltura in altitudine, studiando varietà sempre più resistenti ai cambiamenti climatici. Ma, nel caso di cambiamenti sostanziali, bisognerà rivedere il sistema delle denominazioni. Situazione positiva, invece, per le zone fredde del Nord Europa, tra cui la Germania e le regioni francesi di Champagne e Val de Loire, anche se, i cambiamenti potrebbero modificare il sapore stesso dei loro vini. E intanto, dal canto suo, l'Oiv-Organisation Internationale de la Vigne et du Vin, ha siglato l'adesione al progetto “4/1000: Terreni per la sicurezza alimentare e climatica" (dentro c'è anche l'Università di Bologna), presentato lo scorso 1 dicembre a Parigi, che punta a raggiungere un tasso di crescita annuo del 4 per 1000 dello stoccaggio di carbonio del suolo: un risultato che potrebbe rivelarsi fondamentale per limitare l’aumento di temperatura a livello globale a 1,5 o al massimo 2 gradi centigradi.

Viticoltura sostenibile. L’impronta carbonica

Sempre in ottica ambientale, il Comité Champagne fa sapere che, grazie ad un lavoro iniziato negli anni '80, nel 2003 è diventata la prima regione vinicola al mondo a calcolare la propria impronta carbonica. Oggi, il 100% dei viticoltori della Champagne sono integrati in questo processo.

 

a cura di Loredana Sottile

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