Demonizzati da decenni, i grassi tornano di attualità. Da qualche tempo diversi cuochi, italiani ed europei ma non solo, hanno cominciato a sperimentare l’utilizzo in cucina di grassi animali e i diversi modi (e le diverse forme) in cui usarli. Ma di questo parleremo – con un articolo di Pina Sozio – nel prossimo mensile Gambero Rosso di dicembre, in edicola a fine mese. Qui affrontiamo un altro tema legato ai grassi: il boom della dieta chetogenica.
Chetogenica. Strano nome per una dieta
Strana parola, astrusa e non proprio friendly! Ma prende il nome dai “corpi chetonici” che - in mancanza di assunzione di zuccheri (carboidrati) o in caso di digiuno - l’organismo umano crea per sfamare le cellule del nostro corpo. Come? Bruciano i grassi: quelli accumulati (nel caso di digiuno) o quelli ingeriti (nel caso di dieta). Questa alimentazione chetogenica è una tendenza, una novità, degli ultimi anni. Ma in realtà dovremmo dire che si tratta di una riscoperta: perché come chetogenica è stata studiata e utilizzata nei primi decenni del secolo scorso e perché è stretta parente della paleo dieta che si ispira appunto all’alimentazione dei nostri lontanissimi parenti: i primi ominidi e i primi sapiens, ovvero quelli vissuti prima che l’agricoltura portasse sedentarietà, coltivazione di cereali e ortaggi, scomparsa o riduzione dell’attività di raccolta nei campi e boschi e di caccia. Attività queste che erano centrali fino a prima di 10mila (anno più-anno meno) anni fa: quando comincia l’attività agricola nell’età neolitica.
Il boom attuale del low-carb
Ma torniamo a bomba ai nostri tempi. Andiamo a cliccare su Amazon sezione libri una ricerca per la dieta chetogenica e i suoi derivati (le cosiddette diete low carb): “cheto diet” dà 242 risultati, “low carb”: 20mila risultati, 154 per “sirt diet” e 5.000 per “paleo diet”, “atkins diet” ottiene 1.000 risultati e “dukan diet” (contrastata e al centro di mille polemiche) ne ottiene 511. Si tratta di tutte varianti del principio di mangiare pochi (o zero) carboidrati. Qui, però, parliamo della chetogenica, che è una dieta nata come terapia per curare cefalea, epilessia e diabete in tempi in cui le medicine non avevano raggiunto l’evoluzione attuale e in cui l’alimentazione era considerata ancora importante. Così come l’industria agroalimentare non aveva ancora massificato usi e consumi. Grassi, proteine e fibre, dunque, sono la base di questa antica dieta. Il suo attuale successo, oltre che dai click su Amazon, lo possiamo intuire anche dalle statistiche sui consumi.
I consumi confermano: più proteine e fibre nel carrello
Cosa mettiamo, infatti, nel carrello della spesa? Ce lo dice un’indagine dell’Osservatorio Immagino di Nielsen Gs1 Italy 2020: l'anno scorso c’è stato un boom del consumo di proteine ed è in crescita anche quello di fibre (+6,3%). Continua invece l’attenzione del consumatore verso la riduzione degli zuccheri. Sono queste alcune delle tendenze nutrizionali più diffuse rilevate dallo studio “Le etichette raccontano i consumi degli italiani”. Con una nota che non può che farci piacere: da una generazione all'altra è cambiato il modo di scegliere i prodotti, privilegiando il Made in Italy. Certo, non vuol dire che siamo tutti chetogenici! Ma la tendenza c’è, è in atto e in maniera decisa: meno zuccheri, più proteine e fibre.
Come nasce, dunque, la chetogenica? La formulazione iniziale prevede che circa il 75% del fabbisogno calorico quotidiano venga dai grassi e che i carboidrati siano inferiori ai 30 grammi al giorno. Poi, ci sono le fibre e le proteine.
Agli albori della chetogenica: come nasce e cosa è?
Nelle prime formulazioni della chetogenica - nata soprattutto dall’osservazione empirica e clinica, ma senza supporti scientifici veri - il consumo di grassi arrivava anche all’80% del fabbisogno calorico per curare le forme di epilessia più gravi. Lo studio dei corpi chetonici, qualche anno dopo, nasce con le ricerche sui cicli metabolici di grassi, carboidrati e proteine di Hans Adolf Krebs che gli fruttarono il Nobel nel 1953. Krebs era un biochimico, ma le ricerche in campo medico sono state a lungo non integrate con quelle in campo biochimico. Insomma, solo l’esperienza è rimasta confinata nella prassi clinica quotidiana, senza studi e statistiche che ne evidenziassero un quadro completo. Il libro che recentemente, otto anni fa, ha dato una base scientifica alla chetogenica, è stato scritto da Jeff S. Volek e Stephen D. Phinney: “The Art and Science of Low Carbohydrate Performance” edito da Beyond Obesity e disponibile solo in lingua inglese. Prima, nel 1972 con “Pure white and deadly” rieditato nel 1980, fu il biochimico inglese John Yudkin, a mettere in guardia dall’assunzione di zuccheri e carboidrati, ma non ebbe particolare successo sul piano della ricerca scientifica.
La riabilitazione dei grassi
Quarant’anni dopo, però, ecco che il Journal of Nutrition - prestigiosa rivista scientifica - contiene un articolo del professor David S. Ludwig (membro del New Balance Foundation Obesity Prevenion Center, del Boston Children’s Hospital e dell’Harvard Medical School) che sostiene: “sulla dieta chetogenica ci sono prove evidenti che portano ad essere ottimisti, ma servono ancora ulteriori studi”. Beh, che vengano tutti i possibili studi! Ma intanto nel suo articolo afferma: “Per oltre 50 anni le linee dietetiche negli Stati Uniti si sono concentrate sulla riduzione dell’assunzione di grassi saturi e totali. Però i tassi di obesità e diabete sono aumentati notevolmente durante questo periodo, con implicazioni potenzialmente catastrofiche per la salute pubblica e l’economia. Di recente le diete chetogeniche hanno ricevuto notevole attenzione da parte del grande pubblico e di comunità della ricerca nutrizionale. Queste diete a bassissimo contenuto di carboidrati, con grassi che arrivano a circa il 70% delle calorie, sono state considerate come mode passeggere. Tuttavia hanno una lunga storia nella medicina clinica e nell’evoluzione umana. Le diete chetogeniche sembrano essere più efficaci di quelle povere di grassi per il trattamento dell’obesità e del diabete… le diete chetogeniche attraverso la chetosi cronica potrebbero conferire benefici metabolici unici che hanno rilevanza per il cancro, per le condizioni neurodegenerative e nelle altre patologie collegate all’insulino-resistenza. È basato su prove disponibili il fatto che una dieta chetogenica ben formulata non sembri creare grossi problemi di sicurezza per la salute in generale del grande pubblico e che possa essere considerato un approccio di prima linea per l’obesità e il diabete”. Anche perché, grazie alla formazione di corpi chetonici e al “congelamento” dell’insulina, si abbassa la soglia della fame: scompare naturalmente o comunque si riduce in modo considerevole la psicosi da cibo.
L’approccio ragionevole alle proteine: andate da un nutrizionista
Non solo. A proposito delle proteine, la WHO (World Health Organization, agenzia specializzata delle Nazioni Unite) fissa i limiti “sicuri” del consumo di proteine in un essere umano: 0,83 grammi per kg di peso corporeo. E aggiunge: in caso di consumo del doppio (ovvero 1,66 grammi per chilo) non si sono rivelati rischi di alcun tipo; mentre sono da approfondire i rischi - e c’è da prestare molta attenzione - in caso di un consumo che sia 3-4 volte superiore. In soldoni, una persona che pesi 80 kg può assumere in sicurezza 132,8 grammi di proteine al giorno.
Ogni cibo contiene diverse percentuali di proteine (100 g di filetto bovino ne contengono 20,5 di proteine; merluzzo 17; prosciutto 28, petto di pollo 23,3; salame 27; pecorino fresco 26; alici sottolio 25,9; Gorgonzola 22; Parmigiano Reggiano/Grana 35,9; agnello magro 22; coniglio 19,8; maiale magro 19,4; e così via…) se consideriamo mediamente la presenza di proteine in un quarto rispetto al peso dell’alimento, possiamo dire che consumare 4 etti di carne al giorno (ma anche di pesce e altri cibi non contenenti significativi contenuti in carboidrati) non dovrebbe portare generalmente alcun problema.
Così, rispetto alle versioni medicali più antiche, le diete chetogeniche si sono evolute a favore di un minore consumo di grassi (in genere inferiore al 60%) e in un più alto apporto proteico: anche perché clinicamente era verificato che i bambini in particolare crescessero meno proprio per il basso apporto proteico rispetto a quello di grassi. Ciò che resta certo, invece, è la prescrizione di non superare i 30 g di carboidrati: tutti i vegetali ne hanno, ma si preferiscono quelli a basso contenuto di zuccheri e dunque pochi pomodori, melanzane, niente patate, poca cipolla e poche carote, almeno nelle formulazioni più rigide. Ammessa comunque una mela e, soprattutto, frutti di bosco come i mirtilli. Avvertenza - valida comunque per tutti - bere molta, molta acqua: che, appunto, farebbe bene a tutti.
Le moderne diete low-carb
In realtà lo stesso professor Atkins, padre della dieta che porta il suo nome e che prevede un bassissimo consumo di carboidrati, non aveva mai tenuto statistiche sui suoi pazienti (aveva pubblicato qualche testo, ma non organico) e solo dieci anni fa propose a dei prof universitari di raccogliere e scrivere qualcosa di sistematico: esce il libro sulla dieta Atkins, rivisto e rieditato: “New Atkins, New You”. In realtà, solo dopo il 2015 questa tipologia di regime alimentare (nelle sue diverse sfumature) ha avuto una certa diffusione e molto lo si deve a YouTube e ai social dove sono finite e finiscono la gran parte delle conferenze scientifiche sull'argomento. È soprattutto un movimento dal basso che sta coinvolgendo sempre più il mondo della ricerca. E che sta interessando tantissimo il mondo dei nutrizionisti che finalmente hanno trovato una freccia da poter scoccare con successo dal loro arco contro l’obesità, ma anche contro il diabete, la cefalea, l’epilessia… Insomma, l’alimentazione torna a essere centrale anche nella medicina molto più interessata finora a medicine e chimica.
Cosa si può (e non si può) mangiare in chetogenica?
Beh, non siamo noi a poter dire cosa mangiare, a parte constatare che generalmente debba restare basso il contenuto di zuccheri e carboidrati. Ci sono nutrizionisti specializzati e molto preparati e ovunque si raggiungano sui social gruppi e associazioni di fan della chetogenica, si trova sempre la stessa (e giusta) raccomandazione: diffidate dalle diete-fai-da-te, rivolgetevi sempre a un nutrizionista, a un professionista. Anche perché differenti sono le necessità e le risposte da persona a persona e per fare un quadro individuale occorrono conoscenze ed analisi su cui basarsi.
In ogni caso, restando sulle generali, possiamo dare disco verde a: uova, pesce, carne, formaggio, verdure non zuccherine (cavoli e broccoli, cicoria e insalate, finocchi e zucchine, spinaci, fagiolini, avocado), frutta secca, semi, olio extravergine di oliva, burro, grassi animali e vegetali…
Disco rosso, invece, per: pane e pasta, legumi, zucchero, dolci tradizionali, patate, cereali (riso, mais e quant’altro), verdure zuccherine (pomodoro e melanzane, rape, cipolla e carota…).
Cucina e gastronomia chetogenica
Essendo noi appassionati di cibo e del buon cibo, non possiamo non rilevare che una serie di belle cose siano “vietate” ai chetogenici. Eppure, il mondo del low-carb si è attrezzato molto rapidamente e sul mercato ci sono una buona dose di prodotti sia di base (farine e dolcificanti) sia pronti da mangiare (pasta, pane, dolci e dolcetti vari) prodotti a livello perlopiù industriale e quasi mai in Italia. Così, nella ricerca di qualcosa di sfizioso, ci siamo imbattuti in un duo al femminile che da poco si è dedicato alla realizzazione di specialità low-carb home made, realizzate artigianalmente e fresche. Francisca Gutierrez e Sonia Severa propongono da pochi mesi le loro specialità sotto il marchio Keto Masa. Pane, schiacciate, bottoncini e pizzette, bagel… e ancora torte al cioccolato, tozzetti alle mandorle, muffin di diverso tipo. Prodotti con farina di mandorle e cocco, fibre vegetali, albume, cremor tartaro, formaggio in alcuni, e uovo anche intero, cacao. La particolarità? Intanto, sono la costola romana di un laboratorio di produzione cileno guidato dalla sorella di Francisca: loro replicano le ricette e ne mettono a punto di nuove che vengono replicate in Cile. “In America del Sud c’è stato un vero e proprio boom dell’alimentazione chetogenica” spiega Francisca “e pensiamo che anche in Italia questa cosa possa essere ben accolta. Certo, è importante che prodotti e specialità siano di buon livello e facilmente raggiungibili”. Loro ci provano, per ora online.
Il confronto nel tempio di pane e pizza
Ma avendo conosciuto questa realtà attraverso il racconto di diversi nutrizionisti, abbiamo anche deciso di provarle. Il primo impatto con il pane ai semi è stato molto interessante. La degustazione l’abbiamo fatta nell’agriturismo Il Casaletto di Viterbo, che ha sulle guide del Gambero Rosso Tre Gamberi e Tre Spicchi della guida Pizzerie d'Italia e che è un vero tempio della pizza e del pane (oltre che della pasta) fatti in casa: quindi diciamo che il confronto con il pane della famiglia Ceccobelli è difficile da sostenere. Ma il pane di Keto Masa alla fine è un “diversamente-pane” e se mangiato senza dover per forza fare confronti con il pane scuro e a lievitazione naturale del Casaletto, alla fine è un buon prodotto, gustoso e fragrante, decisamente valido per colazione ma anche per accompagnare qualche formaggio specialmente fresco (lo abbiamo provato con le mozzarelle e la stracciatella della Piccola Formaggeria Artigiana di Viterbo e il matrimonio è andato alla grande). Molto, molto interessanti le pizzette al pomodoro, eredi delle vecchie “pizzette Catarì” (ve lo ricordate lo spot esilarante con Giorgio Bracardi? Era il 1982): contengono un po’ di formaggio nell’impasto e dunque per chi non mangia latticini sono ostiche, ma nel complesso non hanno nulla, ma proprio nulla, da invidiare a quelle in scatola (tra l’altro il prezzo, Francisca e Sonia, lo hanno livellato su quelle in vendita nei supermercati Elite) e neppure a quelle di pasticceria o di forni tradizionali. Idem per i bottoncini salati, ottimi in antipasto o in un cestino del pane.
Battaglia in pareggio sul fronte dell’hamburger
Sul campo di battaglia più vicino al mondo cheto (carne e brace) e pienamente nelle corde del Casaletto (che alleva maiali bradi e produce salumi e carni fresche), abbiamo chiesto a Marco Ceccobelli se poteva preparare il suo “panino contadino” in carta con il pane da hamburger di Keto Masa. Qui, il successo è stato pieno. Il panino cheto ha fatto la sua grande figura. Certo, dalla bocca di Marco esce una battuta scontata (ma anche necessaria!) in uno dei tempi della tradizione contadina della Tuscia: “Beh, con quello che c’era dentro come non poteva essere buono?”. Come non sorridere? Però possiamo con certezza affermare che la prova il duo in rosa di Keto Masa l’ha superata davvero con successo: il pane cheto ha la giusta consistenza, la giusta fragranza e si accompagna benissimo all’hamburger di manzetta maremmana e alle salsette home made che le fanno da scorta.
L’ora dei dolci: ma sono davvero dolci?
Bella la risposta di Virginia Marsan, titolare con il padre e il fratello dell’azienda agricola San Bartolomeo (uova bio, polli e grande olio extravergine di oliva su 500 ettari intorno a Viterbo), all’assaggio che le abbiamo proposto, essendo lei a pranzo al tavolo accanto al nostro: “Non mangio dolci, odio lo zucchero” mette le mani avanti “Quindi posso dire ben poco. Solo: ho finito gli assaggi che mi avete offerto: non erano poi così dolci, ottimi!”. Appunto: niente zucchero, solo eritritolo e stevia. E niente cereali, solo farine di mandorle e altre fibre naturali e frutta secca. Grande applauso per la torta di cioccolato e per i tozzetti alle mandorle. E un bilancio più che positivo, anche perché non è facile ancora trovare in Italia prodotti di livello, come questi realizzati da Francisca e Sonia.
a cura di Stefano Polacchi