RasoTerra e la cipolla di Pedaso
Isabella Cocci e Yuri Marchionni sono i giovani titolari dell’azienda agricola RasoTerra, a Lapedona, nella campagna marchigiana della Valdaso, in provincia di Fermo. Una scelta di vita, la loro, che proprio di recente si è strutturata con più forza, a rinsaldare gli obiettivi di un progetto mirato alla sostenibilità agricola, ambientale ed economica. Nella mappa della giovane orticoltura italiana stilata alla fine dell’estate scorsa, protagonista della copertina di settembre 2019 del Gambero Rosso, Yuri e Isabella hanno facilmente trovato spazio, forti di un approccio virtuoso e intelligente al lavoro rurale, basato sulla coltivazione biointensiva di un ettaro di terreno, sulla vendita diretta in cassette, su una comunicazione efficace e smart sul web. E sulla riscoperta di una specialità locale, la cipolla rossa piatta di Pedaso, di cui qualche anno fa hanno recuperato i semi, avviando un lavoro paziente di coltivazione di un ortaggio molto diffuso sul territorio nell’Ottocento, poi scomparso con l’industrializzazione, e ora in procinto di diventare Presidio Slow Food grazie al loro impegno.
Da un paio di mesi, Yuri ha lasciato il lavoro che ancora lo teneva ancorato alla vita precedente, per dedicarsi completamente all’attività agricola, avviata nel 2016 con l’acquisto della vecchia scuola di campagna di Lapedona, ristrutturata ad uso abitativo da Isabella, in precedenza architetto a tempo pieno. Gli investimenti degli ultimi mesi, del resto, sono stati importanti: all’ettaro già coltivato si è aggiunto un nuovo ettaro e mezzo di terra, che non comporterà però ripensamenti sul metodo di lavoro perseguito dall’inizio (dunque rigenerazione costante del suolo, rispetto della biodiversità, lavoro manuale e ottimizzazione scrupolosa delle rotazioni).
Il b&b Schola. Ospitalità in campagna
Nel frattempo la ristrutturazione della vecchia scuola, dove la coppia abita con il piccolo Pietro, è andata avanti: “Avevamo in mente da tempo di sviluppare un progetto di ospitalità rurale integrato con laboratori di formazione e attività di divulgazione. Ho recuperato in bioarchitettura i vecchi appartamenti delle maestre, ricavando tre camere per gli ospiti di quello che presto sarà il nostro B&B, Schola”. Schola, in omaggio alle origini della struttura e al valore del tempo libero, avrebbe dovuto inaugurare tra poche settimane. L’emergenza sanitaria ha bloccato tutto, rinviando l’apertura al pubblico a tempi migliori: “Ma siamo carichi di entusiasmo per il futuro, apriremo lo spazio a corsi con Deafal, promuoveremo attività di scoperta del territorio e della biodiversità. E nel frattempo stiamo realizzando una cucina comune a disposizione degli ospiti, dove incontrarsi per utilizzare i prodotti dell’orto che forniremo ogni giorno, ma anche per cucinare insieme. La trasformazione intelligente dei prodotti, come pure l’idea di scommettere su una sana colazione di campagna quando avvieremo il B&B, è sempre stata una nostra priorità”. Questo è quel che sarà il futuro prossimo. Ma come se la cava, oggi, una piccola azienda agricola nello scenario di crisi prospettato dalle principali associazioni di categoria? Il pretesto per ritrovare Yuri e Isabella ha molto a che vedere con il dibattito nazionale sulla mancanza di manodopera, che in queste ore potrebbe trovare risposta nella sanatoria per regolarizzare i lavoratori stranieri anticipata qualche giorno dal ministro Bellanova in Senato, mentre si continua a lavorare sulla possibilità di potenziare lo strumento del voucher agricolo.
La crisi della manodopera si supera rispettando il lavoro
L’esperienza di RasoTerra, però, alimentata da un contesto in cui il valore del lavoro è strettamente correlato al rispetto della persona (oltre che della terra), è emblematica: “Non si trova manodopera in campagna? Sì invece che si trova. Dopo il nostro post abbiamo ricevuto più di 70 chiamate, la verità è che la gente non vuole essere sfruttata dalle grandi aziende e che la piccola realtà è sempre più vicina all'esigenza della persona, intesa come essere umano. Ogni sera ci fa un po' male la schiena, ma ci ricorda che non siamo delle macchine”. Un paio di settimane prima di questo post, Yuri e Isabella avevano lanciato un appello social per reclutare manodopera necessaria per la messa a dimora (manuale!) delle cipolle: “Contattateci solo se avete schiena e gambe forti”, specificava l’annuncio mettendo in guardia sulla fatica di un lavoro tanto impegnativo. “Eravamo un po’ scettici” racconta oggi Isabella “tanti ci dicevano che non avremmo mai trovato. E invece il telefono è letteralmente esploso, ancora oggi riceviamo chiamate. In concreto sono arrivate una settantina di candidature per due soli posti disponibili. E tutte di persone residenti in zona, come specificava il nostro annuncio, per limitare gli spostamenti in questo periodo”. Sul successo dell’iniziativa ha pesato indubbiamente la volontà di rispettare le regole (purtroppo non è scontato): “È stato molto semplice ricorrere agli strumenti contrattuali già previsti dal contratto agricolo nazionale, che ci consente di pagare il lavoratore con assunzione a giornata, tariffa base di 50 euro più oneri e imposte per 6 ore e mezzo di lavoro giornaliero. Alla fine del mese il lavoratore trova in busta paga il corrispettivo delle giornate di impiego. Abbiamo avviato a completato le pratiche con facilità, e poi adattato le regole al caso nostro: ci piace lavorare in famiglia, coinvolgere chi collabora con noi… Facendo colazione e merenda insieme, prima e dopo la fatica nei campi; e stabilendo un rapporto di complicità. Per questo richiameremo presto i ragazzi, per la sarchiatura che avvieremo tra qualche settimana”. Ma chi ha risposto alla chiamata? “Profili molto diversi tra loro, soprattutto persone con poca esperienza: chi ha perso il lavoro di recente, disoccupati, giovani ragazzi ma anche 50enni. Moltissimi italiani, solo un paio di stranieri”.
Nuovi clienti per le piccole aziende agricole
Anche sul versante degli affari, le cose vanno bene: “Nelle ultime settimane il nostro lavoro sul territorio locale è triplicato. Abbiamo sempre lavorato sulla consegna a domicilio delle cassette, in un raggio massimo di 50 chilometri dall’azienda, con i nostri clienti abituali. Ora invece assorbiamo tutta la domanda nel raggio di 3-4 chilometri, ma ci stanno arrivando chiamate persino da Roma, chiaramente è impossibile accontentarle. Però per la prima volta si avvicina una clientela diversa, noi garantiamo la consegna in sicurezza, purtroppo limitando al minimo i contatti: il cliente lascia i soldi nella buca della posta, noi gli facciamo trovare la cassetta sull’uscio, poi ci teniamo in contatto telefonico per consigli e ricette. Nelle nostre cassette ci sono anche prodotti particolari, dobbiamo fornire un supporto a chi non sa trattarli. Sperando di tornare presto a coltivare i rapporti umani come ci piace fare”.
a cura di Livia Montagnoli