Ecco come Confine è diventata una delle pizzerie migliori di Milano

14 Feb 2025, 13:20 | a cura di
Il locale è sempre pieno, anche di lunedì sera, e fa due turno. La pizza è la migliore in città, l'atmosfera perfetta, la cantina da record: e alla fine anche il prezzo...

Sono le 21,30 di un lunedì d’inverno, quattro gradi al garrese, serata da Netflix, serata da plaid. A Milano, in piazza Massaia, tra via Torino e le Cinque Vie, nel deserto borghese di una parte del centro cittadino che è un Sahara gastronomico, ci sono quattro vetrine illuminate a giorno e fuori una piccola folla che aspetta, chiacchiera e fuma (ma la terza cosa non era vietata?). La fendi ed entri nel locale con la stessa difficoltà con cui sali sul tram 2 alle otto di mattina, solo che le facce delle persone con cui sgomiti qui hanno un’ombra di felicità. Il piccolo ingresso è ingombro di gente, tra chi attende il suo tavolo, chi deve pagare, chi vorrebbe raggiungere il bagno. E pensi: ma è lunedì, è febbraio. E ripensi: ma Milano non era in crisi?

Francesco Capece e Mario Ventura, soci di Confine

Un anno e mezzo di successi

Siamo da Confine, la pizzeria di Milano che 50 Top Pizza classifica al secondo posto in Italia (sarebbe il terzo perché al primo ci sono due insegne campane a pari merito, ma perdoniamo questo piccolo vezzo della guida napoletana, che alla fine fa felice un locale in più). “E’ così tutte le sere, da mesi”, ci dice Francesco Capece, il pizzaiolo salernitano che con il socio e sommelier Mario Ventura ha aperto questo locale nel giugno 2023, meno di due anni fa. Siamo quindi ben oltre quella fascia di garanzia di sei mesi in cui qualsiasi cosa a Milano ha successo, per curiosità, perché finisce al #17 della lista delle nuove aperture dei siti specializzati, perché “andiamo a vedere, hai visto mai”.

Insomma, a funzionare per due stagioni a Milano “so’ boni tutti”, come si dice a Roma. La sfida è durare. Ed è forse arrivato il momento di spiegare come è accaduto che un posto che fa pizza a 50 euro bevande e dolci esclusi (costa così la degustazione di sei assaggi) spopoli senza se e senza me nella città cattiva da cui tutti pare vogliano fuggire e in cui, come ha detto Felix Lo Basso nel suo sfogo, “lavorano solo in quattro o cinque, grazie alle pr”.

Il celebre Ripieno di Confine

Punto uno: banale, la pizza

Quella di Capece è tra le migliori in assoluto non solo in città: maturazioni tecniche, lavoro sulla leggerezza e sulla digeribilità, stesa un po' più ampia di quanto la scuola napoletana detti (e infatti qui siamo dentro la salernitana), il tutto in una cucina-laboratorio a vista che ha una pulizia botturiana. Il risultato è una materia che viene poi cotta con varie tecniche (semplice, doppia cottura, fritta, al padellino) e che sempre, sempre, risulta perfetta, bene alveolata, hollywoodiana nell’estetica. Impressione il Ripieno (aka calzone), dalla pronunciata forma arcuata che produce un ampio vuoto tra base e “tetto” che mantiene asciutto e croccante quest’ultimo e crea quell’effetto wow che alla fine conta eccome.

Punto due: la degustazione

D’accordo, non è una novità assoluta quella di proporre una serie di assaggi di pizza di vari stili, cotture e topping al posto del “pizzone” singolo, uno per ciascun cliente. Ma qui questa formula funziona particolarmente, perché la varietà di esperienze che si prova nel giro diciamo di novanta minuti è elettrizzante. Non a caso per stessa ammissione di Francesco e Mario nove clienti su dieci al momento della prenotazione, quando bisogna specificare il menu prescelto, opta per il percorso. E questo proprio in un momento in cui il menu degustazione nel mondo del fine dining è al suo livello minimo di popolarità.

Francesco Capece, il pizzaiolo

Punto tre: il prezzo (sì, il prezzo)

Alla fine è un fattore solo nella testa di chi vuole per forza metterla giù così. In molti quando si parla di Confine dicono: “Sì, va bene tutto, ma spendere 70 euro in pizzeria…”. Lo dice chi non ha provato la gioia che si prova in un locale come Confine, che in fondo – a seconda dei punti di vista – può essere considerato come la più costosa delle pizzerie milanesi, ma anche come la più economica esperienza gourmet della città.

La sala di Confine

Punto quattro: il servizio

Il personale è giovane, efficiente, svelto ma mai sbrigativo, sorridente. “Mele marce non ne vogliamo, le mandiamo via subito – dice Mario -. Però chi resta con noi guadagna molto bene, lavora il giusto e badiamo che ogni sera anche il lavapiatti possa prendere la metro per tornare a casa”. Ecco.

Mario Ventura

Punto cinque: la presenza
Francesco si fa vedere in sala, la maglietta nera un po’ sporca di farina, gira fra i tavoli, spiega senza eccessi dottrinari, ascolta, saluta tutti, si presta ai selfie. Non è star system, non è ego. E’ che si fa così, nell’anno 2025.

Una cameriera di Confine

Punto sei: il locale

E’ bello, elegante anche se informale. Nessun ritratto di Maradona, nessun televisore a mostrare il posticipo di serie A, focus solo sul cibo, sul vino e sulla compagnia. Per chi vuole seguire il Milan che gioca con il Venezia, ci sono tanti ottanta pollici in città.

La frittatina

Punto sette: l’atmosfera

La chiave per il successo nella Milano attuale è racchiusa nell’addizione divertimento+qualità. O se preferite: gesto+sorriso. E’ la chiave dei posti che lavorano, di Langosteria, di Trippa, di Silvano, di Trattoria della Gloria. Può piacere o non piacere. E’ così, punto.

La cantina

Punto otto, l’ultimo: la cantina
Anche qui, non è una novità una pizzeria con una carta dei vini da stellato, ma nemmeno una cosa così scontata. Avere oltre cento etichette di Champagne, alcune delle quali molto rare (e molto costose: c’è il Bollinger Vieilles Vignes Francaises 2008 a 1800 euro), avere una sfilza di Borgogna da fare svenire un pinonerista, proporre dei Pouligny -Montrachet, dei Corton-Charlemagne, Brunelli e Baroli leggendari e delle annate giuste, è comunque un atout importante. Poi uno può ordinare una Pilsner Urquell in unica cifra senza paura di essere blastato.

Semplice, no?

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